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martedì 31 marzo 2020

Lo Sapevate Che: Carlo Rubbia, fisico di fama mondiale, personalità tra le più eminenti della scienza


Siamo su un treno che va a trecento chilometri all'ora, non sappiamo dove ci sta portando e, soprattutto, ci siamo accorti che non c'è il macchinista. “ Carlo Rubbia
 L'allenamento del fisico

Carlo Rubbia nasce a Gorizia il 31 marzo 1934, figlio di un ingegnere elettronico e di una insegnante di una scuola elementare. Si iscrive ai test di ammissione alla Normale di Pisa, ma non rientra nel ristretto numero di eletti, quindi si iscrive alla Facoltà di Ingegneria di Milano, ma il destino vuole che riprenda la via per la Scuola di Pisa dopo pochi mesi, grazie ad un posto rimasto vacante.
Presso la facoltà di Fisica toscana, si laurea con una tesi sugli esperimenti compiuti sui raggi cosmici, nel 1957, quindi inizia a collaborare con il suo relatore, il Professor Conversi, realizzando in questo periodo il primo rilevatore di particelle di gas.
Nel 1958 è ospite alla Columbia University, dove approfondisce gli studi sugli acceleratori di particelle.
Carlo Rubbia entra a far parte del CERN nel 1960, presso il quale si occupa di ricerca e sviluppo del Ciclotrone di Nevis sulle particelle elementari,del decadimento e la cattura nucleare dei mesoni. Promuovendo vari esperimenti, nel 1976, modifica un acceleratore SPS, allo scopo di far collidere le particelle protone-antiprotone aumentando l'energia prodotta: crea il collisionatore col quale nel 1983 scopre le particelle che sono responsabili dell'interazione debole, portando alla luce questa innovazione grazie anche al suo team di 100 scienziati, chiamato la UA1 Collaboration.
Nel 1984 riceve il Nobel insieme al suo collega Simon Van der Meer, mentre sta già progettando il LEP, un immenso collisionatore a elettroni e positroni.
Dal 1971 al 1988 insegna Fisica presso l'Harvard University (dove anche Higgins è Professore di Fisica), quindi dirige il CERN di Ginevra dal 1989 al 1993; dal 1994 dirige l'International Center for Theoretical Physics di Trieste; sempre nel capoluogo friulano crea il Laboratorio Luce di Sincrotrone, che utilizza fasci di particelle per esaminare, a livello sub-microscopico, la struttura dei materiali ma anche dei virus e delle proteine.
Nominato Presidente dell'ENEA nel 1999 è stato presidente fino al 2005.
Professore ordinario di Complementi di Fisica Superiore all'Università di Pavia, collabora dal 2006 con il Centro di ricerca sull'energia, l'ambiente e la tecnologia (CIEMAT), organismo spagnolo, per lo sviluppo del "solare termodinamico", alternativo al sistema fotovoltaico.
Alla fine del 2006 rientra a far parte dell'elite scientifica italiana, grazie all'attuazione del suo progetto "Archimede" e viene nominato Consigliere per le energie rinnovabili del Ministro dell'Ambiente.
Sposato con Marisa, professoressa di Fisica al Liceo, ha due figli: Laura, medico, e André, studente in Ingegneria Fisica. Alla fine del mese di agosto 2013 il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nomina Rubbia senatore a vita. https://biografieonline.it/biografia-carlo-rubbia

Lo Sapevate Che: Tina Pica, l’inconfondibile voce roca e il piglio burbero l’hanno resa una delle attrici più simpatiche e “popolari del cinema italiano

