Lo chiamano Maltempo Ma E’Solo Pioggia
Che Nutre Noi E La Terra
Caro Serra, sono d’accordo con lei e con i lettori quando fate ironia
Sull’argomento “caldo e telegiornale”. Da addetto ai lavori aggiungerei però che, oltre a darsi all’informazione inutile, i telegiornali peccano di mancata
Informazione potenzialmente utile. E’ vero che è estate, ma non è vero che quelle che viviamo in questi ultimi anni sono ondate di caldo “normale”. Insomma sono ondate di caldo infernale, sempre più frequenti in un’atmosfera sempre più satura di gas serra. Ma ricordarlo è scomodo, nuoce forse al Pil dire che, così proseguendo ed emettendo, ci stiamo giocando il futuro e pure un po’ di presente. Non aggiungo altro perché credo che Lei conosce Luca Mercalli.
Lorenzo (meteorologo e fisico dell’atmosfera)
Esiste, caro Lorenzo, una progressiva e rovinosa perdita di percezione non solamente del tempo atmosferico, ma della natura in generale. Dei suoi cieli, del suo funzionamento, dei suoi equilibri. Quando il meteorologo di turno, con espressione lieta, annuncia “bel tempo” dopo un mese di siccità, e “maltempo” se è in arrivo (finalmente!) un po’ di pioggia, si rivolge a una società di inurbati, ai quali importa solamente sapere se il weekend al mare o in montagna sarà allietato dal sole. Neppure immagina gli improperi che gli rivolgono le persone (qualche (qualche milione, compreso il sottoscritto) che coltivano i campi o hanno giardini o vivono nella natura, e attendono le nuvole con ansia perché hanno percezione quotidiana della terra, dei fossi, dei boschi, del clima, che non è solamente una variabile del turismo, è la condizione stessa in cui la vita germina e il cibo matura. Quando sentono definire “maltempo” una perturbazione tanto attesa, e benedetta, queste persone possono misurare l’abbandono non solamente fisico, ma anche culturale del lavoro agricolo, che è misconosciuto e tradito. Nessuno rimpiange il mondo arcaico, le sue scarse conoscenze scientifiche, le superstizioni e la durezza dei rapporti familiari che segnavano la vita agra dei nostri avi contadini. Ma da loro dovremmo imparare (riformandola e adattandola ai nostri tempi) una visione olistica della terra, degli ambienti naturali, del cielo delle acque. E’ lì, a guardare il cielo dal bordo che noi moderni dovremo prima o poi tornare, se vogliamo salvare il salvabile. Fino al giorno in cui i suoi colleghi meteorologi, caro Lorenzo, la smetteranno di chiamare “maltempo” la pioggia che disturba le famigliole in vacanza ma nutre noi tutti. Il nostro amico Mercalli già lo fa. E’ il portatore di una minoranza. Speriamo che quella minoranza sia un’avanguardia.
Michele Serra- Venerdì di Repubblica – 23-8-13
Lo chiamano Maltempo Ma E’Solo Pioggia
Che Nutre Noi E La Terra
Caro Serra, sono d’accordo con lei e con i lettori quando fate ironia
Sull’argomento “caldo e telegiornale”. Da addetto ai lavori aggiungerei però che, oltre a darsi all’informazione inutile, i telegiornali peccano di mancata
Informazione potenzialmente utile. E’ vero che è estate, ma non è vero che quelle che viviamo in questi ultimi anni sono ondate di caldo “normale”. Insomma sono ondate di caldo infernale, sempre più frequenti in un’atmosfera sempre più satura di gas serra. Ma ricordarlo è scomodo, nuoce forse al Pil dire che, così proseguendo ed emettendo, ci stiamo giocando il futuro e pure un po’ di presente. Non aggiungo altro perché credo che Lei conosce Luca Mercalli.
