Rihanna mette su qualche chilo. Gli
uomini la condannano, le donne l’assolvono. I primi l’accusano di non essere
capace di tenere a freno i suoi appetiti. E le rimproverano con sarcasmo di
aver abusato del servizio in camera negli alberghi. Come dire ingorda e pure
pigra. Le fan invece si schierano con lei e viralizzano i social con l’hashtag #thickhanna. Creando un movimento
d’opinione a sostegno della cantante, in realtà le cattiverie suoi rotolini e
cuscinetti erano già cominciati un paio d’anni fa, ma adesso i primi look
estivi della popstar hanno fatto riesplodere la questione. In effetti Rihanna è
vittima di quella che potremmo definire la legge di Chris Crandall. Lo
psicologo sociale dell’Università del Kansas è autore di una teoria sulle
ragioni del pregiudizio antigrassi che dilaga negli States e si diffonde a
macchia d’olio in un Occidente eternamente a dieta. Al punto da fare della
magrezza un culto. La demonizzazione del
sovrappeso, secondo Crandall, nasce dal fondo individualista e puritano del
conservatorismo americano. Che considera l’autodisciplina e l’autocontrollo dei
doveri sociali e morali. E dunque l’oversize diventa automaticamente una colpa
e un peccato. Un indizio di indolenza, inaffidabilità, svogliatezza,
sgradevolezza. E perfino di scarsa intelligenza. E se a mettere su peso è una
donna, per di più di colore e per di più di successo, i carnefici si sentono
ancor più autorizzati a colpirla. Confermando che l’obesofobia, parente stretta
dell’idiozia, sta diventando una gravissima forma di discriminazione. Sempre
più vicina al razzismo.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 23
giugno 2017 -
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