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giovedì 17 aprile 2014

Lo Sapevate Che: Parole Nel Vuoto....




Deregulation La Vera Riforma

Invece che dalle Province, o dal Senato, Renzi avrebbe fatto meglio a far partire il cambiamento con leggi più semplici e poteri definiti più  chiaramente. Forse le astuzie mediatiche sono necessarie, ma ora serve la forza

Nessuna riforma, nessun risultato ha prodotto coi suoi governi durante il ventennio che abbiamo alle spalle, eppure è indubitabilmente Berlusconi la figura che ha connotato la recente storia del Paese. Non ha saputo modificarne gli ordini e le leggi, se non in peggio, ma certo ha profondamente inciso sulla sua “mente” e sui suoi costumi. Sarà saggio prenderne realisticamente atto, se non si vuol predicare al deserto. I tratti più tipici della retorica berlusconiana, la sua tendenza all’ultra- semplificazione plebiscitaria, la sua fede narcisistica sulle virtù del Capo, l’insofferenza per ogni mediazione o “corpo intermedio” tra sé e il “popolo sovrano”, rappresentano tutti elementi del gioco politico che si sono radicati nel sentire comune. Elementi che sarebbe assai ingenuo derubricare a passeggere patologie, poiché esprimono invece sintomi di una crisi profonda delle forme di “democrazia rappresentativa” che si erano consolidate dopo la Seconda Guerra.
Nulla di Scandaloso perciò se li ritroviamo anche nella retorica e nel comportamento del Leader giovane, per tanti aspetti antropologicamente lontanissimo dal Cavaliere . Qualsiasi leadership è costretta, cosciente o meno, a seguire pulsioni e desideri del popolo che pretende di governare. E il nostro esige oggi cambiamenti radicali, decisioni rapide, protagonisti nuovi. Avvisare i naviganti che la fretta potrebbe rivelarsi cattiva consigliera, che riforme istituzionali non dovrebbero farsi sulla base di occasionali compromessi tra forze del tutto eterogenee, conta, a questo punto, assai poco. Navigare necesse. Arriverà la navicula in porto?
Non che le prime manovre, al netto di perdonabili sbruffonerie, appaiono del tutto incoraggianti. E, di nuovo, non mi riferisco a quegli aspetti dell’azione di Renzi che ne denunciano l’appartenenza, come anagraficamente inevitabile che sia, all’ethos politico di questo ventennio. Mi riferisco al metodo che egli ha tracciato per perseguire il suo disegno riformatore. Perché iniziare dall’”universale”? Perché “spettacolarizzare l’iniziativa intorno a problemi sui quali non sembra proprio che un Parlamento come questo, anche a prescindere dalla sentenza della Consulta, abbia l’autorevolezza necessaria per decidere? De-legiferare nei settori che bloccano le amministrazioni locali (assetto delle Partecipate, appalti nei lavori pubblici, conflitto di competenze) non sarebbe risultato anche più economico della semi-abolizione delle Province? E senza ridefinizione del ruolo di quei catafalchi che sono le Regioni, ha una pallida idea il nostro giovane leader dei conflitti che si produrranno tra Città metropolitane, nuove Province e, appunto, Regioni?
Infinitamente più economico, anche a questo proposito, promuovere meccanismi di governante leggera, su base contrattuale, in attesa di riforme sistematiche, di cui sembra non esservi ancora la più pallida idea (quale forma di Governo si ipotizza? E che senso ha riformare il Parlamento senza rispondere contestualmente a questa domanda?).Pare davvero sulla spending review e, conseguentemente, su una riduzione significativa del cuneo fiscale, non sarebbe stato più prudente e, a un tempo, forse più rivoluzionario che partorire con i Berlusconi e i Verdini una riforma del Senato (anch’essa esigenza, in sé, sacrosanta, sia chiaro) ? Basterebbe applicare sistematicamente costi-standard a tutti i servizi erogati dal pubblico, a partire dalla sanità…
Ma Assai Poco nella storia può essere perseguito con metodo e ragionevolezza. Il nostro sistema è così corrotto, così paralizzato intorno all’asse dei suoi corporativismi, delle sue rendite, della sua inefficiente burocrazia, delle sue intollerabili disuguaglianze, che le antiche leggi non basteranno più a frenarne il disfacimento. E’ necessaria perciò “maggior forza, la quale è una mano regia” (Macchiavelli, Discorsi 1,55). Sarà “regia”, e cioè capace di reggere, di governare, di scavare e decidere con metodo, la mano di Renzi? Finora ha dimostrato d’essere volpe; non sarà virtù sufficiente già da domani.
Massimo Cacciari – L’Espresso 17 marzo 2014

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