Re Giorgio uno e trino
All’inizio silente.
Poi protagonista.
Ora di nuovo dietro le
quinte perché i partiti vogliono riprendersi lo spazio. Sono le tre versioni
con cui Napolitano ha interpretato il mandato. Ma non è cambiato lui. Semmai i
tempi…
Che cos’è la Fata Morgana? Una foto meteora,, un miraggio,
un’illusione ottica. Si manifesta nello stretto di Messina, all’alba,
rovesciando la città a mezz’aria. Ed è un fenomeno raro, di più: eccezionale.
Sennonché questo fenomeno accompagna da vent’anni la nostra vita pubblica.
Magari non ci facciamo caso, però siamo irretiti da un gioco di specchi, di
falsi riflessi. Crediamo che la seconda Repubblica abbia allevato un sistema
bipolare, invece ha moltiplicato i piccoli partiti (nel 2006 furono in 11 a
sostenere Prodi; oggi la Camera si divide in 10 gruppi, e il gruppo misto in 4
componenti). Pensiamo d’eleggere il Premier, ma gli ultimi tre governi (Monti,
Letta,Renzi) sono stati generati da manovre di Palazzo, senza un’investitura popolare.
Infine si siamo convinti che il Quirinale ospiti un trono, quello su cui siete
Re Giorgio. E infatti negli ultimi tempi c’è chi progetta il regicidio. Ecco,
fermiamo per un attimo lo sguardo sull’immagine di Napolitano. Davvero ha
abusato del suo ruolo? E perché il presunto abuso lo ha trasformato per una
stagione nella stampella della Patria (con picchi di popolarità ben oltre l’80
per cento), mentre adesso merita l’impeachment? E’ cambiato l’arbitro oppure i
giocatori? E che tipo d’arbitraggio imporrebbe la Carta del 1947?
Quest’Ultima Domanda non potrà mai ottenere una risposta
univoca. In primo luogo perché nei 9 articoletti che la Costituzione dedica al
Capo dello Stato il non detto prevale su quanto i costituenti ci hanno detto.
In secondo luogo perché quell’organo s’incarna in un uomo, “con i suoi vizi e
con le sue virtù”, come scriveva nel 1960 il giurista Carlo Esposito. Contano
dunque gli accidents of personality, per dirla con gli inglesi. E in terzo
luogo perché contano altresì gli accidents of history, le stagioni politiche in cui ciascun presidente
svolge il proprio operato. Nel sistema costituzionale non c’è quindi il
presidente, bensì piuttosto i presidenti, l’uno diverso dall’altro. E magari
pure da se stesso, se dura a lungo, se nel frattempo mutano i contesti.
E’ forse questa la metamorfosi sperimentata dal nostro più
longevo presidente. Gli è toccato in sorte d’attraversare tre epoche diverse, e
perciò d’interpretare tre diverse
presidenze. In principio fu il silenzio, rotto talvolta da moniti e
richiami, però quasi sussurrati. Lui stava dietro le quinte, non al centro
della scena. Perché la scena era occupata da governi bagnati dal voto popolare:
Prodi nel 2006, Berlusconi nel 2008. Da qui pertanto un’equazione: politica
forte, presidente debole.
Ma l’Equazione E’
Rovesciabile. Ed è
esattamente questo che è accaduto negli anni successivi. La politica ha perso
la sua base di consenso, sicché si è incattivita. Cominciano gli scontri fra
Napolitano e Berlusconi, e gli italiani si schierano col primo. Per esempio
quando (nel 2009) Napolitano rifiuta di firmare il decreto per Eluana Englaro.
Oppure quando (nel 2010) provoca le dimissioni di Brancher, neoministro
nominato al solo scopo d’avvalersi della legge sul legittimo impedimento. Ma soprattutto
dal 2011 in avanti, gli anni dello stallo, in politica come nell’economia. Così
il Quirinale diventa l’estremo baluardo contro i venti della crisi. E’
l’interlocutore dei governi stranieri, è la levatrice dei governi nazionali
(prima Monti, poi Letta).E infatti nel 2013 Napolitano viene rieletto con un
plebiscito; ai suoi 10 predecessori con un plebiscito; ai suoi 10 predecessori
non era mai accaduto.
Ma adesso? Perché ogni settimana piovono sul Colle critiche,
contumelie, sgarbi? L’impeachment, certo, ma non solo. Durante le ultime
consultazioni, due partiti (Lega e M5S) hanno perfino rifiutato d’incontrarlo.
Risposta: perché siamo entrati in una terza stagione. Quella in cui la politica
vuole riprendersi gli spazi perduti, quella dominata da Renzi, un leader forte
come Braccio di Ferro. Sicché Napolitano si è trasformato in un intralcio,
oltre che nel testimone d’un tempo imbarazzante. Lui ha ridotto i suoi
interventi, è rientrato dietro le quinte della scena. Ma a quanto pare alla
politica non basta, e d’altronde ormai l’incendio è divampato. Più che un
presidente, servirebbe un estintore.
Michele.ainis@uniroma3.it – Michele Ainis – L’Espresso – 27 febbraio 2014
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