Letteratura Silenziosa
Socrate parlava poco e
non scriveva affatto. I suoi discepoli li educava con i suoi comportamenti. E
anche oggi questa forma di linguaggio assorbe una parte crescente della
società. Cultura e informazione sono diffuse on line.
Il tema del linguaggio mi ha sempre molto intrigato.
Soprattutto il linguaggio silenzioso che comincia con Socrate, e non scriveva
affatto.
I suoi dialoghi infatti sono una libera ricostruzione di
Platone e anche di altri, scritti quasi tutti dopo la sua morte.
Platone scriveva e parlava, Socrate no. Socrate leggeva
silenziosamente.
Ci si può chiedere in che modo educasse i suoi discepoli e la
risposta è: li educava con i suoi comportamenti.
Nel dialogo che Platone intitolò “Fedone” si racconta che il
maestro, essendo stato imprigionato dai tiranni che governavano Atene con
l’accusa di avere complottato contro il governo della città e anche di avere
corrotto i giovani con costumi che si ispiravano ad una sorta di pedofilia,
decidesse di suicidarsi perché la legge allora vigente prevedeva la pena di
morte. A giudizio di Socrate si trattava di una legge ingiusta ma andava
comunque rispettata e lui aveva deciso di anticiparne l’esecuzione
suicidandosi.
Nel “Fedone” i discepoli, riuniti intorno al suo
giaciglio, gli pongono molte domande e lui gli risponde e domanda a sua volta
ma parlando con monosillabi o poco più. I suoi interlocutori forniscono ampie
risposte e pongono ancor più ampie domande, sull’anima, sulla sua immortalità,
sull’etica, ma anche sulla possibilità
di difendersi da quella legge ingiusta o di organizzare una fuga che essi
ritenevano possibile perché- dicevano – i tiranni l’avrebbero favorita per poi
poter usare l’argomento della fuga per diffamarlo di fronte agli ateniesi. Ma
proprio per evitare questa fondata ipotesi il maestro aveva preso la decisione
d’avvelenarsi con la cicuta e mentre essi parlavano lui cominciò a bere il suo
veleno.
Quando parlavano dell’anima lui con i suoi monosillabi li
condusse alla conclusione che le anime sono immortali e quando quella
conclusione la dichiararono lui rispose assentendo con il capo. Poi cominciò a
sentire un gelo alle gambe e se le coprì
con una coperta. Il gelo procedeva rapidamente e il maestro (così racconta
Platone) si coprì anche la testa. Infine poche parole prima di esalare l’ultimo
respiro: “ Ricordatevi di sacrificare un gallo ad Asclepio”. Furono le sue
ultime parole”.
Ho sunteggiato il “Fedone” per sottolineare che una delle
maggiori figure della filosofia greca che sta all’origine della civiltà
occidentale era basata sul silenzio, sulla lettura silenziosa. Ai tempi narrati
da Omero, che precedono Socrate di quasi un millenio, non c’era affatto la
cultura silenziosa, al contrario: gli aedi raccontavano i fatti avvenuti, la
vita degli Dei, le guerre tra gli uomini e i loro amori cantando sulle corde
della cetra o soffiando nello zufolo. La cultura silenziosa, al contrario: gli
aedi raccontavano i fatti avvenuti, la
vita degli Dei, le guerre tra gli uomini e i loro amori cantando sulle corde
della cetra o soffiando nello zufolo. La cultura silenziosa fu dunque una
conquista relativamente moderna, interrotta però nel medioevo dalla comparsa
dei menestrelli e dei “trovatori” che
poetavano cantando sulle mandole o soffiando nei corni e nei flauti. Così
nacque lo “stil nuovo” nei castelli della Cornovaglia, della Bretagna, della
Provenza e dell’Aquitania e in Sicilia da dove salì fino alla Toscana e infine
alla Lombardia ed alla Baviera.
Per ritrovare la cultura silenziosa dobbiamo arrivare al
Rinascimento, all’invenzione della stampa e dei libri, di Gutenberg, di , di
Aldo Manuzio e di Erasmo. Allora riappare la lettura silenziosa che si è sempre
più diffusa. Oggi si è trasferita sulle nuove tecnologie.
La cultura silenziosa assorbe ormai per ore, giornate e
nottate una parte crescente della popolazione mondiale. Cultura e informazione
sono diffuse “on line” e di questo abbiamo già parlato Umberto Eco ed io su
questa pagina nelle scorse settimane.
Leggiamo Con Gli Occhi. La declamazione c’è ancora ed è la
televisione ed il cinema a tenerla in vita, il pensiero passa silenziosamente
attraverso questi mezzi di comunicazione. Non so dire se sia un pensiero più
ricco o più povero di prima. Sembra un bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto. Il numero
delle parole usate è comunque in netta diminuzione. Forse ci risparmia uno
sforzo, si passa sempre di più dalle corde vocali alla percezione attraverso
gli occhi. Il mondo gira perennemente e noi con lui.
Eugenio Scalfari – L’Espresso – 6 Febbraio 2014
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