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venerdì 7 luglio 2017

Lo Sapevate Che: E voi, di che cosa avrete paura?...



Mio Nonno, Di Cui Ricordo solo i cappelli a cilindro e una tesa tonda e calva su cui spuntava qualche solitario capello bianco, rado e ispido, faceva il medico, giocava a dama con i nipoti e aveva paura. Non so esattamente di cosa ma, a distanza di alcuni decenni, conservo memoria vivida di quell’ombra nera che intorbidiva i pensieri e gli avvelenava l’idea di futuro. Nei suoi ultimi anni, che hanno coinciso con i miei primi, era spesso preoccupato e triste perché, quando il buio si fa largo dentro di noi, le luci fuori non bastano a rischiararlo. Mia nonna Sara, sua moglie, che gli sopravvisse a lungo, riusciva invece a tenere a bada le ombre ma era spesso assalita da deliri di rovina economica che, pur non avendo alcuna evidenza empirica, le funestavano le giornate. Si immaginava sul lastrico. Rivedo nitidi i suoi occhi neri e fondi spalancati su un tunnel di indigenza, mentre mia madre, refrattaria a indugiare sui gorghi dell’animo, la rimproverava ‘è: “Su, Mami! Hop! Non hai alcun motivo di angosciarti”, liquidando così mostri e fantasmi. Mio padre se n’è andato troppo presto. Penso spesso che non volesse invecchiare. Forse temeva di inoltrarsi troppo in quel labirinto che in inverno si fa più insidioso. Lo dicono tutti, quindi sarà vero: gli anni smussano o acuiscono i nostri spigoli, amplificano le nostre ossessioni, possono addolcirci ma anche inasprirci, difficilmente ci migliorano, mai trascorrono invano. C’è chi ripete cose già dette per paura di restare inascoltato, chi è assalito dalla paura dei germi e per questo pulisce fino allo sfinimento, chi diventa ipocondriaco, chi devotissimo, chi elargisce compulsivamente perle di saggezza, chi fa scorte perché non si sa mai, chi si puntella la giornata con gesti reiterati, chi non viaggia più, chi si annoia e chi invece si mette al centro e fa mille cose per recuperare il tempo perduto o trarre il meglio da quello che rimane. Ognuno di noi ha la sua personale evoluzione o involuzione o regressione. Ognuno di noi indugia nel dedalo del proprio labirinto. Succede sempre, sin da piccoli, ma invecchiando di più. L’età ci prende per mano spingendoci su traiettorie impervie ma non imprevedibili: di quello che diventeremo domani c’è già sentore oggi. Da qualche tempo ho dei tetri presagi: intuisco ossessioni, derive, guizzi, inquietudini e bagliori della me stessa di domani. Ho ereditato da mia nonna una certa ansia economica: E se oggi mi limito a preconizzare l’incerto futuro, domani piangerò sulle aspettative decrescenti, se non derelitte, di nipoti e pronipoti. Ho una propensione all’archiviazione di libri, documenti, testi e foglietti secondo un ordine personale e incomprensibile ai più. Mi immagino vetusta, circondata da montagne di carte intoccabili, di cui io sola conosco l’armonia. Ho fissazioni innocue oggi ma micidiali se lasciate libere di fiorire: la corretta dizione italiana, l’uso del congiuntivo, i biscotti secchi a colazione, le centrifughe di frutta, l’attività fisica, l’ascolto di audiolibri in macchina e in cucina, le canzoni demenziali e vintage, la crema idratante, spiare le vite altrui su Facebook. Se tutto questo un giorno imboccasse la gloriosa traiettoria dell’iperbole, diventerei molesta e infrequentabile. Esiste una forma di prevenzione? La consapevolezza della propria potenziale deriva metto al riparo dl baratro? Lo ignoro. Nel dubbio andrò ad ascoltarmi un audiolibro in cucina, dopo essermi messa un bello strato di crema (pronuncia: Krèma) idratante.
Claudia de Lillo – Opinioni – Donna di La Repubblica – 1 luglio 2017-

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