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domenica 8 luglio 2012

Lo Sapevate Che: Viaggiare......



Quelli Che Viaggiano Leggeri
(E Rendono Tutto Più Pesante A Te)

Consigli per l’imbarco

Gli esegeti del bagaglio
A mano sono intolleranti e intollerabili.
E soprattutto in malafede.
Ma, nonostante loro, è come sempre
Vero che le misure contano.

E’ colpa del vostro ex. Ne abbiamo tutte avuto uno. Uno che non si era mai ripreso dal trauma di una valigia perduta (o forse venduta) ed era diventato un talebano del bagaglio a mano. Uno che a ogni vacanza sbuffava, incredulo che noi potessimo aver bisogno di portarci tutta quella roba, che non sapessimo partire leggere come lui, disinvolte come viaggiatrici invece che cariche come turiste, che si servissero più di un bermuda e due magliette. Se poi una volta è capitato che quella valigia andasse persa, egli ha sicuramente fatto tali e tante scene, colpevolizzandoci del fatto che era in fila allo sportello bagagli smarriti invece che già in spiaggia, che oggi che non lo vediamo da anni è ancora sicuramente colpa sua. E’ colpa sua se ieri abbiamo cercato di far entrare mezzo guardaroba in un trolley, e se oggi siamo partite per un volo di otto ore in tacchi alti, non essendoci più posto in borsa per quelle scarpe. E’ sua la colpa, soprattutto, di ogni accidente che viene tirato da ogni passeggero che si imbarca su questo e altri aerei, inconsapevole della propria trave ma pronto a stigmatizzare la nostra pagliuzza.
Gli esageti del bagaglio a mano sono intolleranti e intollerabili. Sono convinti di essere intrisi di uso di mondo, sono pronti a sbuffare per ogni novellina che in fila ai controlli di sicurezza non si sia prontamente tolta le scarpe o abbia dimenticato una crema in borsa, rallentando così le procedure. Alzano gli occhi al cielo se dite loro che avete imbarcato una valigia, preconizzando smarrimenti, se viaggiate separatamente. Hanno un lampo omicida negli occhi se invece viaggiate insieme: io ho un paino infallibile
 Da viaggiatore sveglio, un’attenzione al dettaglio che batte ogni accuratezza di George Clooney in Tra le nuvole, conosco tutti i trucchi per fare più in fretta ai controlli, quelli per il più breve tempo netto tra l’atterraggio e l’arrivo in albergo, e tu mi fai perdere tempo al nastro bagagli?
Quello di cui non si rendono conto è che il guaio non sono gli altri, che aspettano pazienti la loro valigia:il guaio sono loro , coi loro bauli spacciati per bagaglio a mano che non entrano nelle cappelliere, mai s’incastrano sotto il sedile, rubano spazio a tutti.
Li riconoscete facilmente. Li avete individuati stamattina, al gate,
mentre ve ne stavate stravaccate su una sedia scomoda pregustando la vostra prima settimana di vacanza, e l’imbarco non era ancora cominciato e loro erano già in fila, smaniosi di salire sull’aereo. Vi siete chieste se avessero paura che restassero solo posti in piedi, o quale fosse la ragione della loro fretta. E’ un problema di spazio: i loro enormi trolley devono arrivare per primi, per riuscire a entrare negli spazi sopra i sedili, adatti più a valigette e piccole borse. Si chiamano “cappelliere”, appunto, perché sono fatte per piccoli accessori. Non si chiamano “bauliere”, dico a te che stai spacciando per bagaglio a mano una valigia in cui ci sono cambi per un mese, e che tra un po’ la spingerai a forza in uno spazio che non le compete, e per farlo starai cinque minuti in piedi in mezzo al corridoio rallentando l’imbarco, e quando l’avrai finalmente incastrata avrai tolto posto ai poveri disgraziati che saliranno per ultimi con un piccolo trolley compatibile con le misure della compagnia aerea ma non con la tua invasione di campo, con la tua pretesa di vantare il tuo essere uno che viaggia col bagaglio a mano, dimenticandoti di precisare che il tuo bagaglio a mano ha le dimensioni di una custodia di contrabbasso.
A vendicarci da tutti gli ex con un approccio prescrittivo al bagaglio a mano e anche da tutti quelli che ci hanno raccontato che le misure non contano, sono arrivate le compagnie low cost, con regole implacabili sui centimetri.
