L'andamento del vertice di Bruxelles, i provvedimenti presi e immediatamente esecutivi, gli obiettivi di fondo per la costruzione di un nucleo politico di Stato federale europeo, sono stati già ampiamente illustrati. I protagonisti hanno parlato e commentato. I mercati hanno risposto in modo estremamente positivo. Le Borse - specialmente quelle italiane spagnole francesi e Wall Street - hanno segnato i massimi di tutto l'anno; lo "spread" italiano è diminuito di 50 punti-base, il tasso di cambio euro-dollaro è aumentato di 2 punti-base.
Ma sono gli effetti politici e le aspettative gli elementi più importanti del quadro che si è delineato venerdì scorso a Bruxelles, con conseguenze sull'Europa, in Usa e nei Paesi membri dell'Unione. Riassumiamoli per comodità di esposizione.
1. L'asse tra Germania e Francia con l'evidente egemonia tedesca ha ceduto il posto ad una direzione collettiva i cui pilastri di sostegno sono la Germania, la Francia, l'Italia, la Spagna.
2. L'accordo si basa su uno scambio storico che ha come protagonisti la Merkel e Hollande: cessione di sovranità degli Stati membri dell'Unione (per quanto riguarda l'eurozona) e interventi immediati sul rilancio della domanda e sulla messa in sicurezza del sistema bancario, degli "spread" e dei debiti sovrani.
Tre. È un errore sostenere che la Merkel sia stata sconfitta a Bruxelles; la cancelliera ha ottenuto quello che è il destino della Germania: la nascita dell'economia federale dell'eurozona
Ma sono gli effetti politici e le aspettative gli elementi più importanti del quadro che si è delineato venerdì scorso a Bruxelles, con conseguenze sull'Europa, in Usa e nei Paesi membri dell'Unione. Riassumiamoli per comodità di esposizione.
1. L'asse tra Germania e Francia con l'evidente egemonia tedesca ha ceduto il posto ad una direzione collettiva i cui pilastri di sostegno sono la Germania, la Francia, l'Italia, la Spagna.
2. L'accordo si basa su uno scambio storico che ha come protagonisti la Merkel e Hollande: cessione di sovranità degli Stati membri dell'Unione (per quanto riguarda l'eurozona) e interventi immediati sul rilancio della domanda e sulla messa in sicurezza del sistema bancario, degli "spread" e dei debiti sovrani.
Tre. È un errore sostenere che la Merkel sia stata sconfitta a Bruxelles; la cancelliera ha ottenuto quello che è il destino della Germania: la nascita dell'economia federale dell'eurozona
con i tempi che essa richiede ma con l'adesione della Francia, la più difficile da ottenere. Hollande dal canto suo ha anche lui ottenuto ciò che voleva: porta a casa provvedimenti di crescita e di difesa dell'euro. Cessione di sovranità a medio termine, solidarietà economica in tempo immediato.
4. Mario Monti è stato il protagonista numero uno. Forse il paragone calcistico è irriverente ma di questi tempi aiuta a capire meglio: Hollande - come Cassano - ha fornito gli "assist"; Monti - come Balotelli - ha messo la palla in rete. Non a caso i mercati italiani in Borsa e nelle quotazioni dello "spread" sono stati in testa a tutti gli altri.
5. Ripercussioni molto rilevanti e positive si sono verificate anche in Usa a favore di Obama. Giovedì il presidente aveva incassato una sentenza della Corte suprema che approvava e rendeva esecutiva la riforma sanitaria varata dallo stesso Obama nel 2010, ma che era stata bloccata dai repubblicani. Il giorno dopo il vertice di Bruxelles ha raggiunto risultati che Obama aveva più volte auspicato e che rafforzeranno la ripresa economica americana.
Questa è la sostanza politica di quanto è accaduto. Ad alcuni piacerà molto, ad altri molto meno, sia in Usa sia nell'eurozona sia nell'Unione dei 27 sia nei singoli Paesi. Non piacerà ai repubblicani americani, non piacerà alla Bundesbank, non piacerà all'estrema destra francese. Non dovrebbe dispiacere a Cameron e neppure alla City di Londra ma questo dipende dalla loro maggiore o minore saggezza.
In Italia la situazione è complessa ma ormai chiarissima nelle sue linee essenziali.
* * *
Un articolo sulla prima pagina del "New York Times" di ieri racconta con dovizia di particolari il vertice di Bruxelles concludendo col dire che il vero protagonista, quello che è riuscito a impedire un finale generico e senza risultati come molti prevedevano sarebbe avvenuto, è stato Monti.
