Se I Destini Delle
Amministrazioni
Locali fossero dipesi dalle fortune dei loro sindaci, fausta
sarebbe stata la loro storia nel corso del ventennio! Sindaci sono stati i
Veltroni e i Rutelli, sindaci “grandi capi” del centro-sinistra come Bassolino
una volta e ora Fassino. E i padri Comuni hanno continuato a subire ogni
possibile tormento. I loro succitati sindaci tutti, chi più o meno, nati folicamente
al centro del Regno e fortissimamente centripeti. Cambierà la musica col
sindaco Renzi? Andranno finalmente al potere non solo qualche sindaco, ma anche
le città? Arduo anche sperarlo, ma precisi banchi di prova sono indicabili.
Prescindiamo pure dalla riforma del Senato. Inutile spendere parole sulla
conclamata necessitò di superare l’attuale forma di bicameralismo, come sul
carattere improvvisato del testo in discussione. Ma l’idea-guida di un Senato
delle Autonomie, con poteri chiaramente circoscritti e in nessun caso di veto,
rimane sacrosanta. L’alternativa è un
Senato concepito tutto come alta autorità morale. Qualsiasi via di mezzo
sarebbe puro pasticcio. Certo, una
riforma del Senato di stampo renziano al di fuori di un complessivo
riordinamento in senso federalistico del nostro Stato ha poco senso sia culturale
che politico. Ma tant’è, almeno il varco è aperto. Non è comunque su questo
punto che si misurerà la volontà concreta del sindaco Renzi di portare le città
al potere. Qualche modesto suggerimento a questo proposito.
Primo : che il giovane premier cancelli
l’inaudito casino combinato dai suoi predecessori in materia di tassazione
sulla casa e ritorni allo spirito e alla logica dell’imposta comunale sugli
immobili (Ici), e cioè all’imposta sugli immobili come prioritaria fonte di finanziamento per i Comuni,
per la quale essi sono in toto responsabili di fronte ai loro cittadini.
Riforma quintessenzialmente federistica!
Secondo: che si provveda attraverso una
legislazione coerente e semplice a favorire processi di liberalizzazione e a
smantellare il sistema para-politico della miriade di partecipate, pseudo
società per azioni.
Terzo: si proceda, nella logica da decenni
invocata della semplificazione e riduzione dell’alluvione legislativa, a
testi-unici sulle materie che soffocano l’attività dei Comuni: i lavori
pubblici in primis.
Infine, che il sindaco d’Italia non si affatichi con
ingegnerie istituzionali ormai vuotissime e destinate, temo, a moltiplicare
enti e sotto-enti; elimini le Provincie, se lo potrà, ma ponti locali e Regioni
con opportuni provvedimenti ad accedere finalmente a una logica di cooperazione
nella fornitura dei servizi essenziali. Non conta l’istituzione, conta la
governante comune, fondata su una chiara logica contrattualistica. Credo che
riforme in questi campi costituirebbero fatti molto più concreti di quella del
Senato. Non hanno bisogno di riforma costituzionale alcuna. Ma di tanta volontà
politica e intelligenza tecnico-amministrativa.
Massimo Cacciari – L’Espresso 10 Aprile 2014 -
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