Consigli Pratici Per Cervelli (E Braccia) In Fuga Dall’Italia
Sono oltre duecentomila i nostri connazionali residenti nella capitale Britannica, e il flusso non accenna a fermarsi. Ora una guida spiega come diventare dei perfetti “expat”, ovvero gli stranieri che decidono di vivere all’ombra del big ben, come scovare una stanza in affitto, come muoversi tra le fermate della metro, come trovare un lavoro, flessibile ma non precario.
Sono già duecentomila, quasi il doppio rispetto ai francesi. Certamente il loro numero reale è molto più alto perché il dato si riferisce solo a chi ha chiesto al Consolato di essere inserito nel registro degli italiani residenti all’estero. Per chi vuole unirsi al gruppo dei nostri connazionali a Londra, in crescita del trenta per cento ogni mese, c’è ora un manuale in grado di svelare ogni segreto della metropoli inglese, offrendo nel contempo informazioni pratiche di decisiva importanza. Si intitola Strano ma Londra (Fazi editore, pp.198, euro 14) e lo ha scritto Mattia Bernardo Bagnoli che fa parte, dal 2005, dell’esercito di quelli che i britannici chiamano “expat”, ovvero degli stranieri che hanno attraversato la Manica.
Sui motivi che hanno reso la capitale del Regno Unito un magnete per milioni di persone, Bagnoli non ha dubbi: “Ha tanti difetti, ma accoglie tutti. Londra è facile, Londra ti tenta. Ti dà un lavoro e uno stipendio dignitoso (o anche uno stipendio fantastico, dipende), la sensazione di stare al centro del mondo, l’illusione della scalata infinita”.
Il migliore dei luoghi possibili dove trasferirsi? Non proprio. Certo offre opportunità, inimmaginabili altrove, ai cervelli in fuga e a chiunque sia disposto a impegnarsi a fondo. Ma molte cose bon funzionano; la metropolitana, per esempio, si rompe assai spesso (senza contare gli infiniti disagi causati dagli interventi di manutenzione di una rete di binari estesa per oltre duecento miglia), tutti i trasporti costano una fortuna, le norme burocratiche sono rigide e i funzionari hanno spesso una freddezza incomprensibile per chi proviene dall’Europa mediterranea.
E poi, sorpresa delle sorprese, la lingua (la stessa studiata a lungo a scuola, con una conoscenza magari certificata da appositi corsi) si rivela alla prova dei fatti ostica. Se non addirittura incomprensibile per chi è alle prime armi. Solo un esempio: che cosa vuol dire, in cockney (il dialetto parlato dai londinesi doc) “Let’s go for a few Britneys in the Ringo”? A quale parte della casa si allude con “apples and pears”? Il premuroso e preciso Bagnoli offre rassicuranti istruzioni per superare questi ostacoli: la prima frase significa “Andiamo a prenderci un paio di birre al pub”; “apples and pears” sono, invece, le scale di casa.
Di fondamentale importanza è la parte del volume in cui si chiariscono in dettaglio i costumi londinesi in materia di affitto degli alloggi. Perché da qualche parte il nostro potenziale expat deve pur dormire. La maniera migliore per procurarsi una stanza è navigare nei siti specializzati. Ma attenzione: non sono mai ammesse deroghe alle regole stabilite da chi offre un tetto.
Se uno cerca una ragazza tra i 25 e i 27 anni, non fumatrice, vegana, con un impiego nella raffinazione degli idrocarburi (consultate Gumtree se vi sembra una richiesta bizzarra), inutile provare senza disporre di queste caratteristiche. Primo perché in una megalopoli così grande una ragazza che risponde ai requisiti necessari esiste. Anzi, probabilmente ne esistono molte. Secondo: perché insistendo si rischia di passare per maleducatissimi e di finire segnalati in rete come molesti dai quali stare alla larga. Ai fortunati danarosi che vogliono comprarsi un alloggio si consiglia vivamente di leggere con attenzione la parte conclusiva del capitolo “Dormire”. Può saltarla solo chi conosce un meccanismo feudale sulla proprietà privata che permette di possedere immobili per un numero di anni determinato in anticipo.
Superati i primi ostacoli posti dal quotidiano, è ovvio che occorre procurarsi un reddito. Se l’obiettivo è restare poche settimane o pochi mesi un impiego in un pub può bastare. Le cose possono complicarsi in caso di obiettivo più ambizioso: diventare un ezpat a pieno titolo, appunto. Perché il mercato londinese del lavoro è lontano milioni di miglia da quello italiano. Per mentalità e per regole.
La norma fondamentale da imprimersi bene in mente è la seguente: il lavoro non lo si cerca, lo si crea. Secondo principio: il posto fisso non esiste. Esempio pratico citato nel libro: Carlo, ex fisico, è partito da un master in giornalismo trovando impiego in un magazine specializzato sull’acqua, poi si è trasferito da un editore che si occupa di energia, quindi è andato a insegnare in un’università privata, infine si è fatto largo in un azienda che tratta web start-up. “Tra l’altro” precisa Bagnoli “al momento della firma del contratto ha chiesto e ottenuto la riduzione dello stipendio a fronte di un impegno del novanta per cento. In modo da avere più tempo libero per seguire altri progetti”. Morale di questa (e altre) storie: a Londra esiste la flessibilità senza precarietà. Ma bisogna possedere o acquisire la mentalità adatta. Per chi, insomma, ha scelto di tentare l’avventura e di trasferirsi anche per un periodo breve a Londra il volume di Bagnoli è indispensabile per evitare fraintendimenti e altre spiacevolezze. Per gli aspiranti expat, poi, è un manuale da studiare con attenzione. Mai dimenticando che ad andarsene dall’Italia si fa presto, a trasformarsi in londinesi proprio no.
Roberto Bertinetti – Venerdì di Repubblica 22-6-12
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