È andata esattamente così. Il nostro premier ha portato a casa quanto aveva promesso, non soltanto per far fronte alle necessità impellenti del nostro Paese ma anche per rafforzare l'Europa modificandone il quadro generale e le prospettive di fondo. Sarà molto difficile ora mettere il governo in difficoltà e paralizzarne l'azione. Della debolezza italiana Monti ha fatto una forza: questo è stato il fatto sorprendente che prende ora in contropiede i "berluscones" che puntavano su elezioni anticipate per riportare in proscenio forze e personaggi che ormai ne sono definitivamente e meritatamente usciti.
Resta il tema della recessione, che infuria non solo in Italia ma in tutto il mondo e che richiede un tempo tecnico e appropriate politiche concertate a livello internazionale per esser trainata e poi invertita in ripresa produttiva e occupazionale.
L'alternarsi di crescita e di recessione è il modo d'essere del capitalismo, il famoso calabrone che continua a volare nonostante che il suo peso e la sua velocità farebbero presumere che debba cadere a terra.
Supporre che fosse questo il tema sul tavolo dei 27 e dei 17 Paesi riuniti a Bruxelles l'altro ieri dimostra una dose di ignoranza teorica e politica del problema che può essere comprensibile in chi è del tutto estraneo alla storia economica, ma è stupefacente in chi invece dovrebbe essere esperto di come procedono i cicli congiunturali e come se ne possano correggere gli andamenti, stimolare i risparmi, moderare i debiti, adottare politiche appropriate della spesa pubblica, degli investimenti e dell'occupazione.
La recessione europea e italiana è cominciata un anno fa, non è quindi quella novità di cui la Confindustria si accorge oggi. Purtroppo tenderà a durare e addirittura ad aggravarsi fino al prossimo autunno; poi, se le politiche anticicliche prenderanno corpo in Italia e in Europa, potrà rallentare nell'ultimo trimestre dell'anno e iniziare un'inversione di tendenza ancora tenue ma significativa fin dal primo semestre del 2013.
Nel frattempo bisognava garantire alcuni "fondamentali": il rapporto tra rendimento dei titoli pubblici, consistenza del fabbisogno, deficit e prodotto interno lordo, saldo della spesa corrente, lotta all'evasione fiscale.
Queste sono le condizioni necessarie per render possibile la politica anticiclica e il recupero della produttività e della competitività. E proprio a realizzarle è servita l'azione di Monti e di Hollande al "meeting" di Bruxelles.
Pensare che un percorso così complesso e la logica che lo sorregge attenui la rabbia di chi deve sopportare i sacrifici è illusorio. La rabbia c'è e probabilmente crescerà ancora.
Spetta al governo, alle forze politiche e a tutta la classe dirigente del Paese canalizzarla, spiegarne i passaggi, intervenire e mobilitare risorse aggiuntive per garantire tutela ai più deboli, attuando ora più che mai la politica contro le rendite e gli oligopoli e predisponendo ammortizzatori sociali che accompagnino il Paese soprattutto nella fase recessiva fino a quando il corso ne sarà invertito.
Poi, fra dieci mesi, si aprirà il tema assai spinoso del dopo Monti e quello altrettanto importante del dopo Napolitano il quale - sia detto perché è una realtà oggettiva - è stato insieme a Monti l'artefice del successo che ha coronato una stagione di sforzi, di difficoltà e di tempesta congiunturale.
Mi vien fatto di pensare che cosa sarebbe accaduto se in questa circostanza non ci fossero stati Napolitano al Quirinale, Monti a Palazzo Chigi e Draghi alla Banca centrale europea.
Concludo con due battute e le riferisco per chiudere in allegria un periodo assai tormentato: un tempo c'erano i Tre-monti, adesso ci sono i Tre-Mario (il terzo è Balotelli). E poi: forse le cose sarebbero andate ancora meglio se al posto di Monti a Bruxelles ci fosse andato Renzi.
Absit iniuria.
4. Mario Monti è stato il protagonista numero uno. Forse il paragone calcistico è irriverente ma di questi tempi aiuta a capire meglio: Hollande - come Cassano - ha fornito gli "assist"; Monti - come Balotelli - ha messo la palla in rete. Non a caso i mercati italiani in Borsa e nelle quotazioni dello "spread" sono stati in testa a tutti gli altri.
5. Ripercussioni molto rilevanti e positive si sono verificate anche in Usa a favore di Obama. Giovedì il presidente aveva incassato una sentenza della Corte suprema che approvava e rendeva esecutiva la riforma sanitaria varata dallo stesso Obama nel 2010, ma che era stata bloccata dai repubblicani. Il giorno dopo il vertice di Bruxelles ha raggiunto risultati che Obama aveva più volte auspicato e che rafforzeranno la ripresa economica americana.
