Quando è reato il corpo
delle donne
In Spagna una legge
contro l’aborto. E in Italia è difficile interrompere la gravidanza per i
troppi medici obiettori di coscienza. Ma tornare indietro non si può perché in
gioco c’è la libertà.
Ed eccoli tornati, si definiscono il partito della vita, per
descriversi con un programma romantico, quando invece il loro obiettivo è
fermare ogni libera decisione. Quindi fermare la vita. Proprio quando pensavamo
che certe acquisizioni nel campo dei diritti civili potessero ormai essere
scontate. Proprio quando credevamo – sbagliando – che non dovevamo più fare i
conti con una ciclicità balorda della storia, con una memoria che non ricorda
la barbarie. Barbarie di dover ricorrere a strutture clandestine per poter
interrompere una gravidanza. Barbarie di dover spiegare il motivo che porta a
voler interrompere una gravidanza.
E invece no: ancora una volta il corpo della donna diventa
terreno di scontro. Peggio, diventa un luogo quasi metafisico su cui una parte
della società ritiene di poter accampare pretese. Su cui pensa di poter
affrontare ancora questioni morali. Su cui crede di poter accampare diritti. In
Spagna le donne hanno tinto le piazze di lilla per protestare contro la legge
oscurantista del ministro Gallardòn approvata per ora dal Consiglio dei
ministri. Legge che, insieme a colui che l’ha concepita e proposta, ha
strappato il Paese alla modernità per scaraventarlo nel Medioevo. Una legge che
cancella tutto per tornare indietro, molto più indietro rispetto alla legge del
1985, la prima sull’aborto dopo la caduta del franchismo. Ma se con la legge
del 1985 l’aborto era consentito nei casi di malformazione del feto, nei casi
di rischio per la salute fisica o psicologica della madre e nei casi di stupro,
qualora questa nuova assurda legge dovesse passare in via definitiva, la
malformazione fetale non sarà più ritenuta motivo sufficiente per poter
abortire. E poi, tutta una serie di lungaggini sui medici che dovranno valutare
l’eventuale presenza di motivazioni plausibili, renderebbe la via dell’aborto
legale del tutto impraticabile. La Spagna che consente alle coppie gay di poter
adottare, ora inizia il suo percorso a ritroso con il più vile dei ricatti, con
il più patetico dei moralismi.
Ma L’Italia Di Fatto non è messa meglio. La 194 è ancora
in vigore, ma è sotto costante minaccia, e questa volta non sono né una classe
politica bigotta, né il cosiddetto “partito della vita” a fare ostruzionismo.
In Italia la 194 non funziona a causa del numero, altissimo, di medici
antiabortisti. Sette ginecologi su dieci sono obiettori di coscienza, con
percentuali che superano l’80 per cento nel Sud. Ormai si va all’estero anche
per abortire.
Eppure, scrivere di una legge che ha portato civiltà e non
morte, scrivere di come ci siano casi in cui non riesca a essere applicata, e
scriverne proprio sulle colonne de “l’Espresso”, fa molto male. E fa male
perché nel 1975 la più imponente campagna di informazione su questo tema vide,
accanto ai Radica, tra i principali protagonisti proprio “l’Espresso”. Fu una
storia piena di sofferenza. Una storia piena di umanità. Una storia della quale
dobbiamo andare fieri e che non dobbiamo permettere a nessuno di cancellare. Fu
a febbraio del 1975 che, tra gli altri, Marco Pannella e Livio Zanetti
presentarono alla Corte di Cassazione la richiesta di un referendum che
abrogasse gli articoli che rendevano l’aborto un reato. Un passo
importantissimo verso un futuro di civiltà e democrazia. Tornare indietro non
si può. Non si può in Italia e non si può in Spagna. In questo l’Europa deve
essere unita prima ancora che come entità economica, come luogo in cui si
tutelano libertà.
Quando Nel 2010 invitammo in prima serata su Raitre
Mina Welby a raccontare la storia sua e di Piergiorgio Welby fu proprio il
sedicente “partito della vita” ad accusarci di essere, noi che portavamo tali
storie in televisione, rappresentanti del partito della morte. Lo dissi allora,
e lo ripeto ora, io e tanti, tantissimi insieme a me, apparteniamo al partito
della scelta. Un luogo virtuale dove non saranno mai le categorie mortali a
decidere sulla libertà individuale. Non sarà la mia spiritualità a limitare la
tua libertà. Non sarò io a impedire al mio prossimo di essere felice. Perché
impedire a una donna di poter liberamente decidere se sente di poter portare
avanti una gravidanza oppure no, impedire a una donna di poter decidere cosa
sia meglio per la salute della propria mente e del proprio corpo, significa
solo questo: costruire infelicità
Roberto Saviano – L’Espresso – 13 febbraio 2014
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