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martedì 3 ottobre 2017

Lo Sapevate Che: Diario da un Paese fermo a 50 anni fa....



Le Paure Di Questi Giorni mi fanno riesumare un vecchio taccuino di viaggio, un Moleskine di 11 anni fa: appunti sulla mia visita in Corea del Nord. Una missione semi-clandestina, un viaggio nell’orrore, ma in un’epoca che appariva un po' meno terribile di oggi. Kim Jong-un viveva da bamboccio viziato fra i lussi, forse in Svizzera, tenuto a distanza dal babbino-dittatore. Il regime era feroce (..), ma ancora lontano dalla bomba H o dai missili intercontinentali. Ecco un frammento dai miei ricordi del 2006: “Il quadrireattore Ilyushin 62, di fabbricazione sovietica, mostra gli acciacchi dei suoi 40 anni, ma non c’è alternativa. Il volo Air Koryo tra Pechino e Pyongyang è il solo collegamento regolare tra la Corea del Nord e il resto del mondo. È un’impresa prenderlo. E’ raro che riescano a entrare dei giornalisti. A bordo i passeggeri nordcoreani si riconoscono: completo grigio e cravatta, all’occhiello la spilla rossa con l’effigie del Caro Leader. Appena atterrati a Pyongyang, iniziano riti che segnalano l’ingresso in un universo remoto e misterioso. La Corea del Nord è l’unico Paese al mondo dove i telefonini vengono sequestrati dalla polizia di frontiera, quelli fissi sono disabilitati a ricevere chiamate dall’estero solo pochi potenti hanno un accesso a Internet, e il visitatore viene scortato da due funzionari governativi con cui occorre “concordare l’itinerario. Le dimensioni monumentali della capitale accentuano l’atmosfera irreale, da città-fantasma. Dopo il passaggio davanti allo Stadio Kim Il Sung (fondatore del regime, deceduto nel 1994, nonno dell’attuale dittatore), l’Arco di Trionfo celebra la guerra contro gli americani, la statua bronzea di Kim Jong-il (il tiranno numero due, al potere durante il mio viaggio, morto nel 2011), talmente colossale da essere visibile dai satelliti-spia. Tutta l’architettura urbana è un omaggio titanico all’unica monarchia ereditaria comunista della storia, la cui ideologia accentua col passare degli anni i connotati religiosi. Il leader si attribuisce poteri soprannaturali, alimenta leggende sui propri miracoli. Si erigono in suo onore templi che ricordano il culto dell’imperatore nell’èra confuciana. Pyongyang sembra finta. Una immaginaria Disneyland spopolata – senza turisti – tutta dedicata alla storia del comunismo, un Jurassic Park per farci viaggiare all’indietro nel tempo. Un mondo ricostruito com’era mezzo secolo fa, all’apice della guerra fredda. Anche il resto della città ricorda un vecchio documentario in bianco e nero, ma piano piano vi compare un mesto popolo di ombre, e una realtà diversa sostituisce l’impressione di stare a Disneyland. Un grattacielo.piramide abbandonato e mai finito, file di caseggiati dai muri scrostati o senza intonaco compongono un paesaggio da dopoguerra. E quei locali squallidi che s’intravedono illuminati da deboli neon sono le abitazioni dei semiprivilegiati, il “ceto medio” al quale il regime concede la residenza nella capitale dove stenti e privazioni sono un po' minori. È concesso un breve viaggio in metropolitano: lo scopo è farci ammirare la profondità dei tunnel-rifugi antiatomici. Il tragitto sottoterra si percorre circondati da una popolazione gelida e silenziosa, dagli sguardi tristi e sfuggenti, con abiti grigi, tagli e fogge da Europa dell’Est anni ’50. Questo è l’unico angolo d’Asia dove i bambini non sorridono allo straniero, non lanciano un hèl-lou! Allegro, ma anzi, abbassano gli occhi o si scostano impauriti”. Quel giorno mi sono sentito temuto e odiato, in un Paese che da mezzo secolo viene mantenuto in allarme permanente, mobilitato per fronteggiare un’invasione sempre imminente. La follia con cui un tiranno criminale manovra per conservare il proprio potere è diventata contagio, paranoia di massa, impazzimento di un popolo.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 23 settembre 2017 -

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