Lettera aperta
A un poliziotto
bugiardo
Hai calpestato una
ragazza caduta a terra. E hai dichiarato di essere “inciampato”.
Perché hai mentito? Non
sarebbe stato meglio ammettere l’errore e chiedere scusa? Devi capire che le
istituzioni sono credibili solo se dicono la verità
Dalle immagini diffuse sulla manifestazione di sabato 12
aprile a Roma, molti hanno pensato che tu fossi un dirigente di Polizia. Non
indossavi l’uniforme ma un giubbino di pelle marrone scuro e pantaloni chiari.
Eri in borghese. Se non fosse stato per il casco azzurro e il manganello,
sarebbe stato impossibile riconoscerti come poliziotto. Avevi quindi in strda –
è molto probabile sia così – un ruolo di responsabilità. Sei salito sulla
pancia di una ragazza. Una ragazza che era a terra. Ci sei salito sopra quasi a
volerne testare la consistenza. I colleghi che erano in strada con te (e quelli
a casa) ti hanno riconosciuto, prima o poi sarebbe uscito il tuo nome, ma ti
sei autodenunciato. Gesto corretto, eppure secondo quanto riportano le agenzie,
avresti detto di essere inciampato. Inciampato? Perché mentire in questo modo?tto. Hai
abbassato la visiera, eri fermo, poi hai proceduto salendo sul suo corpo. Non
eri di corsa, non c’era concitazione. E’ stato un gesto gratuito. Provo a
immaginare i pensieri che lo hanno accompagnato. Provo a immaginare cosa hai
pensato d’istinto. Cosa sarà mai? Dopo aver ricevuto bombe carta, bottiglie
incendiarie, sampietrini spesso grandi quanto il cranio di un uomo, dopo aver
visto costruire barricate con oggetti divelti in strada….cosa sarà mai una
pedata? Questo ti sarai detto. O forse no, ma è quello che ripete chi ha
cercato di difendere il tuo intento. E’ quello che ripete, incredibilmente, il
segretario generale del sindacato di polizia, il Siulp. Non funziona così. La
violenza non è una questione sindacale. In piazza possono esserci persone
violente – lo sappiamo benissimo – qualcuno per motivi politici, moltissimi
ultras, la tensione è un frullatore. Sfasciare tutto sembra l’unica risposta
quando ci si sente marginali e impotenti, quando non si hanno o non si riescono
a trovare risorse e a scorgere prospettive.
Il problema è che tu appartieni alle forze dell’ordine e
probabilmente sei un dirigente. Dovresti aver studiato cosa significa la
violenza, come si manifesta e dovresti saper riconoscere un pericolo reale da
uno inesistente.
Non solo, dovresti sapere che le frange estremiste è proprio
attraverso gesti come il tuo che ottengono il consenso dei manifestanti
non-violenti, è prorpio in conseguenza di gesti come il tuo che i manifestanti
pacifici cominciano a considerare barricate e sassaiole come espedienti
fondamentali per proteggersi.
Per Questo Ti Chiedo: come hai potuto? Hai provato
disagio o vergogna per quello che hai fatto? Ti sei sentito ridicolo e senza
onore? Una donna a terra…che ingiustificabile vendetta la tua. Speravi di non
essere notato? Credevi che telecamere e cellulari non ti stessero inquadrando?
Che l’attenzione fosse su altro?