Uno in più rispetto alle misure accettate, un etto in più di peso, e devi consegnarlo al terribile check-in. Oltretutto a pagamento. E può essere una borsa sola, con tanto di penose scene, in fila per i controlli, tentando di infilare il computer in borsa, la borsa in valigia, la valigia nella tasca della giacca.
Valigia imbarcata, oltre che attesa, può voler dire anche smarrimento. Le storie di smarrimento valigia sono per il ventunesimo secolo quello che le diapositive delle vacanze erano per il precedente. A fine estate ci si ritrova, e ognuno ne ha una. Sono quasi tutte a lieto fine, nel senso che i bagagli sono perlopiù rimasti in qualche scalo e vengono poi consegnati un paio di giorni dopo, ma c’è sempre quella che ci aveva lasciato dentro il carica batterie del telefono e quindi ha duecento dollari di conto telefonico dell’albergo perché senza cellulare chiamava a casa ogni ora per controllare che i bambini fossero vivi. O quello che ha pensato che la responsabilità della linea aerea coprisse un po’ qualunque capriccio e quindi non s’è limitato a ricomprare mutande e spazzolino da denti ma si è rifatto un intero guardaroba, che incredibilmente non intendono rimborsargli. La mia storia più lacrimevole di smarrimento bagaglio m’è tornata in mente vedendo Baggage Battles, reality americano sulle aste dei bagagli smarriti.
Il programma segue quattro personaggi (un signore di mezz’età, un ragazzo, una coppia) che vivono andando ad aste, comprando valigie che sperano contengano cose di valore, e rivendendo i pezzi migliori che ci trovano dentro. Continuavo a guardarli mentre recuperavano in bagagli adocchiati con metodo scientifico (quella è una valigia costosa, il proprietario sicuramente ci teneva dentro roba all’altezza; questa è pesante, non possono esserci solo vestiti) e mi chiedevo come fosse possibile che ci trovassero tante meraviglie (sì, sono una di quelle che credono che nei reality sia tutto vero: voi no?). D’accordo, la sospensione dell’incredulità, ma è mai pensabile che un viaggiatore metta in valigia un paio di pantaloni con, in tasca, monete d’epoca che manderebbero in solluchero un numismatico? O che non vada a reclamare un trolley smarrito che contiene due prime edizioni di Whitman e di Dickens e un computer? (D’accordo, qui la plausibilità si ferma prima: voi viaggiate spesso con edizioni originali dell’Ottocento nella tasca del trolley)).Cioè: perché le valigie finiscano all’asta non devono solo non essere comparse su quel nastro trasportatore a fine volo. Devono anche non essere mai state richieste e ritirate dal passeggero successivamente. Non ha senso, pensavo. Poi mi sono ricordata di quell’estate in Puglia. Ero stata anch’io così scema da preparare una valigia enorme e imbarcarmela. Ero stata anch’io così scema da metterci dentro qualcosa di prezioso, seppur senza valore d’asta: i nastri delle interviste per una cosa che dovevo scrivere. L’Alitalia riuscì a non caricare la mia valigia sul Roma-Bari (su un volo diretto, senza neanche la scusa degli scali: poi dice che una parla male della compagnia di bandiera). Al terzo giorno dall’arrivo, era chiaro che la mia valigia non era affatto in arrivo, come mi dicevano in una telefonata su due al servizio clienti.
Nell’altra metà delle telefonate, ricevevo risposte genere”Valigia? Quale valigia?”. Singhiozzante, in piena crisi di nervi, e pronta a dar ragione a qualunque ex fissato col bagaglio a mano, venni salvata da un principe azzurro sotto le sembianze di proprietario dell’albergo. Egli aveva un amico all’aeroporto di Bari. L’amico aveva un amico a Fiumicino. La  morale non è tanto che bisogna imbarcare i bagagli solo se si hanno amici nei posti giusti, quanto che esistono dei magazzini, che immagino kafkiani, in cui si sono bagagli che nessuno si preoccupa di controllare e riordinare. Se non hai un amico di un amico di un amico che si avventuri lì dentro a controllare una per una le etichette e trovare  la tua valigia smarrita, magari finirà anche lei all’asta. Oltretutto temo che i nastri delle mie interviste valessero meno di una prima edizione di Whitman, e mi sarebbe spiaciuto per quelli del reality: quando comprano valigie col cui contenuto poi non fanno buoni affari, ci restano malissimo.
Guia Soncini – Donna di Repubblica – 23-6-12

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