Scendono in piazza i
caduti di Lepanto
Molte le categorie
toccate dai tagli del governo. Ma cardatori, vittime della Grande Peste e
figuranti di musical sono decisi a difendere i loro diritti. Mentre gli esperti
avvertono: basta riforme o tornerà il dominio spagnolo
La Corporazione dei Cardatori e il Sindacato dei Figuranti di
Musical si sono aggiunti all’elenco delle centinaia di associazioni, sindacati,
enti mutualistici e gilde che si oppongono alle riforme del governo Renzi..
Casi Limite Di alcune di queste forme
associative non si conosceva l’esistenza: alcune erano in sonno da decenni,
altre da secoli, per esempio di Circolo dei caduti di Lepanto, i cui eredi
percepiscono ogni anno quasi due euro di risarcimento, detratti dalla bolletta
del gas. Neppure i diretti interessati sapevano di questo beneficio: se ne sono
accorti solo leggendo sui giornali che la detrazione era stata abolita, e si
sono dati appuntamento davanti a Montecitorio, nelle pittoresche divise da
combattimento dei loro avi, per una manifestazione di protesta.
L’Autocritica Il governo ha preso atto che molti
provvedimenti di taglio hanno avuto l’effetto, paradossale e peggiorativo, di
risvegliare lo spirito di corpo di enti e raggruppamenti i cui stessi membri
ignoravano di farne parte. Non si contano gli italiani che, in seguito ai
tagli, hanno scoperto di percepire indennità per la Grande Peste manzoniana; o
di poter godere di un giorno di riposo in occasione della festa patronale del
loro paese di nascita anagrafica; o di avere diritto di prelazione sul prestito
di libri alla Biblioteca Nazionale di Firenze perché discendenti di rilegatori
o tipografi.
La Proiezione Uno Staff di studiosi degli impatti
sociali aveva messo in guardia Renzi: in Italia ogni progetto di riforma, anche
piccola, scatena una reazione così furibonda che l’assetto sociale fa un
significativo passo indietro. “Se Renzi non cambierà atteggiamento e continuerà
a minacciare riforme – spiega il professor Herbert Hugues, dell’Università di
Stanford – entro pochi anni in Italia si tornerà per reazione alla società
seicentesca, con una forte egemonia dei gabellotti, il maggiorascato, le
secondogenite destinate al convento e forti probabilità di un ritorno della
dominazione spagnola. La sola speranza che un premier italiano ha di cambiare
le cose è non fare assolutamente niente, partecipare a cene monelle ambasciate
e tagliare nastri nell’attesa che il mandato, per altro di solito molto breve,
scada presto, e che una serie di fortuite circostanze, del tutto indipendenti
dalla volontà politica, producano qualche mutamento casuale, con una
probabilità su due che si tratti di un mutamento positivo”
Velocità Renzi però non demorde. La sua
strategia è sommare la quantità alla velocità: annunciare ogni giorno una
decina di nuove riforme ha il grande vantaggio di stordire l’opinione pubblica
e rendere impossibile ogni verifica. Alcuni esperti di fact-cheking, incaricati
di verificare quali delle riforme messe in campo da Renzi trovino applicazione,
hanno cambiato lavoro. Molteplici le nuove forme di annuncio escogitate dal
governo per disinnescare ogni possibilità di verifica. Si va dalla riforma
rosario (annunciata ogni dieci minuti da uno speaker, con voce monotona, fino a
diventare un rumore di fondo inavvertito); alla riforma a grappolo, un singolo
fascicolo che, una volta aperto, esplode in centinaia di provvedimenti minori;
alla riforma ad personam, con numerose righe in bianco che ogni cittadino può
compilare a seconda delle proprie esigenze e delle proprie convinzioni.
Massoneria Sempre più insistenti le voci che
Matteo Renzi sia un uomo della massoneria. Secondo alcuni osservatori, però,
queste voci sarebbero messe in giro da massoni come avvertimento ad altri
massoni; o da massoni che, non desiderando che Renzi diventi Massone, bruciano
la sua candidatura; o da massoni che vogliono Renzi tra i massoni e lo mettono
di fronte al fatto compiuto dicendo che è massone. Oppure da un non massone
che, sentendosi escluso dal dibattito, per rendersi interessante dice che Renzi
è massone.
Michele Serra – L’Espresso – 10 aprile 2014
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