La Class Action Dei Giovani contro la Società dei Genitori
Caro Serra, se esistesse sulla faccia della Terra un tribunale competente, credo che la “class action del secolo” sarebbe promossa dalla generazione dei giovani del nostro tempo. E saremmo noi adulti e la società che abbiamo via via codificato a salire sul banco degli imputati. Insieme a noi, i luoghi comuni della crescita illimitata, i retaggi ideologici, il relativismo etico, la teoria della vita piena che tutto possiede e brucia nei ritmi scanditi dalla tirannia del tempo breve.
Immaginando di edificare “il migliore dei mondi possibili”, non ci siamo accorti che la nostra ingombrante presenza (per avere tutto, fare tutto, ottenere tutto) sottraeva spazi vitali alle giovani generazioni. Certo, ai nostri figli abbiamo sempre pensato ma con una sorta di ragionamento cumulativo : garantire loro il benessere più elevato, la più estesa dotazione di beni materiali, i prodotti più sofisticati dell’evoluzione tecnologica.
Ma sottraendo loro gli spazi vitali per una crescita fisiologica, i tempi necessari per la formazione della loro identità, una concezione moderata e modulata della vita. Volendoli crescere in fretta, è come se avessimo vissuto al posto loro la parte iniziale e propedeutica della loro stessa vita, pensando di riuscire ad “incasellarli” al posto giusto nel momento giusto.
Francesco Provinciali
Caro Provinciali, mi scuso per avere dovuto più che dimezzare la sua lunga lettera. Ho cercato di lasciarne intatto il senso, che provo a riassumere: non siamo stati buoni genitori, buoni educatori, perché non siamo riusciti a trasmettere ai nostri figli alcuna misura. La misura della crescita, del tempo, dell’avere, del comunicare, del consumare.
Li abbiamo coinvolti in quella giostra forsennata che è la società dei consumi, e dello sviluppo illimitato, senza sapere offrire loro alcun antidoto. Salvo poi – quando è arrivato il loro turno – dover dire alle nuove generazioni che non c’è più posto, non più lavoro, non più futuro. Finiti i posti a tavola…..
In linea di massima, la sua analisi mi convince. E – aggiungo – mi colpisce in quanto padre. Una sola osservazione, che forse è anche un’obiezione. Se ciò che rende schiavi è il consumo compulsivo di tutto (delle cose, dei rapporti umani, del tempo….), temo che la maggior parte dei ragazzi non ne abbia piena coscienza. Insegnare a un ventenne a non lasciare le luci di casa accese, e a non stare venti minuti sotto la doccia, equivarrebbe a trasformarlo in un autentico Homo novus, un rivoluzionario: uno che si ribella allo scialo obbligatorio. Ma non ci riesce quasi mai, perché il conformismo ha le sue indubbie comodità. Non mi sento, in questo senso, più colpevole di tanto.
Di filippiche al riguardo ne ho confezionate, vanamente, a grappoli. Temo che la verità sia dura da ammettere, ma “nascere comodi” invoglia a crescere comodi, senza l’occasione concreta di poter valutare (al di là delle inutili filippiche paterne) quanto sia (stato) duro il pane per gli esseri umani.
E temo, dunque, che la class action dei giovani contro una società che sciala, inganna, vampirizza le vite, preveda che sul banco degli imputati sieda anche qualche loro rappresentante.
Michele Serra – Venerdì di Repubblica 6-7-12
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