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martedì 18 luglio 2017

Lo Sapevate Che: I giovani non paghino i costi di uno Stato che non si adegua alla Storia...



Sono Un Architetto di 30 anni alla continua ricerca di un lavoro. Non dico mai di no. Appartengo a una generazione che, pr di non stare sdraiata a letto, accetta uno stage a 500 euro al mese, per attivare il quale bisogna girare tutti i Centri per l’Impiego dove ti rispondono come se ti stessero facendo un favore. Ieri un dipendente di un ufficio comunale si è lamentato con me al pensiero che avrà una pensione di 700 euro al mese. Non ho risposto, ho solo guardato in basso pensando al mio commercialista che mi aveva detto: “Se mai dovessi avere la pensione. Sarà sui 200/300 euro al mese”. Quindi la prego, lei che può, continui a sostenerci e non cessi di sollevare il problema.   Sofia Dionisio  sofiadion@gmail.com

Dalle Lettere Che Ricevo vedo che ci sono persone che immaginano i giovani sdraiati con le cuffie nelle orecchie o a dormire fino a mezzogiorno, quando i padri e le madri hanno lasciato di buon’ora la casa per andare a lavorare. Altri credono che vogliano solo divertirsi, ubriacandosi o drogandosi nel fine settimana e vivendo di notte invece che di giorno. Penso che tutto ciò non sia vero. Ma se anche lo fosse, leggerei questi comportamenti non come una ricerca frenetica del piacere, ma come un tentativo di anestetizzarsi da un mondo che non convoca i giovani, non li chiama per nome, non mostra interesse per loro, non li considera, per cui si difendono dormendo, bevendo, drogandosi, vivendo di notte per non assaporare di giorno la propria insignificanza sociale. Insignificanza che durerà per molto tempo: anzi, io penso che, se la forma attuale del capitalismo non cambierà direzione, sarà irreversibile per almeno cento anni. La ragione è semplice: lo sviluppo tecnico e l’espansione globale dell’informatica, a cui tra non molto si aggiungerà la robotica, non possono che ridurre drasticamente le opportunità lavorative. Quindi: disoccupazione di massa su larga scala. Queste previsioni erano già state fatte con estrema lucidità da Herbert Marcuse negli anni ’50 quando, in Eros e civiltà (1955, Einaudi), scriviamo che il livello di discreto benessere raggiunto in Occidente potrebbe giustificare l’ipotesi di una civiltà che ha meno bisogno di lavorare, e più necessità di dedicarsi all’erotica. Intesa non solo e non tanto in termini sessuali, ma come amore per l’arte, la cultura, la natura e la vita, che, per chi oggi lavora, è per intero sequestrata dal lavoro. Come sempre accade ai filosofi, nessuno lo ha ascoltato e la sua profezia è stata liquidata tra i cascami della sinistra. Oggi a riproporre in altra forma e in altri termini il problema è il sociologo Domenico De Masi col suo libro Lavorare gratis, lavorare tutti. Perché il futuro è dei disoccupati (Rizzoli). E in effetti in Italia la disoccupazione giovanile è giunta al 40% e, stante quanto dicevamo, non può che aumentare. De Masi fa notare che il lavoro, al di là dello stipendio, dà dignità e crea socializzazione; valori che si perdono se uno se ne sta a casa ad avvolgersi nella depressione. Lavorare gratis comporta anche una rivisitazione dei privilegi sindacali, pensionistici, mutualistici di cui gode chi ha incominciato a lavorare anni fa e ha incominciato a lavorare anni fa e ha acquistato diritti cui i giovani non avranno accesso. E qui veniamo ai “diritti acquisiti”, non dico di chi ha lavorato quarant’anni e ha pagato i contributi, ma di chi gode di una pensione retributiva invece che contributiva. Come i parlamentari e molti altri commis di Stato, che godranno di una pensione che non corrisponde ai contributi da loro versati e che attualmente è pagata dai giovani occupati che non hanno alcuna certezza di ricevere a loro volta la propria. I “diritti acquisiti” sono fuori dalla storia, perché sottintendono che la storia non cambi, mentre quel che era possibile fare trenta o quarant’anni fa, quando sono maturati questi diritti, oggi non si può più fare. E non capisco perché certi diritti debbano stare fuori dalla storia quando questa ha cambiato volto al punto che non è in grado di garantirli a chi, come i giovani, incomincia oggi a lavorare. E chi paga il conto di questo mancato adeguamento, se non i giovani? Quanto a voi, giovani, imparare l’inglese come l’italiano per aprirvi una porta all’estero, accettate qualsiasi opportunità di lavoro, anche se non corrisponde ai vostri studi, perché così almeno apprendere cose che non imparereste se restate fuori dal mondo del lavoro. Infine organizzatevi per chiedere una semplificazione della burocrazia che vi ostacola nelle vostre iniziative lavorative: non potete pagare voi i costi derivanti da uno Stato che moltiplica le procedure burocratiche perché non si fida dei suoi cittadini, in risposta ai cittadini che non si fidano dello Stato. Fate sapere che voi non siete i cittadini di una volta, da cui lo Stato si difendeva perché di loro non si fidava.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di La Repubblica -8 luglio 2017-

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