Non finisce mai
l’epopea di Arcore!
Incontournable. Silvio Berlusconi rimane un
protagonista della politica italiana. Dato come prossimo all’uscita di scena
più volte, lui rimane lì, indagato, sotto processo, condannato, decaduto dalla
carica di senatore. Ma rimane il leader di un partito del venti per cento e
più, in un sistema diviso in tre grandi blocchi. E Renzi non ha potuto fare
altro che cercare un accordo con lui per procedere sulla strada delle riforme,
perché non può ignorare la principale forza dell’altro campo, tanto più che
l’M5S ha deciso di confinarsi in un ruolo anti-sistema. Questa è la politica
italiana e le responsabilità sono tante, in capo anche ad una sinistra
post-comunista che non ha mai saputo intraprendere il cammino del riformismo.
Incontournable. Anche per il centrodestra e Forza Italia. La principale ragione
che ciò che sta nell’origine e nello sviluppo dell’esperienza berlusconiana:
una leadership carismatica che non ha consentito alla sua creatura di trasformarsi
da partito personale in normale partito del leader, di qualsiasi leader, come i
grandi partiti occidentali di destra e di sinistra. Berlusconi ha
periodicamente rivoluzionato classe dirigente e struttura; ha promosso fulminee
carriere e precipitato nell’oblio collaboratori fedeli. Anche nella Forza
Italia rediviva continua a esercitare il suo capriccio. Inventandosi nuovi
secondi come Giovanni Toti, direttore del Tg4 e di Studio Aperto (apparso con
lui in tuta sul balcone della beauty farm del lago di Garda dove il Cavaliere
si è ritirato qualche giorno in vacanza, per mostrare il carattere amicale,
oltre che aziendale della scelta), nominato per il momento “consigliere
politico” per far dirigere la nuova capriola alla dirigenza del partito che non
vuole essere emarginata, ma che pur mostrandosi ostile verso i nuovi arrivati
non osa sfidare direttamente la leadership (coerentemente con la logica
carismatica). E ci si è talmente abituati a queste dinamiche che è diventato
quasi scontato parlare dei familiari di Berlusconi come possibili eredi
politici.
Alla Fine Qualcuno ha detto, con cortesia e senza
alterare i toni, “no”. Come Alfano e quanti l’hanno seguito nel Nuovo
Centrodestra. Ma Alfano e i suoi, a parte alcune eccezioni, come Lupi e
Formigoni, che poggiano parte della loro forza su CI. E il sistema Lombardia,
non hanno capacità di creare consenso (d’altro canto la nuova formazione
galleggia intorno al 5 per cento). I nuovi scissionisti hanno costruito la loro
carriera all’ombra del leader padre-padrone, senza mai contestarlo fino
all’ultimo e ancora oggi, se da un lato rivendicano, non molto credibilmente,
il ruolo di motore di un nuovo centrodestra, dall’altro sanno che per non
scomparire alle prossime elezioni dovranno avvalersi della forza trainante del
Cavaliere. Anche qui si coglie il peso dell’eredità berlusconiana: un sistema
di reclutamento, di premi o punizioni, che ha inibito l’emergere di forti
figure politiche, capaci di portare avanti l’avventura del centrodestra. E
quando qualcuno ci ha provato, è stato prontamente decapitato (a onor del vero
spesso facilitando il compito di Berlusconi con la propria imperizia politica).
Così che oggi l’unico personaggio che per età, profilo, immagine, potenziale
consenso e forse capacità potrebbe aspirare ad essere preso sul serio, ad
esempio in un’ipotetica elezione primaria, il sindaco di Pavia Alessandro
Cattaneo, si mostra senza troppo alzare la testa e fa attenzione a non apparire
troppo “rottamatore”.
Incontournable, ma al tempo stesso un ostacolo, un
tappo. La figura di Berlusconi, così divisiva e che se garantisce un nocciolo
duro di elettori, respinge ormai molti altri potenziali consensi, tiene legato
il centrodestra ad un passato-presente che non può guardare al futuro e
mantiene in vita una classe dirigente in buona parte screditata. Così non si
può che attendere. Attendere che Berlusconi decida che è arrivato il tempo di
godersi gli anni dell’anzianità. E poi, attendere che in qualche modo nuovi
meccanismi rimettano in moto nel centrodestra un modo “normale”, come in altri
Paesi, con un nuovo leader e un nuovo gruppo dirigente. Ma non potrà essere che
una strada lunga, magari percorsa mentre qualcun altro si occupa di governare.
O forse sarà tutta un’altra storia. Ormai è meglio non lanciarsi più in
previsioni.
Sofia Ventura – L’Espresso – 20 febbraio 2014
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