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venerdì 20 luglio 2012

Lo Sapevate Che: Il Partito D'Azione...


Quando Quelli
Del Partito d’Azione
Pubblicavano
Siddharta

A Cinquant’Anni Dalla Morte,Adelphi Celebra Hermann Hesse
Con La Ristampa Del Suo Capolavoro, Ma La Prima Edizione Italiana
Uscì A Torino, Nel 1945, Per Frassinelli: Il Precursore dell’Einaudi

La prima edizione italiana di Siddharta di Hermann Hesse fu pubblicata nel 1945, dall’editore Carlo Frassinelli, con la traduzione di Massimo Mila. Un incrocio interessante quello tra Mila, Frassinelli e Siddharta. Il primo era un esponente  di spicco del movimento di Giustizia e Libertà a Torino. Arrestato il 15 maggio 1935 (in una retata in cui caddero, tra gli altri, Vittorio Foa, Michele Giua, Vindice Cavallera) fu condannato dal Tribunale speciale a sette anni carcere. Dopo l’8 settembre 1943, fu tra gli organizzatori della Resistenza, partecipando alla formazione delle bande partigiane nel Canavese. Nel periodo intercorso tra la galera e la lotta armata, avviò il suo rapporto con Frassinelli, per il quale tradusse opere di Goethe ed Ernest Wiechert e, a guerra finita, L’eredità di Maupassant e, appunto, Siddaharta.
L’incontro con Frassinelli rientrava nei percorsi tipici del giellismo torinese. Il tipografo alessandrino era diventato editore, a  Torino, nel 1931, raccogliendo intorno a se molti giovani intellettuali antifascisti, in particolare sotto la direzione di Franco Antonicelli che, di quei giovani, era senz’altro il più versatile e brillante. Per alcuni, come Leone Ginzburg e Cesare Pavese, si trattò di una esperienza che anticipò quella, più significativa, sfociata nella fondazione dell’Einaudi (e, del resto, lo stesso Giulio Einaudi aveva collaborato con Frassinelli).
Proprio questo intreccio tra attività culturale e militanza antifascista rappresentò uno dei caratteri distintivi di quella che possiamo chiamare la “cospirazione alla luce del sole”: Mila e i suoi compagni appartenevano alla seconda generazione dell’antifascismo. La prima era stata quella dei politici di professione, ed era stata duramente sconfitta; con i giovani di GL, la politica diventava invece essenzialmente una scelta esistenziale di opposizione e di intransigenza, per la quale si diventava militanti ma senza rinunciare al lavoro o agli affetti familiari. Non si trattava soltanto di avere una professione per “coprire” la propria attività cospirativa; era il rifiuto di una dimensione ossessiva e totalizzante della politica, la cura gelosa dei propri spazi affettivi, dei propri interessi culturali. Non c’era nessuna fede da testimoniare, se non la necessitò di essere in pace con la propria coscienza. Negli Anni 30, questo si presentava come un modello cospirativo molto diverso da quello comunista, segnato da una interpretazione totalizzante della propria militanza politica e da una rigida compattezza ideologica. Era questa la forza dei comunisti, il grande patrimonio umano e morale a cui poteva attingere la loro linea politica. Ma c’era ovviamente un prezzo da pagare: gli avversari erano tutti “nemici”; i dissensi interni erano eventi altamente drammatizzati, come sempre avviene nei gruppi centralizzati e con esasperati vincoli disciplinari. L’incubo degli eretici e dei traditori rendeva molto improbabile che un compagno potesse diventare anche un amico.
Proprio il rifiuto del dogmatismo alimentò invece la parte più affascinante della cospirazione giellista. I giovani come Mila, in carcere e fuori, si nutrirono dei filoni ed autori (il Moby Dick di Melville e il Dedalus di Joyce, tradotti da Cesare Pavese, entrambi nella “Biblioteca europea” di Frassinelli) che funzionarono come potenti antidoti al conformismo da “strapaese”che gravava sulla cultura italiana negli anni del fascismo. Il respiro cosmopolita delle loro letture li indirizzava più verso il disagio che il compiacimento; erano inquieti, curiosi, aperti. Mila che traduce Siddharta è una delle testimonianze più efficaci di questa realtà.
Il personaggio creato da Hermann Hesse è l’”uomo che cerca”; non
Può esserci “equilibrio”nel suo viaggio esistenziale. Se si ferma è solo per ripartire, condannato a un incessante movimento per conoscere e per imparare. Dopo anni e anni vissuti nell’amore per Kamala, Siddharta scappa, ricomincia, affronta di nuovo il suo destino. Una realtà pacificata ma spenta, solida ma priva di sogni e di speranze, non può appartenergli. In Siddharta si uniscono, come è stato scritto, “lirica ed epica, narrazione e meditazione, elevazione e sensualità”, in un orizzonte lontanissimo sia dal provincialismo piccolo-borghese del fascismo che dal realismo “eroico” dello stanilismo.
Massimo Mila, il traduttore di allora, fu poi un grande musicologo e fu un provetto alpinista. Nelle sue ascensioni, nelle sfide alla natura e alla montagna, nell’innalzarsi verso le vette con spirito libero, c’era la ricerca di un appagamento che non era solo un bisogno intellettuale. E si respiravano un’indipendenza di giudizio e una fermezza morale che appartenevano per intero alla “famiglia” di GL. “La passione di Mila”, scrisse a suo tempo Vittorio Foa “fu sempre positiva; anche nei momenti più duri e sofferti, egli affermò il valore della ragione e della dignità umana e guardò davanti a sé”.
Giovanni De Luna – Venerdì di Repubblica 13-7-12


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