Pazientare voce del
verbo sperare
L’impegno quotidiano
del camminare richiede resistenza, perseveranza, spirito di adattamento e,
soprattutto, tanta pazienza.
Ma non si tratta di una
pazienza inerte, passiva, attendista
La virtù della pazienza non riscuote molte simpatie nella
società contemporanea. In un contesto sociale, culturale ed economico che
esalta le doti dell’operatività, della rapidità di scelta, della pro-attività,
la pazienza è spesso confusa con l’inerzia, con la rassegnazione con la
rinuncia a mettersi in gioco e a darsi da fare per il raggiungimento dei propri
obiettivi.
Tra i giovani, poi, la capacità di attendere e pazientare
appare come un’opzione ancor più impopolare. Agli occhi di una generazione
abituata ad avere tutto e subito, che ha fretta di vivere e che non ama
aspettare il proprio turno restando in coda, quella della pazienza rischia di
risultare una strategia perdente, rinunciataria, improduttiva, soprattutto
perché si fa fatica a riconoscerne l’efficacia in funzione della
concretizzazione delle proprie attese e della realizzazione delle proprie
aspirazioni. La tentazione di bruciare le tappe e di consumare tutte le
esperienze in una breve e sfolgorante stagione di vita è forte e attraente, mentre
l’attesa vigile e fiduciosa appare come un’inutile perdita di tempo.
Anche quando si intraprende una nuova esperienza, un nuovo
impegno lavorativo, una nuova relazione, si ha subito l’occhio puntato al
traguardo finale, si è impazienti di cogliere i frutti dell’investimento di
tempo, energie e sentimenti riversati in quell’impresa, non si è disposti ad
aspettare troppo a lungo l’appagamento del proprio desiderio di realizzazione.
Dall’entusiasmo e dall’eccitazione iniziali, frutto della novità e del senso di
sorpresa che l’accompagna, si passa senza soluzione di continuità alla ricerca
di una gratificazione immediata, alla pretesa di veder
istantaneamente
soddisfatte le proprie aspettative di
successo, dimenticando che il seme per poter germogliare ha bisogno di tempo e
cura costante.
Si cerca la strada più breve, il percorso più diretto, la
scorciatoia più vantaggiosa. Ma se è vero che il senso di ogni viaggio,
compreso quello della vita, sta nel cammino compiuto e non nella meta, l’ansia
di giungere a destinazione può portare a trascurare tutto quel che separa la
partenza dall’arrivo: la bellezza del paesaggio, la varietà degli itinerari
possibili, l’attesa trepidante che accompagna ogni passo, gli incontri e le
relazioni intessute durante il tragitto. Certo, l’impegno quotidiano del
camminare richiede resistenza, perseveranza, spirito di adattamento e,
soprattutto, tanta pazienza. Ma non si tratta di una pazienza inerte, passiva,
attendista. La pazienza del viaggiatore è, piuttosto, una pazienza operosa,
vigile, attenta a non lasciarsi sfuggire i dettagli del percorso, pur senza
perdere di vista la meta finale.
E’ lo stesso tipo di pazienza che caratterizza il lavoro
faticoso, ma non per questo meno gratificante, del carpentiere che, giorno dopo
giorno, lavora silenziosamente alla costruzione di un imponente edificio. Per
portare a termine nel migliore dei modi il progetto che gli è stato affidato,
deve scegliere con cura i materiali più adatti, vagliandone la duttilità e la
robustezza; deve impiegare tutta la sua perizia nella posa delle fondamenta;
con gli strumenti a sua disposizione deve piallare, smussare e levigare con
solerzia ogni singola trave; di tanto in tanto, deve saggiare la stabilità di
quanto va costruendo e, se non è soddisfatto del lavoro compiuto, deve essere
disposto a ricominciare da capo.
Proprio come il carpentiere, anche per ciascuno di noi la
fretta è cattiva consigliera. Al contrario, la pazienza, come arte di dosare i
tempi e di saper aspettare che il progetto iniziale prenda forma e si trasformi
gradualmente in realtà, è generatrice di esperienza, laboratorio di maturità,
volano di una speranza che sappia fare dell’attesa non già un tempo morto,
bensì un incubatore fecondo di crescita e laboriosità.
Alessandra Mastrodonato – Bollettino Salesiano – Aprile 2014
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