Gioielli di Napoli
L'attrice italiana Tina Pica, vero nome Concetta, nasce a Napoli vicino al Borgo S. Antonio Abate il 31 marzo del 1884. La sua famiglia è composta interamente da attori: la madre, Clementina Cozzolina, è attrice e il padre Giuseppe Pica, e il famoso capocomico inventore del personaggio di Anselmo Tartaglia. I genitori hanno una piccola Compagnia teatrale itinerante che porta gli spettacoli anche in provincia. Così Tina, ancora bambina, recita con i genitori, solitamente in parti lacrimose e tristi come "La figlia di un condannato" , "La fanciulla di Pompei", "Le due orfanelle".
Già da bambina si distingue per la sua voce cavernosa e il fisico asciutto che la fa somigliare ad un bambino. Grazie proprio a questa particolarità una sera che il padre non sta bene interpreta lei stessa la parte di Anselmo Tartaglia, e in seguito impersona addirittura Amleto in una rivisitazione partenopea del grande dramma shakespeariano. La sua carriera teatrale inizia, dunque, quando ha a appena sette anni.
Negli Anni Venti fonda una sua compagnia con la quale metterà in scena spettacoli come "Il ponte dei sospiri" e "Il fornaretto di Venezia". Nel 1937 partecipa all'esordio cinematografico di Totò con il film "Fermo con le mani". La sua combattività e perseveranza la inducono a gestire lei stessa un teatro, il Teatro Italia, prima affiancata da Agostino Salvietti e poi da sola. Nello stesso tempo Tina Pica scrive opere teatrali che poi mette in scena, e traduce in dialetto napoletano opere altrui come il "San Giovanni decollato" di Nino Martoglio.
La svolta nella sua carriera avviene dopo l'incontro con Eduardo De Filippo, con il quale avrà sempre un rapporto conflittuale, che li vedrà ora collaborare insieme ed ora allontanarsi. Sembra che il ruolo di Concetta in "Natale in Casa Cupiello" sia stato creato da Eduardo proprio pensando a lei. Ed è con questo ruolo che inizia la collaborazione artistica tra i due che la vede partecipare a "Napoli milionaria", "Filumena Marturano", e "Questi fantasmi".
Dopo quest'ultimo lavoro, Tina Pica si allontana da Eduardo fino al 1954 per poi lavorare nuovamente con lui alla messa in scena di "Palommella zompa" e "Miseria e Nobilità". Nel 1955 però si consuma la rottura definitiva tra i due artisti: Tina infatti ha ottenuto un periodo di pausa da Eduardo De Filippo per lavorare al film "Pane, Amore e Fantasia" (1953, di Luigi Comencini) che la farà conoscere al grande pubblico nel ruolo della governante Caramella. La lavorazione del film però prende più tempo del previsto, e al suo ritorno Eduardo la accoglie piuttosto freddamente. Tina decide allora di abbandonarlo e dedicarsi unicamente alla carriera cinematografica.
Esclusa la recitazione, la sua sua unica passione è il gioco: sembra giochi a poker, al lotto, a carte e alla roulette. Si racconta che durante l'udienza concessa dal papa ad Eduardo De Filippo, dopo il grande successo di "Filumena Marturano", sussurri nell'orecchio del grande attore che quello è il momento giusto per chiedere tre numeri vincenti. Da parte di Tina non è, però, affatto irriverenza, anzi l'attrice è talmente religiosa che Eduardo le concede di portare in scena il suo modo di pregare. In "Napoli Milionaria", infatti, recita le orazioni in latino napoletanizzato proprio come fa nella sua vita di tutti i giorni.
Intanto al cinema continua il successo del personaggio di Caramella, e Tina recita al fianco di Vittorio De Sica in "Pane, amore e gelosia" (1954) per il quale vince il Nastro d'Argento come migliore attrice non protagonista e "Pane, amore e..." (1955). Vittorio De Sica la dirige successivamente nel ruolo della dolce nonna di "Ieri, oggi, domani" (1963), e ne "L'oro di Napoli" (1954).
Le vengono anche confezionati addosso alcuni film sulla falsariga dei personaggi di Caramella e di Nonna Sabella, tra questi: "Arriva la zia d'America", "La sceriffa", "La Pica sul pacifico" e "Mia nonna poliziotto". Oltre che con De Sica, collabora con Fernandel, Renato RascelDino Risi, e soprattutto con Totò nei film "Totò e Carolina" (1953, regia di Mario Monicelli) e "Destinazione Piovarolo" (1955, regia di Domenico Paolella).
La vita privata di Tina Pica è funestata da due terribili lutti: il primo marito, Luigi, muore dopo appena sei mesi di matrimonio, così come la loro figlioletta. Dopo molti anni Tina trova la serenità affettiva accanto a Vincenzo Scarano, appuntato di Pubblica Sicurezza. I due rimarranno insieme per circa quaranta anni, uniti anche dalla reciproca passione per il teatro. Scriveranno insieme persino due opere teatrali: "L'onorevole Pipì" e "Giacomino e la suocera".
Tina Pica si spegne a Napoli il 16 luglio del 1968, all'età di 84 anni. https://biografieonline.it/biografia-tina-pica

Speciale: Menù a base di riso! ...☺♥


Indivie ripiene con Riso, Formaggio e Verdurine
Per 4 persone

Ingredienti:

2 cespi di indivia belga, 50 gr di riso lesso, gr 350 di ricotta, un mazzetto di rucola, 2 pomodori, sale e pepe.

Pulite l’insalata, lavatela, sgrondandola e sfogliatela scartando le foglie più piccole. Mettete in una terrina la ricotta, il riso, la rucola pulita, lavata e tritata finemente, un po’ di sale,2 pizzichi di pepe e amalgamate sino ad ottenere un composto omogeneo. Versatelo in una siringa per dolci e farcite le foglie di indivia che avrete disposte su un piatto di portata. Pelate i pomodori, eliminate i semi, tagliateli a dadini e distribuiteli sul formaggio. Servite.


