Quando Conobbi Mio marito portava capelli a forma di
panettone, enormi occhiali tondi sul naso e rifuggiva da qualsiasi attività sportiva.
Non ho mai subito il fascino di Big Jim e di quelli come lui. Pertanto trovai
irresistibile quel tizio magrolino e scattante, ipercinetico e inquieto dallo
sguardo pazzo e dal forte accento barese. Poi, si sa la vira cambia tutti e a
lui, un giorno, venne il mal di schiena. Dovrebbe nuotare”, consigliò
l’ortopedico. “Con quale frequenza?”, domandò lui, bisognoso di istruzioni
precise. “Quella che vuole”, rispose l’incauto specialista, ignaro della pasta
ossessivo-compulsiva di cui era fatto il paziente. Così mio marito ha iniziato
ad andare in piscina, una, due, tre, cinque volte la settimana. Inizialmente
faceva sessanta poi ottanta fino a raggiungere le cento vasche alla volta. Lo
avevo incontrato ventenne che somigliava a un folletto e mi incantava con la
vivacità dei suoi pensieri. Me lo sono ritrovato quarantenne con le spalle e i
pettorali di un body builder, e un guardaroba da rivedere per contenere
l’esuberanza dei suoi nuovi muscoli. Oggi lo abbraccio e lui, contraendosi dal
polpaccio al trapezio, esclama: “Senti qui che potenza!”, e si aspetta che io
saggi compiaciuta cotanta possanza. Cambiare forse è segno di apertura e
intelligenza, quando non di involuzione. Esplorare nuove frontiere di sé,
facendo emergere i lati più ignoti, pettorali compresi, potrebbe condurre a
territori alieni e seducenti. Reprimere gli entusiasmi è di rado una strategia
vincente. Così lo lascio libero di percorrere le sue troppe vasche a stile
libero, trattenendomi dal giudicarlo. E poiché simile cum semilibus congregantur, altrimenti detto in barese se non s’assomigghiano non s’ipigghiano, anch’io sottopongo le
mie membra a routine ossessive ed estenuanti. A differenza di mio marito, che
ha cominciato tardi ed è manotematico, io ho cominciato molto presto a nutrire
il mio tarlo con una dieta variata e bislacca e, dall’adolescenza a oggi, non mi
sono fatta mancare nulla, fatta eccezione per gli sprt che richiedono abilità
con la palla. Ho praticato ginnastica aerobica insieme a Jane Fonda, liscio e
balli latinoamericani, danza del ventre, acqua gym, corsa sul Naviglio, step,
aerodance, zumba, pilates, passando per Gag e total body workout. Mi sono caparbiamente
votata a discipline dai nomi improbabili, incurante dei miei limiti e delle mie
scarse attitudini. A questo punto della mia vita, tuttavia, credo di avere
trovato l’attività per me, quella che mi somiglia e a cui vorrei dedicarmi a
tempo pieno. Ne ho provate tante ma nessuna mi ha dato analoghe soddisfazioni.
Da un anno, con maniacale regolarità, frequento un luogo maleodorante e
splendido, abitato da creature indomite e sudate, coperte di tatuaggi. Incontro
operai, ragazzini di strada, docenti universitari, ristoratori, avvocati,
tassisti e disoccupati di ogni provenienza e nazionalità. Ci vado con tre
amiche, tre signore come me, perché certe sfide improbabili vanno affrontate
insieme. Da un anno frequento un corso di boxe in una vera palestra di
pugilato, con il ring, le facce patibolari, i guantoni, i paradenti e tutta
l’estetica cara a Rocky Balboa. Sì, mi massacro. No, non mi faccio male. Sì, mi
made lo sa. No, non credo capisca. Mi piace perché non c’entra nulla con me,
perché è liberatorio, perché mette in giovo anima e corpo, perché mi diverto,
perché mi serve a tenere a bada l’inquietudine. E soprattutto perché i miei
figli mi guardano con altri occhi. Se non ci credete, provate.
Claudia de Lillo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 15
luglio 2017 -
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