Etichette

sabato 3 agosto 2013

Lo Sapevate che: Il Food e il Cibo Cattivo....


L’Ideologia Del Food E Il Mercato Del Cibo Cattivo

Scrive Ippocrate:”Un medico deve sapere che cos’è un uomo in rapporto a ciò che mangia e a ciò che beve, e quali sono le conseguenze che ne derivano.

Tra i molti argomenti che sono stati trattati nella sua rubrica in D di Repubblica, che potrebbero formare una mini enciclopedia tematica, ne manca uno, che pure interessa tutti: il cibo. L’argomento in generale è troppo vasto, perché il suo valore simbolico rimanda a molti campi del sapere. Se ne può restringere l’ambito del sapere. Se ne può restringere l’ambito a quello che sta succedendo in questo primo decennio del nuovo millennio, in cui si dice che “il cibo oggi è tutto” (Carlo Petrini). La nuova ideologia del food è venuta a sostituire la crisi delle ideologie. Tutti i ne sono investiti. La video gastronomia impazza come un tormentone in ogni canale tv. Quello del cibo è l’unico settore che oggi non conosce crisi producendo altro cibo. Paradossalmente, il nuovo scenario nei Paesi a economia matura segnala aspetti tra loro in contraddizione: all’enorme aumento in termini di produzione e consumo di cibo corrisponde la sua decadenza e corruzione in termini di qualità sotto il profilo nutrizionale e salutare; all’enorme spreco nelle società opulente, dove ci si ammala e si muore per eccesso di cibo (diabete, obesità, cardiopatie, ictus, disturbi alimentari), fa riscontro nei Paesi sottosviluppati il fenomeno opposto: quasi un miliardo di persone patiscono o muoiono per penuria di cibi. Passo la penna a lei.
Zammataro Salvatore

L’importanza del cibo è dovuta non tanto a una nuova ideologia subentrata al crollo delle ideologie politiche, quanto al fatto che il cibo tocca valenze simboliche profondamente radicate in ognuno di noi dalla notte dei tempi, quando per vivere, l’uomo doveva superare due problemi: trovare cibo e non diventare cibo per altri. Se il secondo problema, almeno noi occidentali, l’abbiamo risolto, sul primo esiste ancora qualche incertezza, a giudicare dall’attenzione con cui nei supermercati si guardano gli alimenti, si controllano le date di scadenza, si leggono gli ingredienti, si verifica la provenienza, perché il passaggio che il cibo ha subito negli ultimi cinquant’anni, dal trattamento naturale al trattamento tecnico, genera qualche dubbio e qualche perplessità.
Non è passato molto tempo da quando siamo stati informati di farine animali date in pasto a erbivori o a pesci negli allevamenti ittici, di animali imbottiti di antibiotici per evitare malattie, di palmipedi ammassati e inchiodati per l’ingrasso in ambienti con le luci sempre accese per accelerarne la crescita, di maiali e bovini ingabbiati che non hanno mai visto un prato, e ora di cibi transgenici per la loro migliore appariscenza e conservazione.
Tutto ciò rende il nostro rapporto con il cibo, già di per sé complicato per le sue connotazioni psichiche (si pensi a quegli estremi rappresentati dall’anoressia e dalla bulimia), particolarmente inquieto, E’vero che oggi si mangia meglio che in passato, ma è altrettanto vero che è aumentata l’incidenza cancerogena legata al cibo, in diverse zone le falde acquifere, abbiano seppellito rifiuti pericolosi sotto la terra dove pascolano animali, per cui anche il cibo di conseguenza ne risente.
La globalizzazione ha sostituito progressivamente la cucina tradizionale con la cucina di altri paesi del mondo, diversificando i nostri gusti ma facendoci perdere anche la memoria della nostra storia alimentare, e il valore della tradizione. Ma accanto alla diversificazione dei gusti, assistiamo anche a una loro progressiva uniformità, indotta da consumi alimentari sempre meno specializzati e sempre più indifferenziati. Penso a quei cibi precotti, precucinati, preaffettati che rispondono  alla mancanza di tempo del consumatore moderno, che finisce col depotenziare il cibo a puro elemento nutrizionale, perdendo tutti quei valori di socializzazione, incontro, amicizia, che, da che mondo è mondo, al cibo autentico e ben curato sono stati sempre connessi.
Se poi consideriamo che la crisi che stiamo vivendo porta a risparmiare, comprando cibi a minor prezzo e ovviamente di minor qualità, avremo anche nell’alimentazione la prova provata che la differenza di classe non è un retaggio delle ideologie del Novecento, ma è testimoniata, come in America, dai corpi dei poveri, che sono grassi e mal fatti non perché mangiano molto, ma perché mangiano male.
Umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 27-7-13


Nessun commento:

Posta un commento