Lorenzo (meteorologo e fisico dell’atmosfera)
Esiste, caro Lorenzo, una progressiva e rovinosa perdita di percezione non solamente del tempo atmosferico, ma della natura in generale. Dei suoi cieli, del suo funzionamento, dei suoi equilibri. Quando il meteorologo di turno, con espressione lieta, annuncia “bel tempo” dopo un mese di siccità, e “maltempo” se è in arrivo (finalmente!) un po’ di pioggia, si rivolge a una società di inurbati, ai quali importa solamente sapere se il weekend al mare o in montagna sarà allietato dal sole. Neppure immagina gli improperi che gli rivolgono le persone (qualche (qualche milione, compreso il sottoscritto) che coltivano i campi o hanno giardini o vivono nella natura, e attendono le nuvole con ansia perché hanno percezione quotidiana della terra, dei fossi, dei boschi, del clima, che non è solamente una variabile del turismo, è la condizione stessa in cui la vita germina e il cibo matura. Quando sentono definire “maltempo” una perturbazione tanto attesa, e benedetta, queste persone possono misurare l’abbandono non solamente fisico, ma anche culturale del lavoro agricolo, che è misconosciuto e tradito. Nessuno rimpiange il mondo arcaico, le sue scarse conoscenze scientifiche, le superstizioni e la durezza dei rapporti familiari che segnavano la vita agra dei nostri avi contadini. Ma da loro dovremmo imparare (riformandola e adattandola ai nostri tempi) una visione olistica della terra, degli ambienti naturali, del cielo delle acque. E’ lì, a guardare il cielo dal bordo che noi moderni dovremo prima o poi tornare, se vogliamo salvare il salvabile. Fino al giorno in cui i suoi colleghi meteorologi, caro Lorenzo, la smetteranno di chiamare “maltempo” la pioggia che disturba le famigliole in vacanza ma nutre noi tutti. Il nostro amico Mercalli già lo fa. E’ il portatore di una minoranza. Speriamo che quella minoranza sia un’avanguardia.
Michele Serra- Venerdì di Repubblica – 23-8-13
Che Nutre Noi E La Terra
Caro Serra, sono d’accordo con lei e con i lettori quando fate ironia
Sull’argomento “caldo e telegiornale”. Da addetto ai lavori aggiungerei però che, oltre a darsi all’informazione inutile, i telegiornali peccano di mancata
Informazione potenzialmente utile. E’ vero che è estate, ma non è vero che quelle che viviamo in questi ultimi anni sono ondate di caldo “normale”. Insomma sono ondate di caldo infernale, sempre più frequenti in un’atmosfera sempre più satura di gas serra. Ma ricordarlo è scomodo, nuoce forse al Pil dire che, così proseguendo ed emettendo, ci stiamo giocando il futuro e pure un po’ di presente. Non aggiungo altro perché credo che Lei conosce Luca Mercalli.
Lorenzo (meteorologo e fisico dell’atmosfera)
Esiste, caro Lorenzo, una progressiva e rovinosa perdita di percezione non solamente del tempo atmosferico, ma della natura in generale. Dei suoi cieli, del suo funzionamento, dei suoi equilibri. Quando il meteorologo di turno, con espressione lieta, annuncia “bel tempo” dopo un mese di siccità, e “maltempo” se è in arrivo (finalmente!) un po’ di pioggia, si rivolge a una società di inurbati, ai quali importa solamente sapere se il weekend al mare o in montagna sarà allietato dal sole. Neppure immagina gli improperi che gli rivolgono le persone (qualche (qualche milione, compreso il sottoscritto) che coltivano i campi o hanno giardini o vivono nella natura, e attendono le nuvole con ansia perché hanno percezione quotidiana della terra, dei fossi, dei boschi, del clima, che non è solamente una variabile del turismo, è la condizione stessa in cui la vita germina e il cibo matura. Quando sentono definire “maltempo” una perturbazione tanto attesa, e benedetta, queste persone possono misurare l’abbandono non solamente fisico, ma anche culturale del lavoro agricolo, che è misconosciuto e tradito. Nessuno rimpiange il mondo arcaico, le sue scarse conoscenze scientifiche, le superstizioni e la durezza dei rapporti familiari che segnavano la vita agra dei nostri avi contadini. Ma da loro dovremmo imparare (riformandola e adattandola ai nostri tempi) una visione olistica della terra, degli ambienti naturali, del cielo delle acque. E’ lì, a guardare il cielo dal bordo che noi moderni dovremo prima o poi tornare, se vogliamo salvare il salvabile. Fino al giorno in cui i suoi colleghi meteorologi, caro Lorenzo, la smetteranno di chiamare “maltempo” la pioggia che disturba le famigliole in vacanza ma nutre noi tutti. Il nostro amico Mercalli già lo fa. E’ il portatore di una minoranza. Speriamo che quella minoranza sia un’avanguardia.
Michele Serra- Venerdì di Repubblica – 23-8-13
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