(…)
A Firenze si
dice “avere la faccia al posto del culo”, e detto a un giornalista è un
complimento, perché il giornalista non dovrebbe vergognarsi di niente,
manifestando in volto le stesse emozioni che manifesta un culo quando cambia il
colore delle mutande. Soprattutto un giornalista non dovrebbe vergognarsi di
fare certe domande impertinenti per le quali si può rischiare addirittura di
mettere in difficoltà l’interlocutore. La predisposizione a fare domandine
impertinenti dovrebbe essere la precondizione del mestiere del giornalista.
L’insegnante insegna, il medico visita e prescrive medicine e il giornalista
dovrebbe domandare e raccontare. Invece questo mondaccio è fatto da gente che
ha paura di fare domande perché altrimenti scomoda tizio e indispone caio, ma
poi è così presuntuosa da dire “ho la schiena dritta” quando invece non ha
neanche “la facci al posto del culo”, figuriamoci la schiena dritta. E così
dicendo mi sono inimicato un bel po’ di colleghi, più o meno tutti quelli che comunque
non avrebbero mai fatto una recensione a questo libro.
Perché vi
dico questo? Tutti gli anni al Meeting ci vanno decine di giornalisti, ma il
primo reportage video che ha indisposto il movimento di Cl è stato il mio. E
anche il secondo. Senza modestia, s’intende. Gli altri sono stati spot,
amplificatori dei comunicati stampa scritti dall’ufficio del Meeting. Con una
differenza: gli uffici stampa sono pagati per fare pubblicità agli eventi,
mentre i giornalisti sono pagati (dovrebbero essere pagati) per informare,
anche (e soprattutto) dando fastidio e disturbando il manovratore. Invece al
Meeting ho visto giornalisti del Tg2 abbracciare i politici, politici
concordare le domande e domande che in latino si chiamano “leccatine”. L’ho
visto solo al Meeting? No, anche in altre situazioni e con altri politici, ma
lì l’ho visto più marcatamente. Direi smaccatamente. E comunque, se lo schifo è
allargato, non significa che faccia meno ribrezzo, semplicemente rende palese
perché l’Italia, nella classifica sulla libertà di stampa redatta da Reporter
Sans Frontiers, sia definita “parzialmente libera” insieme a Romania, Ucraina,
Turchia, Libia e altre famose democrazie al 57° posto per la libertà di
informazione dietro a Ghana, Sudafrica, Taiwan, Corea del Sud e altri
cinquantadue Stati del mondo.
La libertà
di informare e il gusto di volerlo fare mi hanno portato a porre quelle che ho
chiamato domandine impertinenti. Niente di trascendentale, per carità, però
piazzate in momenti non previsti, rivolgendomi direttamente ai ciellini che ho
incontrato davanti alle università o in alcune loro sedi (“toc toc” oppure
“driiin!”) in ogni caso evitando accuratamente la telefonata preventiva per
fissare con il responsabile comunicazione, magari chiedendogli il permesso prima
di iniziare a registrare, ovviamente dopo avergli anticipato le domande via
email, perché tanto “lo chiediamo a tutti, sai?” “E ve le spediscono?” “Oh,
certo, così possiamo prepararci e anche il giornalista è più contento”.
E spesso
queste precauzioni neanche gli bastano perché se non sei “amico di”
l’intervista non si ottiene. Che poi “ottenere” è un verbo francamente un po’
azzardato per un’intervista. Le interviste politiche infatti si dovrebbero
“strappare” e non “ottenere”, perché non devono essere un premio al giornalista
fidato, una concessione o un favore, ma un mezzo d’inchiesta. Ed è proprio con
l’idea fissa del reportage d’inchiesta che ho realizzato questo libro e vi
riporto i dialoghi qui di seguito, tecnicamente non riusciti ma utili a capire
il contesto.
“perché in
Cl?”
“Bè, perché
no?”
“Perché è un
gruppo chiuso, protetto, dove ci si incontra fra simili e si fa amicizia fra
uguali, e poi ci si sposa fra omogenei di un credo assoluto, dove il dubbio non
è contemplato e l’obbedienza e la fidelizzazione sono altissime, perché
utilizza le conoscenze per accumulare cariche e le cariche per accumulare
ricchezze, e conoscenze più ricchezze più cariche sono utilizzate per
indirizzare le leggi dello Stato italiano verso quelle di uno Stato
confessionale”.
“Sei uno
stronzo”.
“Veramente
ho solo risposto alla tua domanda, e non dire parolacce perché andrai
all’inferno”.
“Non si va
all’inferno perché si dicono le parolacce”.
“Davvero? Ma
se tu credi di andare all’inferno perché fai l’amore con la tua ragazza ma
ancora non l’hai sposata, puoi anche credere che ci finirai perché dici
parolacce, no?”
“No!”
“Ma hai
capito quello che ho detto?”
”Non mi
interessa”.
“Ogni volta
mi sconvolge, la vostra apertura mentale”.
“Perché in
Cl?”
“Scusa, ma
tu chi sei?”
“Sono un
giornalista e sto conducendo un’intervista sul mondo di Comunione e liberazione”.
“Allora non
posso risponderti”
“Mi hai già
risposto, grazie”.
“Perché in
Cl?”
“Ci sono
tanti motivi…”
“Dimmene
uno”.
“Dirtene uno
solo non ha senso”.
“Allora
dimmeli tutti”.
“Non posso,
ora non ho tempo…”
“Perché in
Cl?”
“Ma perché
continui a fare la stessa domanda a tutti?”Perché nessuno mi risponde”.
“Ecco,
allora non ti rispondo neanche io”.
(…)
Saverio
Tommasi -Gesù Era Ricco – Contro Comunicazione E Liberazione
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