Dov’era La Politica
Mentre Marchionne
Smantellava la Fiat?
Nel giorno della morte di Sergio Pininfarina, simbolo di un’Italia dove si costruivano le più belle automobili del mondo, un altro Sergio, il solito Marchionne, ha detto che in Italia c’è uno stabilimento Fiat di troppo. Poiché ormai si contano sulle dita di una mano, molti ne hanno dedotto che si riferisse a Termini Imerese.
Quando nel 2004 Marchionne divenne amministratore delegato della Fiat, un amico esperto del settore commentò: “Ecco l’uomo che distruggerà l’industria dell’automobile in Italia”. La profezia si è quasi avverata in pochi anni, per quanto certo Marchionne abbia soltanto portato a termine un lavoro cominciato dai suoi predecessori. Vent’anni fa, in un mercato dove non s’erano ancora affacciate le nuove potenze, dalla Cina al Brasile, in Italia si producevano ancora due milioni di automobili ogni anno. Ora siamo scesi a 400 mila, meno di Slovacchia e Polonia, la metà dell’Inghilterra, che non ha più marchi nazionali, un quarto della Spagna e un decimo della Germania. Da grande nazione esportatrice siamo diventati l’unica potensa industriale che importa automobili dall’estero.
All’alba della globalizzazione la politica sbagliò tutte le scelte possibili. Favorì il monopolio Fiat, spesso con aiuti di Stato, scoraggiò gli investimenti dall’estero al grido di “non passa lo straniero”, escogitò mille incentivi, dalle rottamazioni in giù, per convincere gli italiani a comprare sempre più automobili. Purtroppo, con successo. Grazie anche alle peggiori ferrovie d’Europa, l’Italia è il secondo Paese del mondo per densità di automobili dopo gli Stati Uniti. Con la differenza che gli Stati Uniti sono un mezzo continente e noi un budello di terra fragile e affollata.
Il senso di tanti sforzi, soprattutto da parte dei contribuenti, era di mantenere in Italia una grande industria dell’auto e milioni di posti di lavoro. Disgraziatamente, la Fiat ha usato il generoso sostegno pubblico per chiudere uno dopo l’altro gli stabilimenti e portare la produzione all’estero.
Non staremo a fare la morale ai manager industriali, che fanno il loro mestiere.
Per quanto, certo, i vertici Fiat avrebbero potuto risparmiarci una stucchevole retorica patriottarda. E’ la politica che non ha fatto il suo mestiere. Per vent’anni ha assicurato e anzi contribuito alla catastrofe della più importante industria d’Italia senza farsi venire un’idea, senza studiare una strategia,. Il comico che andava di moda allora in politica, Berlusconi, ha al massimo suggerito di produrre soltanto Ferrari. Eppure la crisi dell’auto è stata la prima causa della mancata crescita economica e in generale del declino industriale del Paese. Ora se la prendono tutti con Monti o la Fornero, che sono arrivati sei mesi fa. Ma prima, per vent’anni, dov’erano?
Curzio Maltese – Venerdì di Repubblica 13-7-12
Nessun commento:
Posta un commento