Un Paese di Principini
che Machiavelli non
L’ha studiato bene
Si discute se Matteo
Renzi assomigli di più a Blair, a Craxi o a certi capi democristiani, un
Fanfani dell’era internet, ma dovrebbe essere chiaro
ormai che il modello
del segretario fiorentino è quello proposto dal
Segretario fiorentino,
l’immortale Niccolò Machiavelli. Renzi è un Principe della nostra epoca,
simulatore e gran dissimulatore, leone, volpe e centauro, rapido e astuto
cacciatore di potere. Fortunato.
E’ diventato sindaco di Firenze perché Massimo D’Alema e Walter Veltroni litigavano sui candidati e
l’ha spuntata lui, terza scelta e assoluto outsider cittadino, per una
manciatina di voti. Ha perso le primarie con Pier Luigi Bersani e si è rivelata
la migliore delle vittorie, visto il repentino disastro dell’avversario. Quindi
ha vinto con plebiscito la guerra di successione nel Pd, giusto in tempo per
far fuori un Enrico Letta ormai bollito, ma alla vigilia di una ripresina
economica e di una gigantesca ondata di nomine pubbliche. Descrivo i fatti,
senza giudizi morali. Vediamo se il fine avrà giustificato i mezzi.
Il machiavellismo, nell’accezione più volgare, è del resto il
metodo di tutti i leader italiani, tanti piccoli principi. E’ un principino
della destra Silvio Berlusconi, che fra tante balle ne racconta una colossale
da anni ai propri elettori. La storia che senza di lui l’Italia, il Paese più a
destra d’Europa, cadrebbe nelle mani dei comunisti. Così si mantiene sulla
scena a ottant’anni, con una condanna alle spalle e altre all’orizzonte,
nonostante il suo declino sia visibile. Vent’anni fa era stato lui a fregare il
principino di turno della sinistra D’Alema, e stavolta invece tutto lascia
intendere che Renzi abbia fregato Berlusconi.
Sono principini machiavellici gli altri, i vecchi e i nuovi,
da Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano, oggi impegnati in un gioco delle
parti che domani potrebbero scambiarsi, fino a Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio, maestri nell’ingannare il popolo al seguito e nel farlo rimanere
“soddisfatto e stupito”, in cambio di un concreto nulla. Alla fine, siamo
milioni di principini machiavellici noi italiani.
Ma il vero Segretario fiorentino, con l’aria di riverire il
Principe, si rivolgeva agli italiani, un popolo
allora di schiavi, per liberarli dall’inganno, svelando i meccanismi del
potere. Vedeva una grande nazione abitata da un piccolo popolo spaventato,
ignorante, debole e ingenua preda di ogni scellerato avventuriero, tanto facile
all’entusiasmo e alla depressione quanto duro nel comprendere la meccanica
spietata nel potere. Questo Machiavelli però, a quanto pare, non ha ispirato
nessuno.
Curzio Maltese – Il Venerdì di Repubblica – 21 febbraio 2014
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