Risotto giallo alla Zucca e Salsiccia
Per 4 persone

Ingredienti:

160 gr. di riso, 120 gr di salsiccia, 60 gr di burro, 1 lt. di latte, gr 300 di polpa di zucca, 8 cucchiai di grana grattugiato, 1 bustina si zafferano, sale.


Fate bollire il latte, aggiungendovi un pizzico di sale.
In una casseruola fate sciogliere 30 gr di burro, sgranare la salsiccia e farla rosolare
 velocemente, unite il riso e mescolate per qualche minuto, per farlo insaporire. Unite poco alla volta il latte bollente e la zucca, tagliata a fettine sottili. Portate a cottura, sempre mescolando. Se dovesse assorbire tutto il latte, allungate con un mestolo di acqua bollente. Far sciogliere la polvere di zenzero in 2 cucchiai d’acqua, unirlo alla preparazione e mescolare.
A cottura ultimata, fuori dal fuoco, aggiungete il rimanente burro e il grana. Mescolate, coprite il recipiente e lasciate mantecare per 3 minuti.


Frittelle dolci di Riso
Per 6 persone

Ingredienti:

350 gr di riso Roma, 50 gr di farina, 1 lt di latte, zucchero, 1 limone, 2 uova, 50 gr di uvetta, olio, sale.

Fare cuocere il riso, preventivamente sciacquato sotto l’acqua corrente, nel lt di latte, aggiungendo un pizzico di sale e la scorza grattugiata del limone. Mescolate e quando sarà cotto, unite lo zucchero e lasciatelo intiepidire.
Unite la farina, l’uvetta, ammollata in precedenza in acqua tiepida e i tuorli delle uova. Mescolate bene e in ultimo unite le chiare d’uovo montate a neve fermissima. Mescolate ancora.
Con le mani infarinate formate delle polpette grosse come un uovo che poi appiattirete, passate le frittelle nella farina da entrambi i lati.
Friggetele in abbondante olio in ebollizione e quando saranno dorate, fate assorbire l’olio in eccesso su carta assorbente da cucina. Servitele calde.

lunedì 30 marzo 2020

Lo Sapevate Che: Pellegrino Artusi, scrittore, gastronomo e critico letterario italiano, autore di un notissimo libro di ricette: La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene


L'Italia unita in cucina


Forlimpopoli, in provincia di Forlì-Cesena è la città natale di Pellegrino Artusi, autore di un vero e proprio "vangelo" della cucina italiana: "La scienza in cucina e l'arte di mangiare bene".
Nato il 4 agosto 1820, Pellegrino Artusi completa gli studi al seminario di Bertinoro, poi si dedica all'attività commerciale paterna, che è quella di droghiere. Durante la giovinezza si verifica un grave episodio che colpisce la famiglia Artusi: in seguito allo shock per l'irruzione in casa del brigante chiamato "Passatore", che ruba tutti gli oggetti di valore e il denaro presenti, e violenta la sorella di Pellegrino, Gertrude, questa impazzisce e viene chiusa in un manicomio.
La famiglia, colpita anche economicamente dall'episodio, decide di trasferirsi a Firenze. Qui Pellegrino esercita l'attività di mediatore finanziario, raggiungendo ottimi risultati. Continua a vivere in Toscana fino alla morte, pur mantenendo sempre i rapporti con il paese natio.
Avendo la fortuna di condurre una vita abbastanza agiata può dedicarsi liberamente alle sue due passioni: la cucina e la letteratura. Dal 1865 in poi l'autore lascia il commercio e si mette a scrivere, pubblicando due libri di successo, entrambi a sue spese. Nel 1891 pubblica "La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene": la prima edizione raggiunge circa mille copie. Successivamente, il libro esce in più edizioni, giungendo a trentadue nel 1932. Il manuale della cucina "Artusi" diventa un best-seller dei tempi; è il libro per cucinare che in ogni casa non deve mancare.
All'interno vi sono ben 790 ricette diverse, che vanno dagli antipasti ai dolci, passando per minestre, liquori, brodi, secondi piatti. Ogni ricetta è descritta dall'autore con stile diretto e arguto, ed è accompagnata da aneddoti divertenti e riflessioni.
La "novità" dell'opera artusiana sta nell'approccio gastronomico nazionale, che comprende in un unicum la varie tradizioni culinarie regionali. Lo stesso Artusi si diletta a raccontare nel libro un episodio di cui è protagonista. Arrivato a Livorno, entra in una trattoria per consumare la cena. Dopo aver mangiato un minestrone, si reca presso l'alloggio di un tal Domenici. Durante la notte Artusi non riesce a dormire a causa dei fortissimi dolori allo stomaco, che attribuisce subito al minestrone consumato poche ore prima in trattoria. Ed invece il giorno dopo viene a sapere che quel Domenici è caduto vittima del colera che si è diffuso in tutta la città. Così capisce che il suo dolore allo stomaco ha origine dalla malattia infettiva, e non dal minestrone, del quale decide di approntare una sua originale ricetta.
A Forlimpopoli, dove Artusi è nato, vi è il centro culturale "Casa Artusi". Ogni anno in questo posto si organizza la "Festa Artusiana": nove giorni interamente dedicati alla cultura del cibo e alla gastronomia. Sono tante le iniziative e gli eventi che sono stati creati in onore del celebre autore. Tra tutti, spicca "Pellegrino Artusi. L'Unità d'Italia in cucina", una pellicola che mette in evidenza quanto il "credo gastronomico" di Artusi sia ancora attualissimo. Il filmato è stato scritto da Laila Tentoni e Antonio Tolo, diretto dal regista Mauro Batoli, interpretato da Dario Derni.
Oltre al famoso libro di ricette, Artusi ha scritto anche due saggi di critica letteraria molto ben riusciti.
Pellegrino Artusi muore a Firenze il 30 marzo 1911 all'età di 90 anni. Dopo aver condotto una vita celibe (vivendo solamente con un domestico del suo paese natale e una cuoca toscana), il suo corpo riposa presso il Cimitero di San Minato al Monte. https://biografieonline.it/biografia-pellegrino-artusi

