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lunedì 23 ottobre 2017

Lo Sapevate Che: Se la memoria inganna (e ricorda così poco) lo fa per il nosro bene...



Non c’è nulla di strano quando per strada salutiamo con calore qualcuno che poi si rivela uno sconosciuto: il nostro cervello, infatti, è molto poco accurato nel riconoscere. È fatto per trattenere l’essenziale di persone, luoghi e cose, e dimenticare il resto. “Altrimenti non riusciremmo a pensare” spiega Rodrigo Quian Quiroga, direttore del centro di neuroscienze all’Università di Leicester, che sarà al Festival della Scienza di Genova il 3 novembre con il suo saggio The Forgetting Machine: Memory, Perception, and the “Jennifer Aniston Neuron” (BenBella books). “Lo aveva già intuito Borges, quando immaginò Funes el memorioso, uomo che ricordava tutto ciò che vedeva, ma era incapace di pensiero. È quel racconto che mi ha spinto a studiare neuroscienze” dice Quiroga. “E a scoprire che immagazziniamo nella memoria pochissimo di quello che vediamo: il resto lo ricostruiamo con l’immaginazione quando richiamiamo quel ricordo. Ecco perché a volte ci sembrano familiari le fisionomie di persone mai incontrate prima. E vale anche per i luoghi”. Basti pensare al fenomeno del déjà vu. “Se tra le poche caratteristiche che abbiamo memorizzato di un ristorante ci sono il colore delle pareti e delle tovaglie, quando siamo in un locale nuovo che, per combinazione, ha proprio quei due dettagli uguali all’altro, l’opera di ricostruzione a posteriori del cervello ci illude di essere già stati in quel posto. Se invece fossimo come Funes sapremmo subito che si tratta di due luoghi diversi”. Ma tenere a mente sarebbe faticoso. “Questo è anche il motivo per cui non bisogna preoccuparsi se, andando avanti con l’età, si dimentica di più. Succede perché la memoria è diventata meno visiva e più concettuale” spiega Quiroga. “Un bambino di sei anni leggerà un libro sillaba per sillaba. E la sua memoria sarà inondata da informazioni. Un dodicenne lo leggerà parola per parola. Un adulto potrà saltare intere frasi, perché capisce al volo quel che vuole dire lo scrittore. Da adulti ci serve meno memoria, perché estrapoliamo di più. Ma questo ci espone al rischio di errori”. Quiroga ne ha trovato conferma coinvolgendo nei suoi esperimenti dei prestigiatori. “Loro sanno che ricordiamo pochi dettagli e usiamo la fantasia per unire i puntini, e giocano su questo per farci credere alle loro magie. Che però spesso non funzionano proprio con i bambini, la cui memoria è ancora molto visiva”. Un’ultima curiosità: ma che cos’è il neurone Jennifer Aniston di cui parlerà a Genova? “In realtà, non è un neurone, ma un gruppo di neuroni che scattano solo per un concetto (nel nostro esperimento la foto di Jennifer Aniston) o, in parte, per concetti associati (..). E proprio queste associazioni di concetti costituiscono scheletro della nostra memoria”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica - 20 ottobre 2017-

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