Nostalgici O Fighetti? Ma Prima Del
Congresso
Diteci Che Cos’è Il Pd
“Nel Pd c’è un clima da abbandono
silenzioso”, sussurra Cuperlo in tv, a voce bassa il solito ma determinata
quell’amen in più che dovrebbe servigli a farsi conoscere, riconoscere e
risultare popolare e plausibile come
candidato alla segreteria del
Partito. Lui eterno giovane consapevole di non essere più tale da tempo, dopo
una vita di studi che in molti tendono a far coincidere con una vita di
dalemismo, auspica che a scendere in campo per il congresso venturo sia il Pd. Ascoltandolo non è chiaro quanto,
nel dirlo percepisca lo scetticismo e il disincanto generale che un così
tautologico obiettivo inevitabilmente può generare nello spettatore alle prese
da sempre con l’ostico quesito: “Che cos’è il Pd?”. A seguire, nella testa
dell’elettore alla continua ricerca di risposte che gli risolvano almeno il
problema della leadership se non quello più complicato dell’identità, l’altra
inquietante domanda: “Chi è che in questo momento rappresenta meglio il Pd?”.
Il
Pd è un partito di fighetti con tanti follower,
un partito di democristiani rampanti con tanti voti, un partito di nostalgici
abbrustolitori di salcicce, un partito di opinionisti televisivi, un partito
che vince quasi dappertutto sul territorio salvo non riuscirci praticamente ma
a livello nazionale, o un partito di centouno persone (espressione di quasi
altrettante correnti) pronte a tutto soprattutto a tradire pur di non farlo
risultare un partito affidabile?
Nel
dubbio costante che ognuna di queste definizioni abbia troppo fondamento per
essere archiviata come provocazione. Enrico Letta, l’uomo al momento più
rappresentativo della forza politica in questione, dichiara che alla sua
maggioranza non c’era alternativa politica (voto compreso) e che “questo è il
tempo che ci è dato”, il tutto scagliandosi contro “i fighetti” del Partito
alla ricerca di facile consenso online. Ora, ammesso e non concesso che il
fighetto principale puntato da Letta sia Civati, chiarito a beneficio del mondo
e di Letta che la parola fighetto risulta
di rara antipatia, cacofonia e lontananza cromosomica almeno da Roma in giù, il
rischio che il clima di abbandono venga bollato di fighettismo per il solo
fatto di esistere., in tempi di dibattito congressuale sembra lusso eccessivo,
se non inutile arroganza.
Perché
se non si abbandona quando il partito che hai votato sembra sacrificare
sull’altare del “tempo che ci è dato” ogni ambizione di incidere sul tempo che
nessuno ci ridarà, quando l’approccio è talmente passivo da permettere ad
Alfano altri mesi di stage al Ministero dell’Interno, quando le frequentazioni
con ciò che dovrebbe essere per dna il diverso da te portano uno come Fassina
ad affermazioni equivocabili con quelle di Brunetta, c’è poco da fare i
fighetti con il fighettismo degli altri.
Oro
–
Diego
Bianchi – Venerdì di Repubblica 02-8-13
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