Lo Sapevate Che: Franco Cosimo Panini, è il re delle figurine che lanciò insieme ai fratelli negli anni sessanta


Dalle mitiche figurine alle piu' belle e prestigiose opere editoriali. Venerdì 30 marzo 2007, è morto, a 76 anni, uno dei più grandi raffinati editori al mondo. La sua opera gli sopravviverà, in quanto, come ci ha dichiarato Vittorio Sgarbi, l'uomo può diventare immortale attraverso le sue opere di pregio, attraverso le sue azioni. - Roberto Armenia

Ricordo Franco Cosimo Panini come imprenditore illuminato ma anche come grandissimo uomo, colto, raffinato, bibliofilo innamorato del suo lavoro e dei valori della famiglia e della convivenza civile, amante del bello e di profonda
dirittura morale e intellettuale.
Ricordiamo Franco Cosimo Panini con l'ultima intervista che ci ha rilasciato, quando
Il male inesorabile lo stava già minando.

 
FRANCO COSIMO PANINI è nato a Pozza di Maranello, nel 1931, ultimo di otto fratelli (4) e sorelle (4). E' sposato con Emilia Spalanzani. Dal matrimonio sono nati cinque figli (Laura, Silvia, Maria Teresa, Lucia e Luca). A dodici anni, comincia la sua esperienza con la carta stampata e con l'editoria, come garzone nell'edicola giornali di Corso Canalchiaro a Modena.  Nel gennaio 1945, assieme al fratello Umberto, acquista e gestisce l'edicola giornali di fronte alla facciata del Duomo di Modena. Nel 1951 si iscrive ai corsi serali dell'ENAL, diplomandosi in ragioneria il 27 luglio 1953. Dieci giorni dopo viene assunto come impiegato presso il Banco S. Geminiano e S. Prospero. Nel 1963 lascia la banca per raggiungere, assieme al fratello Umberto, i fratelli Giuseppe e Benito che avevano iniziato un'attività editoriale specializzata nella produzione di figurine per ragazzi. A partire dal 1970 inizia ad occuparsi dello sviluppo internazionale della società, fondando e presiedendo, undici società con il marchio PANINI, nei più importanti Paesi del mondo.
Nel 1983 viene chiamato a far parte del Consiglio di Amministrazione del Banco S. Geminiano e S. Prospero, del quale viene nominato Vicepresidente nel 1990. A partire dal 1989, a seguito della cessione delle "Edizioni Panini" -figurine-, Franco Cosimo Panini di dedica, a pieno tempo, alle edizioni d'arte e di cultura: costituisce il gruppo editoriale "Franco Panini" che, oltre alla "Franco Cosimo Panini Editore", comprende la "Franco Panini Ragazzi", "Comix", e la "Carterie" (ex Malipiero) di Bologna e, per alcuni anni acquisisce il controllo delle aziende fiorentine:  "Pineider 1774" e "Nardini Edizioni".La casa editrice, specializzata in edizioni d'arte e di approfondimento culturale, soprattutto dedicate a Modena e alla sua storia, ai suoi monumenti, ha come fiori all'occhiello la collana "Mirabilia Italiae" e le edizioni in facsimile della collana "La Biblioteca impossibile".
Nel gennaio 2003, per i meriti acquisiti nella promozione e diffusione dell'arte e della cultura, il Presidente della Repubblica, con un provvedimento speciale "motu proprio", nomina Franco Cosimo Panini Cavaliere di Gran Croce della Repubblica Italiana.

