La follia non va
ridotta a malattia della mente: è comune ai sogni, all’amore, alle paure. Per
questo la fede è molto più di un abbaglio, è una autentica risposta.
In una risposta a un lettore che le poneva la questione sull’esistenza
di Dio, lei rispondeva che prima di chiedersi se davvero esiste o meno un
Essere supremo bisognerebbe domandarsi se credere nella sua esistenza possa
essere di aiuto o meno alla vita, sempre esposta alla precarietà, afflitta dal
dolore, terrorizzata dalla morte.
Dunque non è il bisogno metafisico o la percezione della
propria natura trascendente a creare la fede in Dio, ma sono gli aspetti
tragici dell’esistenza, che inducono facilmente alla follia. Perciò umana, che
può nascere e vivere Dio, dalle paure più basse, dalla vigliaccheria e dalla
paranoia che ci abitano. Tutti impulsi irrazionali utilizzati per strategie
politiche fondate sull’ignoranza e sulle paure ataviche della gente, al fine di
governare, gestire e sfruttare più facilmente le popolazioni, onde garantire la
convivenza civile di grossi branchi di animali cattivi, egoisti, impauriti,
presuntuosi e creduloni chiamati “uomini”,.
C’è poco da andarne fieri: Dio non è altro che il simbolo di
tutto ciò che riesce a far sopravvivere l’uomo alla propria follia, e non
supplisce la ben più grave assenza di una autentica capacità etica nell’uomo.
Ogni volta che in questa rubrica si parla dell’esistenza di
Dio ricevo una quantità di commenti decisamente superiore a quelli che ricevo
quando si parla di giovani, di scuola, di droga e persino di amore e di sesso.
Questo conferma la mia ipotesi che a sostenere la fede in Dio non sono soltanto
le argomentazioni razionali, quanto il bisogno di trovare una risposta ai
problemi esistenziali come la precarietà dell’esistenza, la consolazione del
dolore, la speranza di una giustizia ultraterrena, il terrore della morte e la
ricerca insopprimibile di un senso che giustifichi la nostra esistenza che non
sa vivere al di fuori di un orizzonte di senso. Per questo, nella risposta al
lettore che chiedeva se Dio esiste o no, rispondevo che forse era più utile
chiedersi se la fede nella sua esistenza è di aiuto o non è di aiuto alla vita,
che resta comunque il più drammatico dei problemi.
Lei dice che i problemi esistenziali che qui ho sommariamente
elencate, sono così drammatici da indurre facilmente alla follia. E perciò
conclude che “solo nella follia umana, può nascere e vivere Dio”. E allora? Le
sembra, poco, se troviamo una risposta alla follia che ci abita?
Sottostante all’umana ragione, a proposito della quale Kart
diceva che è “un’isola piccolissima nell’oceano dell’irrazionale”, noi tutti
siamo abitati dalla follia. Questa fa la sua comparsa ogni notte nei sogni,
dove con lo spegnersi della vigilanza della coscienza si apre uno scenario dove
non funziona il principio di non contraddizione, per cui io sono ad un tempo adulto
e bambino, talvolta maschio e femmina, spettatore e ad un tempo attore del
sogno; dove non funziona il principio di causalità, per cui talvolta è
l’effetti a produrre la causa; dove saltano le coordinate spaziali e temporali,
per cui un sogno incomincia a New York e finisce nell’Impero romano. Ma di
follia, come dice Platone, si nutre anche l’amore, quando il senso del mondo e
della vita si concentra nelle risposte dell’amata o dell’amato. O discorsi che
gli amanti fanno tra loro, presi alla lettera, poco si discostano dai deliri.
Non parliamo della malattia e del dolore che spesso chiudono le prospettive
dell’esistenza, e della morte che getta nell’oblio e nell’insignificanza
aggrappati per poter vivere.
Non circoscriviamo la follia nella “malattia mentale”: la
follia è la nostra compagna di vita, che l’uomo (privo com’è di istinti che
garantiscono e rassicurano la vita monotona e ripetitiva degli animali, che per
questo non hanno inventato nessun Dio) fin dalla notte dei tempi che ha cercato
di arginare, inventando miti, riti, religioni, e poi la ragione, la scienza e
le leggi a tutela della vita individuale e collettiva. E allora, se per alcuni
Dio è l’unica risposta alla follia costitutiva della condizione umana, che in
molte situazioni della vita non trova giustificazioni nelle argomentazioni
della ragione (quell’isola piccolissima nell’oceano dell’irrazionale”), non
vedo proprio perché si debba confutare, contrastare, o addirittura deridere o
guardare con sufficienza chi cerca nella fede in Dio risposte o domande che
vanno al di là dell’umana ragione.
Che poi ci sia chi, di fronte a questa insopprimibile
richiesta umana, fondi i presupposti del suo potere, anche questo fa parte
dell’umana follia nella sua forma deviata. Ma stia certo che chi percorre
questa via non crede davvero in Dio. umbertogalimberti@repubblica.it
– Venerdì di Repubblica- 19-aprile-2014
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