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La caccia al vecchio
Dopo decenni di
gerontocrazia siamo passati all’estremo opposto.
Così gli anziani sono
diventati vittime di un furore senza pietà. E di autentiche discriminazioni.
Mentre in altri paesi si fa tutto l’opposto.
C’erano un tempo la destra e la sinistra, sempre in baruffa
come cani e gatti. Adesso quella contrapposizione non va più di moda: in
politica, lo scontro si consuma ormai fra vecchio e nuovo. E ovviamente il
nuovo è cool, è giovane per definizione. L’aria che tira è questa: addosso agli
anziani. Discriminati, cacciati, rottamati in ogni ufficio pubblico o privato.
E chissenefrega se l’anagrafe non costituisce un merito, né più né meno del
colore degli occhi, o della statura che il Padreterno ci ha donato in sorte.
Chissenegrega del passato, delle sue lezioni. “Giovinezza, primavera di
bellezza” : era l’inno del fascismo, ma oggi trionferebbe pure a Sanremo.
In Quest’Astio Verso i capelli bianchi si riflette senza dubbio
una reazione (comprensibile, anzi sacrosanta) contro la gerontocrazia che ci ha
dominato negli ultimi vent’anni. Politici immarcescibili: durante la seconda
Repubblica sono cambiate vorticosamente le sigle dei partiti, mai le facce dei
signori di partito. Classi dirigenti immobili, nella burocrazia, nelle banche,
all’università, nel mondo delle imprese. Promozioni per anzianità, anziché per
merito. Favori di legge agli ultrasessantenni, dalla pensione sociale
all’assegnamento degli alloggi nell’edilizia pubblica, dalle detrazioni fiscali
alle tariffe agevolate in treno o sulla bolletta del gas (grazie a due delibere
delle authority: 237 e 314 del 2000).
E ora? Dalla carezza alla monnezza. Ma noi italiani siano
fatti così: detestiamo le mezze misure. Da qui l’idea della (giovane) ministra
Marianna Madia: staffetta generazionale nella pubblica amministrazione. Tre
dirigenti in pensione anticipata, un giovane funzionario assunto. Anche se
magari quei tre sono pure bravi, il nuovo non si sa. Anche a costo di passare
dagli esodati agli staffettati. Da qui, già in precedenza, un decreto del
governo Letta: nel giugno 2013 decise incentivi per l’assunzione a tempo
indeterminato dei giovani sotto i trent’anni. E chi di anni ne ha 31? E i
cinquantenni che perdono il lavoro, troppo giovani per andare in pensione,
troppo vecchi per trovarne un altro?
Ma non è solo la politica, a dichiarare guerra agli
attempati. Un’inchiesta della “Stampa” (marzo 2013) ha rivelato il caso degli
annunci di posti di lavoro alla Camera e al Senato, dove quasi sempre viene
indicata un’età massima. Idem in tv, per fare un altro esempio; in Italia come
nel Regno Unito, dove le donne over 50 rappresentano il 7 per cento appena fra
i lavoratori della Bbc. A sua volta la Bocconi (febbraio 2012) attesta che gli
ultraquarantenni sono carne morta, per i selezionatori di risorse umane nelle
aziende: non li considerano. Mentre il Tribunale di Milano (luglio 2010) ha
giustificato la discriminazione anagrafica sancita in un bando d’assunzione per
gli autisti. Chissà perché, dal momento che l’esperienza casomai migliora le
capacità di guida. E chissà perché se un tribunale si ribellerà una volta o
l’altra alle persecuzioni e vessazioni che colpiscono gli ultrasessantenni, per
esempio nell’assistenza sanitaria: uno studio di “eCancer Medical Science”
(novembre 2013) dimostra che non ricevono cure oncologiche adeguate, perché i
trattamenti all’avanguardia sono riservati ai giovani.
C’E’ Una Parolina che denomina questa forma di
discriminazione: “ageism”. Si traduce come “ageismo” oppure “anzianismo”, ma
non a caso la parolina ha un conio americano. Negli Usa l’Employment Act del
1967 protegge chi ha almeno 40 anni; fanno altrettanto il codice dell’Ontario e
la legge sui diritti umani dello Stato di New York, con un lungo elenco di
divieti. Fa lo stesso il Regno Unito, con l’Employment Equality Age Regulations
del 2006. Viceversa in Italia non c’è legge, a eccezione d’un decreto
legislativo del 2003, di cui nessuno (neppure il governo) conosce l’esistenza. Sicché
la caccia è aperta, senza pietà per le anziane prede. Però, attenzione: siamo
stati tutti più giovani in passato.
michele.ainis#uniroma3.it
Michele Ainis – L’Espresso – 30 aprile 2014
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