INTERVISTA

Con quali motivazioni e quali obiettivi è nato il "Gruppo editoriale Franco Cosimo Panini"?

E' nato nel 1989, quando da presidente delle "Edizioni Panini", leader mondiale nel mercato delle figurine, la famiglia ha deciso di cedere l'azienda all'allora colosso dell'editoria mondiale Robert Maxwell. Avevo due possibilità: o ritirarmi a vita privata, in pensione, oppure dare vita ad un gruppo editoriale votato alla cultura. Spinto dalla volontà di non interrompere i rapporti con gli autori di tutto il mondo e con gli Enti e le Istituzioni culturali con cui avevamo intrapreso felici forme di collaborazione, anche per tenere fede a impegni di ordine morale, ho deciso di rilevare dalle Edizioni Panini la "Divisione Libri" che, diversamente, con la nuova proprietà, sarebbe stata abbandonata.     
Ho così posto le basi per sviluppare un settore editoriale che privilegia i libri di approfondimento artistico-culturale, con una particolare attenzione per le tradizioni classiche e per il patrimonio artistico-culturale dell'Italia. L'obiettivo primario era ed è di offrire opere editoriali caratterizzate dalla qualità del contenuto, che è sempre di alto rigore scientifico, dalla progettazione e dalle soluzioni grafiche e tipografiche. Credo e spero di avere creato una nicchia come editore d'arte, così come era una nicchia quella delle figurine."Non importa quello che fai, ma cerca di farlo bene" è stata la filosofia che mi ha mosso prima con le figurine ed ora come editore d'arte.     
Desidero anche aggiungere che una delle ragioni che ci hanno spinto a cedere l'azienda "Figurine Panini" era la situazione familiare. Con figli e nipoti la famiglia era aumentata a dismisura per cui diventava impossibile garantire a tutti pari opportunità di lavoro. Si sta inevitabilmente ripetendo la situazione, oggi, con il gruppo editoriale, che rappresenta una calamita, una forte attrazione da parte dei miei figli. Spero che continuino ad avere la solidarietà e lo spirito di collaborazione che ci ha sempre caratterizzati. Fa parte della filosofia della famiglia Panini: nel bene e nel male si collabora insieme.

Se non sbaglio, il gruppo editoriale ha assunto livello e respiro internazionale?

Sì, è vero. Con le opere di cultura della "Franco Cosimo Panini editore" abbiamo pensato anche al mercato estero privilegiando opere dal respiro universale. Questo ci ha dato e ci sta dando risposte confortanti. Il processo di internazionalizzazione si realizza appieno con le opere della collana innovativa "Mirabilia Italiae", diretta da Salvatore Settis, che è stato anche direttore del "Getty Center for art and humanities" di Los Angeles ed è direttore della Scuola Normale Superiore di Pisa. E' una collana interamente nuova per qualità, concezione ed impianto editoriale. I testi e le didascalie sono in italiano e inglese: ciò per consentire al più vasto pubblico, anche internazionale, di avvicinarsi al patrimonio artistico dell'Italia. Siamo felici e orgogliosi anche perché l'opera è stata concepita e realizzata proprio come invito a visitare i monumenti d'arte e civiltà del nostro Paese

Quale è il criterio, la molla che spinge un editore a realizzare un'opera completa sotto tutti gli aspetti, a prescindere da quello economico?

L'editore vero, quello che noi chiamiamo editore puro, in quanto non si fa condizionare né da potentati politici né da eventuali sponsorizzazioni esterne si muove secondo diverse ottiche: quella della divulgazione culturale, quella dell'intrattenimento, quella dell'approfondimento culturale. Nel caso nostro, ci siamo mossi e ci muoviamo con l'obiettivo primario di dare alle stampe opere di grande approfondimento artistico-culturale, che conciliano il massimo rigore scientifico sia nei testi che nelle immagini riprodotte, con un linguaggio chiaro, leggibile e comprensibile anche ai non addetti ai lavori.

Essere editori a Modena? Quali le condizioni in cui possono operare gli editori a Modena?

Paradossalmente se si esclude il caso di Domenico Rococciolo, che ha sempre operato a Modena, tra la fine del XV e i primi del XVI secolo, nessun editore nato a Modena ha poi operato nella nostra città. Prova ne sia che i nostri grandi editori del passato da Zanichelli e Cappelli a Guanda, sono stati costretti ad emigrare prima a Parma poi a Milano, per non parlare di Formiggini che ritorna a Modena solo per gettarsi dalla Ghirlandina per protesta contro leggi razziali. Lo stesso si può dire del gruppo editoriale dell'"Avvenire" nato a Modena, poi trasferito a Bologna e, infine, a Milano. Perché hanno dovuto emigrare? I motivi sono diversi. Il primo, il principale è da individuarsi nel fatto che manca l'humus culturale che possa evitare fughe da questa città, sia per quanto riguarda la possibilità di realizzare opere editoriali, sia per l'utenza che è sempre molto modesta. Per questo motivo noi ci siamo dedicati ad una "nicchia" di prodotti editoriali molto particolari, con pubblicazioni che hanno un valore universale, così da poter essere diffusi in tutto il mondo.

