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venerdì 20 ottobre 2017

Lo Sapevate Che: Angela ama il football e non teme nessun uomo...



Certamente Per Il Cognome, ma molto anche per il suo carattere, Angela McQueen era cresciuta con la fama del “tomboy”, del maschiaccio. I compagni la chiamavano Steve, come l’attore famoso per i suoi numeri al volante, che era tornato improvvisamente d’attualità con il film di animazione Cars. Ma a lei, più delle macchine veloci, piaceva lo sport. Nella scuola pubblica di Mattoon – paesone del MidWest americano, tra Indianapolis e St. Louis – che aveva frequentato per tutta la sua vita di bambina e di ragazza, dalle elementari al liceo. Angela aveva praticato ogni sport accessibile a una femmina. Primeggiava nel basket, grazie al suo metro e ottanta di statura, e per la squadra del liceo aveva segnato mille punti in quattro anni, record storico sia per maschi, sia per femmine. Il suo sogno, però, era il football americano, quella sorta di rugby corazzato. Con la complicità del suo ragazzo, che giovava nel team scolastico, Angela un giorno aveva indossato di nascosto l’uniforme, completa di elmetto l’uniforme, completa di elmetto, e partecipato a una partita di allenamento come difensore, assegnata al placcaggio degli avversari. Solo quando, in una mischia, le era stato strappato l’elmetto e i capelli biondi erano scivolati sulle spalle, il coach, l’allenatore, si era accorto che era una ragazza e l’aveva esclusa, a termini di regolamento. Non senza essersi prima complimentato: “Avessi undici maschi come te, vincerei il campionato, le aveva detto. Dieci anni, una laurea e un master più tardi. Angela (Steve) McQueen era tornata nella scuola in cui era cresciuta, questa volta nelle vesti di professoressa di matematica e, inevitabilmente, insegnante di educazione fisica. Indossava ancora i leggings e la felpa dell’ora di educazione fisica quando, la mattina del 22 settembre, è entrata nella caffetteria della scuola per la pausa pranzo. Come tutti gli altri presenti, era curva sul telefonino e, all’improvviso ha udito un suo nonché non aveva più sentito da quando il padre, ex sergente dell’Esercito, la portava con sé al poligono di tiro, per insegnarle a maneggiare le armi da fuoco. Era l’inconfondibile “clack” metallico dell’otturatore di una pistola automatica, seguito subito dopo dall’esplosione dei primi colpi. Uno studente aveva fatto irruzione nella caffetteria e cominciato a sparare. Accanto ad Angela, una ragazza, che aveva tentato di scappare, era caduta e gridava. Altri avventori correvano in tutte le direzioni, inciampando o crollando sul pavimento. Intanto il ragazzo sparava, sparava, interrompendosi soltanto per introdurre un caricatore nuovo. È stato nella pausa brevissima, fra l’espulsione del caricatore vuoto e la sostituzione con uno pieno, che Angela-il maschiaccio ja deciso di agire. È scattata dal tavolo e si è buttata addosso al ragazzo con la pistola, ricordando le istruzioni per il placcaggio dell’avversario. Si è lanciata alla sua vita, piantandogli la testa contro il ventre, come un ariete, per togliergli il fiato. Il ragazzo, sbalordito dall’assalto di quella bionda dai lunghi capelli, ha tentato di puntarle contro la pistola, ma lei era stata più veloce: lui è riuscito soltanto a vuotare il caricatore contro il soffitto. Angela l’ha steso a terra, bloccandogli il braccio armato, mentre un addetto ai servizi – quello che in altri tempi, politicamente scorretti, si sarebbe chiamato “un bidello” – si gettava al suo fianco per immobilizzare definitivamente lo sparatore. Quando sono arrivate le ambulanze, i dieci feriti, fortunatamente nessuno in pericolo di vita, sono stati trasportati all’ospedale e il ragazzo arrestato. Angela, detta Steve, ha rifiutato ogni intervista. Le sue uniche parole sono state riferite dalla madre, che aveva sempre guardato male la sua passione per gi sport da maschiacci: “Hai visto mamma? Non avere paura dei maschi può tornare utile”.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica 14 ottobre 2017 -

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