Questa mia lettera probabilmente rimarrà senza risposta, o
forse mi risponderanno altri e non tu. Da una parte mi diranno che con queste
parole delegittimo le forze dell’ordine, dall’altra che vivo con gli sbirri e
ormai sono uno sbirro. Non ti nascondo che sarei davvero interessato ad ascoltare
la tua di versione. La versione di un uomo che forse si è pentito. In un paese
che odia, la violenza genera solo altra violenza. Vendetta e repressione
distruggono la forza. Vendetta genera vendetta. Non se ne esce e una democrazia
è tale solo se non è tortura, se conosce la violenza per evitarla. So che ci
sono situazioni in cui è difficilissimo mantenere la calma, ed è proprio in
quei frangenti che la calma deve essere
l’unica strada possibile Vivo da otto anni tra carabinieri. Molti degli uomini che
mi scortano hanno fatto nella loro vita servizio di ordine pubblico. Anni fa
uno di loro mi aveva raccontato dei “gavettoni di piscio” che gli avevano
gettato addosso. Altri mi hanno raccontato di alluci rotti quando un
sampietrino cade rimbalzando sullo scudo. Sputi, petardi, bombe carta che ti
stordiscono, aggressioni continue durante le partite di calcio. E poi le
manifestazioni, dove si sentivano spesso scuso, e quindi bersaglio di poteri
istituzionali che dovevano difendere ma di cui non condividevano nulla. Il tuo
ruolo era disinnescare l’odio, smontare il parafascismo che talvolta serpeggia
nei reparti mobili, non alimentarlo.
Mi sono allenato a lungo nelle palestre dove probabilmente i
tuoi colleghi o tu stesso ti sarai allenato. Ho condiviso ore con loro, ho
imparato il loro modo di agire e di pensare. Ci siamo scontrati per le nostre
idee e a volte persino riconosciuti. Anche in quei luoghi il tuo gesto è visto
con profondo disprezzo, credo tu lo sappia. Magari, pubblicamente cercheranno
di difenderlo, ma calpestare una ragazza a terra non può essere onorevole nel
tuo codice di valori. Del resto non credo esista un codice di valori in cui
questo gesto sia ritenuto onorevole. Ecco perché ti chiedo, piuttosto che
mentire dicendo che sei inciampato, magari per sperare in un’assoluzione al
processo che ti aspetta, spiegati.
Credo Sia Utile Per
Tutti sapere che
cosa si agita nella testa di un dirigente di polizia che in strafa compie un
gesto tanto assurdo. Che le tue parole, che le tue spiegazioni, che le tue
scuse prendano il posto delle solite frasi che in queste circostanze saturano
l’aria. Non siamo abituati a sbirri che si pentono, a poliziotti che chiedono
scusa, che comprendono che il loro dovere, la loro missione è un’altra. E’
lungo l’elenco delle persone che mi scrivono quando ragiono e non semplicemente
tifo: “difendi gli infami”, mi dicono, “difendi chi picchiava gli operai
durante il biennio rosso, polizia e carabinieri erano col fascismo, torturano
innocenti e baciano i piedi ai potenti”. E poi, c’è l’altra parte che invece
ricorda il sacrificio delle scorte dei giudici, i poliziotti uccisi dai
terroristi rossi, chi per mille euro rischia la vita. Le due fazioni
contrapposte: da una parte Acab (All cops are bastards), e dall’altra chi sta sempre
e comunque con i poliziotti anche quando sbagliano. In realtà è tutto più
complesso di così perché le istituzioni sono organismi vivi e non possono
essere valutati come monoliti. Vivono, mutano, cambiano con le persone che ne
fanno parte. Anni fa, il capo della Polizia Antonio Manganelli aveva iniziato
un percorso raro: chiedeva scusa dinanzi a crimini commessi da poliziotti o in
caso di errori. Che la polizia chieda scusa non deve risultare scontato o
banale: la fragilità delle istituzioni quando sbagliano può diventare la loro
forza e solidità quando rimediano. Chi è nel mondo sbaglia. E’ naturale. Il
Capo della polizia, Alessandro Pansa, dandoti del cretino ha creato separazione
tra un comportamento e il corpo. Importante. Ora però mi rivolgo a te. Ti
chiedo, perché non chiedere scusa, perché mentire parlando di inciampo?
Sai di far parte di un corpo che tredici anni fa si è reso
protagonista della vicenda più oscena e vergognosa della recente storia
democratica italiana: i crimini di Bolzaneto e della Diaz sono stati il frutto
di una furia cieca che a quanto pare sembra non aver insegnato nulla. A te e
agli altri appartenenti alle forze dell’ordine spetta ogni giorno dimostrare
che Genova è realmente il passato e non una infamia destinata a ripetersi in
eterno.
Roberto Saviano – L’Espresso – 30 aprile 2014 -
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