Ma l'editoria viene aiutata dagli Enti pubblici?

Per quanto ci riguarda nulla o quasi nulla. Purtroppo gli Enti pubblici, non quelli di Modena ma dello Stato, i soldi ce li prendono. Con la legge Ronchey bisogna pagare ogni qualvolta si utilizza un'immagine dei Musei, delle Biblioteche. Siamo penalizzati anche da questo. Bisognerebbe fare una differenza tra quelli che utilizzano un'immagine per fare la pubblicità e gli editori d'arte, che hanno bisogno di tante immagini per fare cultura.

Cosa potrebbero fare le istituzioni?

E' un discorso molto delicato, perché bisogna stare attenti anche a non sovvenzionare iniziative che non hanno nessun valore culturale. Occorre, quindi, stabilire un limite. Si può assecondare attraverso servizi, la possibilità di far conoscere queste pubblicazioni. Secondo me l'Ente pubblico non deve intervenire: né penalizzando da una parte, né sovvenzionando dall'altra, altrimenti finiamo come il settore dei giornali di partito. Si possono organizzare convegni, mostre per richiamare l'attenzione del pubblico sul nostro lavoro.

Gli sponsor aiutano la cultura?

Credo che sia una razza in via di estinzione. La Fondazione Cassa di Risparmio di Modena non ha mai sponsorizzato una nostra pubblicazione. Molto spesso, vale "nemo propheta in patria". Anche quando ci sono delle mostre i cataloghi vengono fatti stampare da editori che vengono da fuori che poi chiamano "Ghirlandaia" la Ghirlandina... Nei primi tempi pensavo di fare libri per gli sponsor. Poi ho smesso di andare a cercare e faccio il mio lavoro senza il bisogno di chiedere e né di dare.

Se Modena fosse un libro d'arte, come i capolavori che Lei crea e diffonde, come la promuoverebbe?

Un importante architetto contemporaneo, Luigi Cervellati, ha detto che Modena è una bella città che fa di tutto per apparire brutta. Pertanto, è sicuramente possibile fare molto per rilanciare la città. E qualcosa si è già fatto e si sta facendo. A Modena abbiamo un gioiello dell'architettura che è il Duomo. A suo tempo ho assecondato il progetto di fare venire in città Dario Fo che si è messo davanti alla cattedrale per parlarne a modo suo, destando anche qualche malumore. Poiché c'era la televisione, il Duomo è stato visto da oltre un milione di persone. Dopo questo evento, il numero dei visitatori è triplicato. Di ciò ne abbiamo le prove perché la piccola guida del Duomo, che abbiamo realizzato in più lingue, tratta dai "Mirabilia", ha aiutato a rendere più agevole la visita.

Ma cosa "tira" a Modena?

Premetto che quando noi modenesi siamo in trasferta, tutti ci ammirano, ci invidiano la Ferrari, Pavarotti, la cucina e mettiamoci anche la "Panini", che con il campionato mondiale di calcio ha stampato miliardi di figurine per cento diversi Paesi. Per rispondere alla domanda, debbo dire che a Modena sono diverse le cose che tirano, richiamano interesse. Tra queste la gastronomia. Ma non dobbiamo misurare noi ciò che va, ma quelli che stanno fuori Modena

A Modena ci sono professionalità che hanno agevolato il vostro lavoro?

Certamente, soprattutto negli ultimi tempi nei quali abbiamo privilegiato la qualità rispetto ai prezzi. Abbiamo trovato una cultura grafica straordinaria dovuta probabilmente al fatto che molti grafici e stampatori devono cimentarsi a fare dei cataloghi di piastrelle con un'aderenza massima all'originale. Questo ci ha notevolmente assecondato nella realizzazione della collana di facsimili "La Biblioteca impossibile".

Che cos'è questa collana di facsimili e che cosa rappresenta nel panorama dell'editoria?

Come bibliofilo mi sono reso conto che proprio i libri più preziosi che appartengono al nostro patrimonio culturale cioè quelli realizzati in quella straordinaria stagione artistica che è stato il Rinascimento italiano per la loro fragilità non erano più accessibili alla visione. Un caso emblematico proprio quello della "Bibbia di Borso d'Este" che abbiamo la fortuna di possedere a Modena e della quale sono visibili, sotto una teca protetta, solamente due pagine per ognuno dei due volumi. Da qui l'idea di realizzare dei facsimili che fossero molto vicini all'originale che potessero essere sfogliati con calma e tranquillità. Chi oggi va alla Biblioteca Estense per vedere la "Bibbia di Borso d'Este" può ammirare l'originale chiuso sotto la teca e, dall'altra parte della sala, può sfogliare tranquillamente le 1.200 pagine del facsimile, una più bella dell'altra.

