Su, coraggio arriva la
ripresa
Molti segnali dicono
che la crescita dell’economia nei prossimi mesi potrebbe essere superiore a
quanto previsto. Senza bisogno di troppi sussidi. E’ l’unico modo per risolvere
i nostri problemi, innanzitutto quello del debito pubblico
La ripresa economica del 2014 potrebbe essere anche più forte
dello striminzito 0,5% fin qui ipotizzato. Lo indicano diversi segnali. La
produzione industriale, che era salita dello 0,9% nel quarto trimestre del 2013
rispetto al trimestre precedente, potrebbe essere cresciuta dello 0,7% nel
primo trimestre di quest’anno. Se questo ritmo si mantenesse per tutto l’anno,
la crescita della produzione industriale potrebbe essere di oltre il 2,5% nel
2014. Nn recupereremmo le perdite del passato, ma potremmo avere una crescita
reale del Pil anche superiore all’1%. L’indice di fiducia delle famiglie
italiane ha mostrato un balzo di 4 punti percentuali nel marzo di quest’anno e
anche le imprese hanno segnato un marcato recupero della fiducia nel corso
degli ultimi mesi (cinque rialzi mensili consecutivi.
La Ripresa E’ Stata Favorita sin dalle misure del precedente
governo, sia dalle prospettive aperte dal nuovo governo, sia da fattori
intrinseci all’economia. Il governo Letta/Saccomanni ha avviato una consistente
tranche di pagamento dei debiti della PA e questo ha rimesso in circolo la
moneta necessaria a far ripartire l’economia. Il governo Renzi/Padoan ha
annunciato il pagamento di tutti i debiti residui della PA e una riduzione di
tasse sulle famiglie più povere e sulle imprese. E questo ha favorito il
recupero di fiducia che è essenziale per
consolidare i primi segnali di ripresa. Inoltre l’economia ha trovato al suo
interno elementi di crescita: la domanda estera continua a crescere, il ciclo
delle scorte ha terminato la sua fase discendente e si è invertito.,
l’obsolescenza dei macchinari ha spinto a qualche rinnovo degli impianti.
Soprattutto, molte delle imprese italiane hanno saputo fare un salto di qualità
abbandonando produzioni di basso valore unitario e collocandosi su segmenti di
produzioni a valore più elevato. Si sono così poste a maggior riparo dalla
concorrenza estera e possono assorbire costi di produzione più elevati rispetto
a quelli bassi dei paesi emergenti. Non bisogna meravigliarsi che l’economia
riprenda anche in assenza di riforme strutturali e di politiche forti di
sostegno. I sistemi economici sani si riprendono. I sistemi economici sani si
riprendono da soli dopo una lunga recessione.
Un’economia vitale come quella italiana non ha bisogno di
sussidi e di aiuti, ma di un quadro di maggiori certezze per il futuro e di un
clima più disteso. Le tanto auspicate riforme non devono essere concepite e
percepite come vendette per punire questo o quel settore: pubblici dipendenti
fannulloni, manager super pagati, intere categorie classificate come evasori
fiscali, pensionati d’oro o d’argento, imprenditori incapaci e sindacati che
dicono sempre no. Le riforme devono essere varate per semplificare la vita dei
cittadini e delle imprese e per migliorare e aumentare i necessari servizi
collettivi. Solo così tornerà una reale fiducia nel futuro e ciascuno potrà
fare la sua parte per far crescere il paese.
E La Crescita Del Paese è la vera via per la soluzione di
molti dei nostri problemi . Non ci potrà essere un riassorbimento della
disoccupazione senza una crescita continua, così come non ci potrà essere una
reale riduzione del debito pubblico senza crescita. Tagliare il debito pubblico
non favorisce la crescita, come qualcuno inopinatamente sostiene. Invece,
alzare il tasso di crescita dell’economia riduce il peso del debito pubblico.
Basti pensare che una crescita dell’1% in valore del Pil equivale a una
riduzione di oltre 20 miliardi del debito pubblico, inteso come peso del debito
sul Pil, a condizione che il bilancio pubblico resti sostanzialmente in equilibrio. Poiché la crescita del Pil in
valore è la somma di una crescita reale più l’inflazione, basterebbe una
crescita reale dell’1,5% l’anno accompagnata da un’analoga crescita
dell’inflazione per conseguire una crescita annua del 3% del Pil in valore e,
quindi, una riduzione di oltre 60 miliardi l’anno del debito pubblico, come
richiesto dal fiscal compact e come orami scritto nella nostra Costituzione. Di
questo ha parlato anche il Governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco in
occasione di un seminario sui 100 anni dalla nascita di Guido Carli, e vale la
pena dargli retta.
Innocenzo Cipolletta – L’Espresso – 10 Aprile 2014
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