La Pena Migliore:
Via Dall’Italia Il Condannato B.
E’ giusto che ogni violazione della legge sia punita, se non altro
per scoraggiare la ripetizione
del reato da parte di chi l’ha violata, e per ammonire chiunque avesse intenzione di imitarlo. E’ anche giusto che la severità della punizione sia commisurata alla gravità del crimine. Fin qua, tutto chiaro. Ma poi nascono tanti problemi, e anche qualche dubbio. Si possono avere opinioni discordi sulla severità della pena (che dipende dagli usi e costumi dominanti, dalla latitudine in cui siamo e da altri fattori: si era molto più severi in altre epoche, si dà addirittura prova di ferocia in altre latitudini). Interessanti sono le reazioni quando il caso in questione tiene banco nell’opinione pubblica. Si formeranno inevitabilmente due partiti, gli uni penseranno che la punizione è troppo lieve, gli altri che è troppo severa. Credo che di regola prevalga la prima ipotesi: nell’opinione pubblica domina la severità, l’intransigenza (pollice verso, come al circo nell’antica Roma). E qui sorge la domanda: che cosa c’è all’origine del partito, diciamo così, della severità? C’è una più affinata moralità, un più sviluppato senso di giustizia? O c’è più semplicemente, spirito vendicativo? La giustizia è una conquista sociale; la vendetta un po’meno.
Per quel che mi riguarda, non ho dubbi: chi viola la legge deve essere fermato, e dobbiamo liberarci di lui. Ma come liberarcene, per me, conta poco: lo si può mettere in gattabuia, con tutte le precauzioni che fugga, o lo si può mandare all’altro capo del mondo, purché ci stia. Che poi, una volta che è lontano da noi, se la passi più o meno bene, a me importa poco. Insomma: sto sfiorando un argomento di attualità, e avrete capito, senza alcun bisogno di fare nomi, che quando ve ne fosse la possibilità accetterei l’ipotesi del salvacondotto. Trovo che sarebbe una trovata accettabile. Niente di più lontano dallo spirito vendicativo, nel mio caso sempre assente. Mi è indifferente che la persona la cui presenza fra noi è nociva, una volta lontana, si diverta o soffra le pene dell’inferno. L’importante è che non ritorni.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 23-8-13
La Pena Migliore:
Via Dall’Italia Il Condannato B.
E’ giusto che ogni violazione della legge sia punita, se non altro
per scoraggiare la ripetizione
del reato da parte di chi l’ha violata, e per ammonire chiunque avesse intenzione di imitarlo. E’ anche giusto che la severità della punizione sia commisurata alla gravità del crimine. Fin qua, tutto chiaro. Ma poi nascono tanti problemi, e anche qualche dubbio. Si possono avere opinioni discordi sulla severità della pena (che dipende dagli usi e costumi dominanti, dalla latitudine in cui siamo e da altri fattori: si era molto più severi in altre epoche, si dà addirittura prova di ferocia in altre latitudini). Interessanti sono le reazioni quando il caso in questione tiene banco nell’opinione pubblica. Si formeranno inevitabilmente due partiti, gli uni penseranno che la punizione è troppo lieve, gli altri che è troppo severa. Credo che di regola prevalga la prima ipotesi: nell’opinione pubblica domina la severità, l’intransigenza (pollice verso, come al circo nell’antica Roma). E qui sorge la domanda: che cosa c’è all’origine del partito, diciamo così, della severità? C’è una più affinata moralità, un più sviluppato senso di giustizia? O c’è più semplicemente, spirito vendicativo? La giustizia è una conquista sociale; la vendetta un po’meno.
Per quel che mi riguarda, non ho dubbi: chi viola la legge deve essere fermato, e dobbiamo liberarci di lui. Ma come liberarcene, per me, conta poco: lo si può mettere in gattabuia, con tutte le precauzioni che fugga, o lo si può mandare all’altro capo del mondo, purché ci stia. Che poi, una volta che è lontano da noi, se la passi più o meno bene, a me importa poco. Insomma: sto sfiorando un argomento di attualità, e avrete capito, senza alcun bisogno di fare nomi, che quando ve ne fosse la possibilità accetterei l’ipotesi del salvacondotto. Trovo che sarebbe una trovata accettabile. Niente di più lontano dallo spirito vendicativo, nel mio caso sempre assente. Mi è indifferente che la persona la cui presenza fra noi è nociva, una volta lontana, si diverta o soffra le pene dell’inferno. L’importante è che non ritorni.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 23-8-13
Via Dall’Italia Il Condannato B.
E’ giusto che ogni violazione della legge sia punita, se non altro
per scoraggiare la ripetizione
del reato da parte di chi l’ha violata, e per ammonire chiunque avesse intenzione di imitarlo. E’ anche giusto che la severità della punizione sia commisurata alla gravità del crimine. Fin qua, tutto chiaro. Ma poi nascono tanti problemi, e anche qualche dubbio. Si possono avere opinioni discordi sulla severità della pena (che dipende dagli usi e costumi dominanti, dalla latitudine in cui siamo e da altri fattori: si era molto più severi in altre epoche, si dà addirittura prova di ferocia in altre latitudini). Interessanti sono le reazioni quando il caso in questione tiene banco nell’opinione pubblica. Si formeranno inevitabilmente due partiti, gli uni penseranno che la punizione è troppo lieve, gli altri che è troppo severa. Credo che di regola prevalga la prima ipotesi: nell’opinione pubblica domina la severità, l’intransigenza (pollice verso, come al circo nell’antica Roma). E qui sorge la domanda: che cosa c’è all’origine del partito, diciamo così, della severità? C’è una più affinata moralità, un più sviluppato senso di giustizia? O c’è più semplicemente, spirito vendicativo? La giustizia è una conquista sociale; la vendetta un po’meno.
Per quel che mi riguarda, non ho dubbi: chi viola la legge deve essere fermato, e dobbiamo liberarci di lui. Ma come liberarcene, per me, conta poco: lo si può mettere in gattabuia, con tutte le precauzioni che fugga, o lo si può mandare all’altro capo del mondo, purché ci stia. Che poi, una volta che è lontano da noi, se la passi più o meno bene, a me importa poco. Insomma: sto sfiorando un argomento di attualità, e avrete capito, senza alcun bisogno di fare nomi, che quando ve ne fosse la possibilità accetterei l’ipotesi del salvacondotto. Trovo che sarebbe una trovata accettabile. Niente di più lontano dallo spirito vendicativo, nel mio caso sempre assente. Mi è indifferente che la persona la cui presenza fra noi è nociva, una volta lontana, si diverta o soffra le pene dell’inferno. L’importante è che non ritorni.
Piero Ottone – Venerdì di Repubblica – 23-8-13
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