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mercoledì 21 agosto 2013

Lo Sapevate Che: Monopoli...


In Italia essere liberali non costa nulla. Non costa nulla perché è sufficiente dichiararsi tali, non serve comportarsi di conseguenza. Basta autodefinirsi eredi della Thatcher per vincere le elezioni; si può governare un’intera legislatura con una sostanziosa maggioranza, senza liberalizzare o privatizzare alcunché e poi ripresentarsi alle elezioni come paladini del libero mercato.
Si può fare perché gli italiani lo permettono.
A volte anzi gli stessi italiani che si dicono favorevoli al cambiamento, quando poi si trovano a dover ridisegnare il mondo, a dover cambiare le cose, ci riflettono per tanto, troppo tempo. E rimandano. Preferiscono chiudersi, difendersi. Consolidare l’esistente, trovarsi una nicchia (magari di piccolo privilegio) e nascondervisi dentro.
E i politici sono come gli. In campagna elettorale si promette di cambiare le cose, ma quando si arriva al potere, ci si accorge che nella stanza dei bottoni tanto male non si sta. E si lascia tutto come lo si è trovato. Invece di progettare l’esistente, si pensa a sostituire le oligarchie al posto di comando.
In questo modo non cambia mai nulla.
In Italia è difficile far digerire l’idea che siamo tutti uguali. Che ognuno di noi ha diritto di avere tutte le opportunità che vuole. Che ciascuno, preparandosi, studiando, lavorando, ha diritto di far valere il proprio merito per il bene della collettività. Che ognuno di noi ha il diritto di essere valutato per quello che fa, non per quello che pensa o per il percorso intrapreso fin qui.
O per quello che ha.
In Italia non esistono per opportunità. Il figlio di un ricco è destinato a essere ricco (a meno che non si rovini da solo), il figlio di un povero è destinato a essere povero (a meno che non accetti di lottare per scardinare le regole del gioco). In Italia i notai generano notai, i farmacisti generano farmacisti, i tassisti generano tassisti. I banchieri banchiere, i professori professori, i politici politici. Nel Paese in cui i politici di cinquant’anni sono considerati dei giovani rampanti, quelli che giovani lo sono davvero sono considerati intrusi, gli stranieri una minaccia, i concorrenti degli
abusivi.
In una società  che invecchia proteggendo se stessa, si gioca ormai da decenni lo stesso gioco: il Monopoli.
Il Paese è suddiviso in caselle ben distinte, immutabili, sempre le stesse, ognuna impermeabile all’altra, come quella plancia di Monopoli.
Durante il gioco si superano le caselle di Via XX settembre (sede del ministero del Tesoro), di viale Mazzini (sede della Rai), di Parco della Vittoria (il luogo per definizione più ambito dai costruttori del Monopoli), si passa per la casella Farmacia, si arriva in viale dell’Università, ci si ferma in via Nazionale (sede di Bankitalia) e si giunge infine all’arrivo.
Vince, come tradizione, i più ricco. Ma non è questa la cosa più grave. Scopriremo infatti che a tanti non è addirittura consentito giocare.
Si può dire la verità, e favorire chi non lo merita. Si può fare un errore, e aiutare chi è nel giusto. Mi è sempre stato difficile comprendere appieno la natura delle varie cordate, correnti e sottocorrenti che si allineano e si combattono nella politica e nella finanza.
Mi sono sempre limitato a descrivere le cose che vedo.
Buona lettura – Giovanni Floris
Giovanni Floris – Monopoli – conflitti d’interesse, caste e privilegi dell’economia italiana


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