E' necessaria la "spettacolarità" per la cultura?

Credo che le rassegne (Impressionisti, Avanguardia russa...) in città, come Brescia, Treviso, Ferrara, Mantova, dove si investono cifre ingenti, con milioni di euro solo per fare comunicazione, siano operazioni non sempre valide, anche se spesso invidiate, perché fanno muovere centinaia di migliaia di persone. Persone che qualcuno ha definito anche "idioti viaggianti", in quanto molte volte non sanno che nei musei (per esempio, alla Galleria Estense di Modena, ricca di capolavori, entrano poche migliaia di persone in un anno) ci sono opere molto più importanti di quelle che vanno a vedere in mostre. Mostre che possono essere valide solo se sono delle antologiche che segnano il lavoro di un determinato autore (quella di Antonello da Messina a Roma è straordinaria e irripetibile) A Modena era valida, secondo me, quella di Nicolò dell'Abate, con opere provenienti anche dall'estero. Ma sarebbe stata necessaria una maggiore comunicazione nazionale, concentrando tutti gli sforzi finanziari di un anno su questo evento.

Ma si può sperare in un "rilancio" culturale?

E' meglio che funzionino gli asili che la cultura in una città. Ci sono priorità che devono essere riconosciute. Mi vengono a dire che a Ferrara la cultura è di gran lunga migliore di quella di Modena. C'è, certamente, un problema anche di vocazione di città d'arte, anche se depauperata a causa del trasferimento degli Estensi a Modena. A tal proposito potrebbe essere un'idea di avvicinarci di più a Ferrara, di cui siamo la continuazione per i tesori degli Estensi (la Biblioteca e la Pinacoteca). Così quando si fa una mostra a Modena o a Ferrara occorrerebbe collaborare. Nel 2007, Ferrara farà una grande mostra sugli Estensi, e sarebbe opportuno collaborare, associarci, darle una mano per richiamare turisti anche a Modena. Seguendo l'esempio di città come Mantova, Padova e Verona che in occasione del quinto centenario della morte di Andrea Mantegna hanno deciso di consorziarsi per una grande mostra sull'artista. Modena invece è completamente esclusa dalla grande mostra che Ferrara si appresta a dedicare agli Estensi. Se si considera che Ferrara ha i monumenti e qui a Modena si conservano le opere, i dipinti e le sculture, i libri, i codici miniati, si dovrebbe pensare che le due città possano consorziarsi e insieme collaborare. Noi, da anni, siamo gli editori di riferimento della città di Ferrara. Abbiamo stampato oltre duecento libri dedicati alla civiltà ferrarese. Tra questi anche l'opera fondamentale "Le Muse e il Principe", che è esaurita. Questi nostri libri sono tributari della civiltà ferrarese. Se le due città avessero collaborato per questa grandiosa ed epocale mostra, Modena avrebbe potuto prevedere visite guidate ai luoghi che conservano le opere di quella civiltà, luoghi che si trovano a Modena e anche a Sassuolo, fondata dal Duca Borso e dove si trova il bellissimo "Palazzo Ducale", una delle delizie della civiltà estense. Ma devono avere voglia di collaborare insieme sia le istituzioni sia le banche delle due città

A parte i riconoscimenti istituzionali, che sono tanti e prestigiosi, quale è la considerazione che Lei e le Sue edizioni avete nel mondo della cultura?

La considerazione è notevole. Qualche volta è anche eccessiva. Una collana sulla quale si insiste molto poco e che invece ha creato qualcosa di nuovo nel mondo del libro d'arte sono i "Mirabilia Italiae", per i quali si profonde un impegno quasi superiore a quello per i facsimili, per le difficoltà e le problematiche che pone ogni monumento che si vuole presentare.Per le edizioni in facsimile, invece, abbiamo riconoscimenti e complimenti da ogni parte del mondo. Soprattutto dalla Germania, dalla Svizzera e dalla Spagna, che sono i Paesi che, per primi, si sono cimentati nelle edizioni in facsimile. Oggi come oggi, sono loro, gli editori che da anni si sono specializzati nelle edizioni in facsimile, che si rivolgono a noi per capire, per vedere come abbiamo raggiunto i livelli di eccellenza nelle edizioni in facsimile, della nostra "Biblioteca Impossibile", proprio perché comprende i capolavori, i codici miniati delle grandi famiglie nobili, dai Visconti agli Aragonesi, dai Medici ai Montefeltro, dagli Estensi, cui hanno lavorato i migliori amanuensi e miniatori del tempo. L'idea di raccogliere gli esemplari più illustri di quell'immenso patrimonio artistico per secoli era un'utopia irrealizzabile. Oggi, è possibile realizzare copie integrali dei codici assolutamente identiche agli originali. Per cui, il sogno di ogni amante dei libri è dunque realtà. La "Biblioteca Impossibile" raccoglie e presenta i libri più belli del mondo.

