Per la rivoluzione
aspettiamo il voto
Matteo ha mandato a
casa i vecchi boiardi e nominato nuovi manager , ma ha dovuto ancora fare i
conti con molti vincoli e appetiti. E il cambio di passo?
Forse lo vedremo dopo
le elezioni. Ma solo quando si saprà chi vince tra Grillo, Renzi e l’ex Caimano
Ma insomma, questo Renzi sta facendo la rivoluzione o no? Sta
aprendo la strada a una Terza Repubblica o la sua è solo un’altra puntata di
una storia già vissuta? Per
Tentare una risposta, occorre partire dalla fine, cioè dalle
nomine di metà aprile che hanno interessato la top four delle aziende
pubbliche, cioè dal tentativo di dare una spallata all’ordine costituito. E
consolidato.
Nella sostanza, la presa di potere continua. Lo stile è
quello al quale Matteo ci sta abituando: rapidità, senso della sfida, tentativo
nemmeno troppo mascherato di imporre il colpo di mano, salvo dover rinculare
all’ultimo mollando qua e là. Tutto in pochi giorni e sul filo di lana,
incontri semiclandestini di prima mattina, decisioni in serata. Alla fine,
Renzi è riuscito a scardinare alcune vecchie regole del gioco, ma non a imporre
del tutto le sue: ancora troppi vincoli, resistenze, equilibri di cui dover
tenere conto.
Di certo, ed è quasi una rivoluzione, si è chiusa la lunga
stagione dei boiardi di Stato, dei manager pescati per cooperazione nel giro
ristretto delle conventicole, delle eterne lobby di potere, in quella zona
grigia nella quale si confondono ambiguamente politica e affari. A fatica, ma
con decisione, Renzi ha mandato a casa i nominati col metodo Letta senior e
scelto manager capaci di cui si fida: in qualche caso ha rinnovato, in altri si
è affidato a una partita di giro, in altri ancora ha scelto di cambiare nella
continuità ma stando ben attento a spartire equamente il pacchetto di nomine
tra i grandi azionisti del suo governo.
Poi Però ha Imbottito i consigli d’amministrazione di
amici e di amici degli amici confermando che non si può ancora ragionare solo
in termini di merito e professionalità. Le presidenze rosa, tanto cariche di
simboli quanto vuote di potere reale (e non il meglio che offra l’altra metà
del cielo), volevano essere e sono la classica ciliegina sulla torta. Come le
donne a capo delle liste del Pd per le Europee. Due mesi fa “L’Espresso”
(n.9)aveva sfidato Renzi con un paradosso, andare a cercare i nuovi capoazienda
all’estero, cioè spezzare il circolo vizioso dei manager mai rottamati, dai
nomi scritti su un pizzino da partiti e correnti, dei sacerdoti della vecchia
nomenclatura. E invece è rimasto a casa, molto dalle parti di Firenze, evitando
gesti clamorosi; comunque, al pensiero di ciò che abbiamo scampato, la
sufficienza se l’è meritata, forse anche qualcosa di più. E però dovrebbe
chiedersi come mai non sia riuscito ad affondare il piede sull’acceleratore, se
non altro, in vista di battaglie future dentro la pubblica amministrazione e
non solo.
In Ogni Caso L’Agenda è rispettata, il lavoro prosegue.
Del resto le elezioni sono vicine e anche se Renzi non si candiderà, il risultato
suonerà come primo voto a lui e al suo governo, destinato a condizionare il
quadro successivo. Forza Italia si sfalda miseramente e i topi abbandonano la
nave. Il Caimano non è più quello di una volta e morde con fatica. Per assurdo,
perfino la blanda decisione del tribunale sull’affidamento ai servizi sociali
ha contribuito a levargli di dosso la patina di leader perseguitato dalle toghe
rosse, scaricandone così la vena polemica da vent’anni condimento delle sue
campagne elettorali e della sua propaganda.
In fondo il destino di B. era segnato da tempo, dalla
politica e non dalla Cassazione; ma ora le cose potrebbero evolvere perfino
oltre i disegni del segretario premier, addirittura in direzione di un diverso
quadro politico. Perfino paradossale. Il metodo Renzi ha contribuito a
disinnescare Berlusconi, ma questo sta provocando lo sfaldamento di un mondo,
non la nascita di una nuova destra moderna e competitiva. Che faranno i
delusi del Cav? Guarderanno a Renzi,
torneranno nel mondo parallelo dell’astensione, o emigreranno verso Grillo? E
dovremo abituarci al nuovo bipolarismo Matteo-Beppe? Chi studia sondaggi e
flussi elettorali ostenta prudenza, ma sospetta che la vera rivoluzione, più
che nelle aziende pubbliche, la vedremo nell’esercito della politica.
twitter@bmanfellotto
Bruno Manfellotto – L’Espresso – 24 Aprile 2014
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