Tutti Pazzi Per
Strasburgo
Nei palazzi romani si comincia a parlare di Unione europea e
delle sue elezioni.
Esilio Dorato. Come se sa, l’europarlamento è da
sempre un esilio molto decoroso e certo senza stenti. Massimo D’Alema, nemo
propheta in patria, ha più volte sbuffato di non occuparsi più delle nostre
povere cose ma di alt faccende europee. Ora, assolto dallo scandalo della casa
al Colosseo, regaluccio di generosi amici, perfino Claudio Scajola pensa a
posti senza frontiere, che Jacques Delors lo perdoni. I candidati a poltrone di
spicco sono molti. Ma ad aprire ufficialmente le danze per la campagna d’Europa
sono in due: Giorgio il Garante e Matteo il Giovane.
Pronti, Via. Con la visita del 4 febbraio a
Strasburgo al Parlamento in seduta plenaria e nei giorni della diffusione del
dossier sulla nazione corrotta, il presidente della Repubblica Napolitano ha
sparato il colpo d’inizio. A rispettosa distanza il 18 febbraio arriverà invece
Renzi per aderire dopo annosi nodi gordiani al gruppo Pse. E pazienza se i
popolari del Pd hanno messo un muso lungo come una domenica di pioggia.
L’Ombra Di Draghi. Nelle retrovie, i giochi sono
aperti, moderatamente ambiziosi però, dato che fin quando c’è Draghi in vetta
alla Bce, è impossibile sperare in nessun’altra poltrona succulenta. Anche se
alcuni patrioti fanno notare che l’ultimo presidente tricolore del Parlamento
Ue risale al 1977, il fortunato fu il democristiano Colombo, Emilio per
intenderci e non Cristoforo.
Solo Per Edith. Un posto di commissario ci spetta. Il
candidato naturale per competenza e conoscenza è Enzo Moavero, ministro per
l’Europa al secondo mandato. D’Alema ci punta ma di sbieco: è considerata una
poltrona poco all’altezza di un ex premier. Solo Edith Cresson, primo ministro
francese, è diventata poi commissario, ma se ne parla ancora.
Padri e Figli. Paolo De Castro, ex ministro
dell’Agricoltura presidente della Commissione Ue sul settore si dà molto da fare. Ma il portafoglio a cui
aspira, quello verde, non è proprio strategico. Anche se, nel Pd, lo è la sua
filiazione super prodiana. Anche quella di Giuseppe Pittella, ex presidente del
Parlamento Ue, non è di poco conto: da candidato alle primarie, escluso,
schierò il suo 5,7 per cento con Renzi. Dall’altro lato della barricata, ecco
Antonio Tajani, commissario in carica ai Trasporti, vice presidente della
Commissione, fidatissimo del Cavaliere, in Europa fin dal 1994. A Bruxelles
scommettono che la designazione arriverà all’ultimo minuto nel più classico
stile italiano.
No Privacy. Le elezioni di maggio hanno buone
speranze di passare alla storia vista la probabile composizione del Parlamento
che con i 55 e i leghisti italiani, il FN di Marine Le Pen, l’Ukip inglese per
dirne alcuni, fa presagire lavori non certo placidi. Bisogna anche ricordare
che il commissario prescelto deve passare l’esame, vincolante, di una
commissione di eurodeputati (che bruciò Rocco Buttiglione) con libertà totale
di interrogarlo non solo sui campi di competenza ma anche sulla vita privata: a
Neelie Kroes, commissario all’agenda digitale, chiesero lo stato di una sua
affettuosa relazione.
E in questo campo, viste le ultime vicende nostrane, non c’è
da stare molto euro-tranquilli.
Denise Pardo – L’Espresso – 13 febbraio 2014
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