Questa è la sostanza politica di quanto è accaduto. Ad alcuni piacerà molto, ad altri molto meno, sia in Usa sia nell'eurozona sia nell'Unione dei 27 sia nei singoli Paesi. Non piacerà ai repubblicani americani, non piacerà alla Bundesbank, non piacerà all'estrema destra francese. Non dovrebbe dispiacere a Cameron e neppure alla City di Londra ma questo dipende dalla loro maggiore o minore saggezza.
In Italia la situazione è complessa ma ormai chiarissima nelle sue linee essenziali.
* * *
Un articolo sulla prima pagina del "New York Times" di ieri racconta con dovizia di particolari il vertice di Bruxelles concludendo col dire che il vero protagonista, quello che è riuscito a impedire un finale generico e senza risultati come molti prevedevano sarebbe avvenuto, è stato Monti.
È andata esattamente così. Il nostro premier ha portato a casa quanto aveva promesso, non soltanto per far fronte alle necessità impellenti del nostro Paese ma anche per rafforzare l'Europa modificandone il quadro generale e le prospettive di fondo. Sarà molto difficile ora mettere il governo in difficoltà e paralizzarne l'azione. Della debolezza italiana Monti ha fatto una forza: questo è stato il fatto sorprendente che prende ora in contropiede i "berluscones" che puntavano su elezioni anticipate per riportare in proscenio forze e personaggi che ormai ne sono definitivamente e meritatamente usciti.
Resta il tema della recessione, che infuria non solo in Italia ma in tutto il mondo e che richiede un tempo tecnico e appropriate politiche concertate a livello internazionale per esser trainata e poi invertita in ripresa produttiva e occupazionale.
L'alternarsi di crescita e di recessione è il modo d'essere del capitalismo, il famoso calabrone che continua a volare nonostante che il suo peso e la sua velocità farebbero presumere che debba cadere a terra.
Supporre che fosse questo il tema sul tavolo dei 27 e dei 17 Paesi riuniti a Bruxelles l'altro ieri dimostra una dose di ignoranza teorica e politica del problema che può essere comprensibile in chi è del tutto estraneo alla storia economica, ma è stupefacente in chi invece dovrebbe essere esperto di come procedono i cicli congiunturali e come se ne possano correggere gli andamenti, stimolare i risparmi, moderare i debiti, adottare politiche appropriate della spesa pubblica, degli investimenti e dell'occupazione.
La recessione europea e italiana è cominciata un anno fa, non è quindi quella novità di cui la Confindustria si accorge oggi. Purtroppo tenderà a durare e addirittura ad aggravarsi fino al prossimo autunno; poi, se le politiche anticicliche prenderanno corpo in Italia e in Europa, potrà rallentare nell'ultimo trimestre dell'anno e iniziare un'inversione di tendenza ancora tenue ma significativa fin dal primo semestre del 2013.
Nel frattempo bisognava garantire alcuni "fondamentali": il rapporto tra rendimento dei titoli pubblici, consistenza del fabbisogno, deficit e prodotto interno lordo, saldo della spesa corrente, lotta all'evasione fiscale.
Queste sono le condizioni necessarie per render possibile la politica anticiclica e il recupero della produttività e della competitività. E proprio a realizzarle è servita l'azione di Monti e di Hollande al "meeting" di Bruxelles.
Pensare che un percorso così complesso e la logica che lo sorregge attenui la rabbia di chi deve sopportare i sacrifici è illusorio. La rabbia c'è e probabilmente crescerà ancora.
Spetta al governo, alle forze politiche e a tutta la classe dirigente del Paese canalizzarla, spiegarne i passaggi, intervenire e mobilitare risorse aggiuntive per garantire tutela ai più deboli, attuando ora più che mai la politica contro le rendite e gli oligopoli e predisponendo ammortizzatori sociali che accompagnino il Paese soprattutto nella fase recessiva fino a quando il corso ne sarà invertito.
Poi, fra dieci mesi, si aprirà il tema assai spinoso del dopo Monti e quello altrettanto importante del dopo Napolitano il quale - sia detto perché è una realtà oggettiva - è stato insieme a Monti l'artefice del successo che ha coronato una stagione di sforzi, di difficoltà e di tempesta congiunturale.
Mi vien fatto di pensare che cosa sarebbe accaduto se in questa circostanza non ci fossero stati Napolitano al Quirinale, Monti a Palazzo Chigi e Draghi alla Banca centrale europea.
Concludo con due battute e le riferisco per chiudere in allegria un periodo assai tormentato: un tempo c'erano i Tre-monti, adesso ci sono i Tre-Mario (il terzo è Balotelli). E poi: forse le cose sarebbero andate ancora meglio se al posto di Monti a Bruxelles ci fosse andato Renzi.
Absit iniuria.
Eugenio Scalfari – Repubblica 1 – 7 - 12
Nessun commento:
Posta un commento