Speciale: Il menù di inizio settimana! ...☺♥


Minestrone alla Milanese, ricetta Light
Per 4 persone

Ingredienti:

8 foglie di cavolo, 2 cipolle bianche, 3 carote, 3 patate, 2 gambi di sedano, 3 zucchine,
5 asparagi (a piacere), 150 gr di piselli sgranati, 100 gr di fagioli lessati a parte, 2 pomodori maturi, 120 gr di riso da minestra, 100 gr di pancetta a dadini, 1 bicchiere di bino bianco secco, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato, 80 gr di parmigiano grattugiato, olio, sale, pepe.

Pulire, lavare e tagliare a dadini le foglie di verza, le cipolle, le carote, le patate, il sedano e le zucchine. Ridurre a tocchetti anche gli asparagi, lasciando le punte di 2 cm. In una casseruola capiente, portare a bollore 2 lt di acqua e sbollentare separatamente le verdure per 2 minuti. Poi passarle per 4 minuti in una ciotola piena di acqua ghiacciata, scolandole poi definitivamente.
A parte lessare al dente il riso, ben sciacquato preventivamente. Scolarlo e tenerlo al caldo.
In una padella antiaderente fare rosolare la pancetta, senza grassi, bagnare col vino bianco e lasciare sfumare. Passare il tutto da un colino, onde scolare il grasso della pancetta. Riprendere l’acqua di cottura delle verdure e farla bollire sin quando sia ridotta circa a 1 lt. Unirvi le verdure, i pomodori pelati e ridotti a tocchettini, la pancetta e quando la massa riprende il bollore, far bollire ancora per 5 minuti, unendo anche i fagioli già cotti. Regolare di sale e pepe.
Lasciare intiepidire e unire il riso, il prezzemolo tritato, il parmigiano grattugiato, 1 filo di olio. Servire in zuppiera riscaldata.

Sformato di Carciofi e Scamorza
Per 6 persone

Ingredienti:

8 carciofi, 1 scamorza fresca, succo di 1 limone, 4 uova, 1 confezione di panna ( o metà panna e metà latte ), 50 gr di parmigiano grattugiato, pangrattato, burro, olio, sale e pepe.

Lavare e pulire i carciofi privandoli delle foglie dure, delle eventuali spine, tagliarli a metà ed eliminare il fieno all’interno. Ridurli a spicchi sottili e immergerli in acqua fredda acidulata col succo del limone. In una padella scaldare 3 cucchiai d’olio e lo spicchio d’aglio, unire i carciofi e rosolarli brevemente, insaporirli con sale e pepe e aggiungere ½ bicchiere di acqua calda, mescolare e farli cuocere ancora per 5 minuti. Imburrare una pirofila rettangolare e cospargerla con pangrattato. Disporvi i carciofi in uno strato uniforme e distribuirvi sopra la scamorza tagliata a fettine sottili. In una scodella battere leggermente le uova con una forchetta, unire la panna, il parmigiano, sale e pepe e battere ancora gli ingredienti.
Versare il composto nella teglia e metterla in forno preriscaldato a 180° per 25 minuti. Servire la preparazione direttamente nella teglia di cottura.


Biancomangiare di Mandorle
Per 4 persone

Ingredienti:

½ l di latte di mandorle, 50 gr di maizena, 60 gr di zucchero semolato, 1 cucchiaiata di pistacchi sgusciati, 1 cucchiaiata di mandorle spellate, 1 stecca di cannella, olio di mandorle dolci.

Stemperare l’amido in poco latte di mandorla, aggiungere lo zucchero, il latte rimasto, mescolare bene e trasferire il composto in una casseruola. Cuocere, portando lentamente a ebollizione e mescolando finché la crema si sia addensata e toglierla dal fuoco.
Spennellare uno stampo da ½ lt con un filo d’olio di mandorle, riempirlo con la crema ancora calda, fare raffreddare a temperatura ambiente e poi trasferire lo stampo in frigorifero per almeno 6 ore.
Sbollentare i pistacchi, lasciarli intiepidire, pelarli, asciugarli e passarli brevemente al mixer. Tritare nello stesso modo anche le mandorle e sbriciolare nel mortaio la cannella. Sformare il dolce, cospargerlo con gli ingredienti preparati e servirlo.