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giovedì 12 ottobre 2017

Lo Sapevate Che: Quell'elefante è un bravo marito...



Mi Capita Raramente di vedere elefanti in carne e ossa. Non frequento da tempo gli zoo e non visito da anni i parchi africani. Accade invece più banalmente che mi imbatta in immagini (al cinema, alla tv, in fotografie) di quei simpaticissimi animali. E a volte, quasi per riflesso condizionato, il mio pensiero corre a Michel Foucault. Si proprio lui, il filosofo. Il7 gennaio 1981, tre anni prima della sua morte, entrava quasi di corsa nell’anfiteatro affollato del College de France, a Parigi e, dopo essersi tolta la giacca, cominciava a parlare con voce forte, amplificata da altoparlanti, e con un tono teso. Nessun effetto oratorio. Niente improvvisazione. Il discorso limpido, efficace, intenso. Quella lezione (che si trova in “Subjectivité et Verite”- Cours au Collège de France 1980-1981, editori Galliard e Seuil) ha come protagonisti gli elefanti. Molti intellettuali hanno preso con Foucault l’abitudine di lavorare non come Jean-Paul Sartre, non in termini universali, sull’esemplare, sul giusto-e-il-vero-per-tutti, ma in settori determinati, dedicandosi a punti precisi, dove si situano le loro condizioni di lavoro o di vita: l’alloggio, l’ospedale, l’ospizio, il laboratorio, l’università, i rapporti familiari, la sessualità. È con queste parole che lo stesso Foucault descrive la tendenza da lui promossa. Quel giorno il tema trattato al Collège de France era la storia della sessualità. Le origini del principio dell’etica sessuale monogamica. La coppia di elefanti era al centro della lezione. Il filosofo cominciò col citare un santo, François de Sales, che nell’”Introduction à le vie dévote” (capitolo 39, libro terzo) presenta l’elefante come esempio da seguire per quel che riguarda la sessualità. Naturalmente, scrive il santo, si tratta di una grossa bestia, ma è la più dignitosa e la più intelligente. François de Sales si sofferma sulla sua fedeltà. L’elegante non cambia mai femmina, ama teneramente quella che ha scelto, non la tradisce. Con lei si accoppia a lunghi intervalli, ogni tre anni, e durante cinque giorni, non di più. Agisce in segreto, lontano da occhi indiscreti. Nessuno lo deve vedere. Il sesto giorno, riferisce il santo nel brano letto dal filosofo, cerca un corso d’acqua e vi si immerge al fine di lavare l’intero corpo. Non ritorna nel branco fino a che la pelle non si sia asciugata, vale a dire purificata. Non sono comportamenti belli e onesti, si chiede estasiato il santo del Cinquecento? Tra tutte le lezioni impartite dalla natura al genere umano, sostiene sempre Saint François de Sales, l’esempio dell’elefante è evidentemente uno dei più raccomandabili. Gli sposi cristiani dovrebbero ispirarsi al suo comportamento. Una volta soddisfatte, o meglio concluse, sensualità e voluttà, che sono parte della vocazione delle persone sposare, quest’ultime, come l’elefante, dovrebbero subito purificarsi. Dovrebbero “lavarsi il cuore e l’affetto”. Quella dell’elefante è la lezione della natura agli uomini, ed è conforme all’eccellente dottrina che San Paolo dà ai Corinzi. Il Comportamento sessuale dell’elefante come blasone di buona condotta unisce il mondo pagano a quello cristiano. Plinio il Vecchio ha preceduto il collega naturalista Ulisse Altrovandi di parecchi secoli. E ancora più tardi, nel Settecento, un altro celebre naturalista, Buffon, ribadì la stessa ammirazione per gli elefanti. Ma con una sostanziale differenza: mentre François de Sales Ulisse Altrovandi vedono nell’elefante una certa ripugnanza per l’atto sessuale, tanto che sente l’immediato bisogno di purificarsi, Buffon insiste sul desiderio, sul risveglio della passione prima del matrimonio, durante una specie di fidanzamento. Il segreto in cui avviene l’accoppiamento non è dovuto unicamente al pudore, garantisce l’intimità e accresce il desiderio. In testi dei primi secoli cristiani si interpreta l’immersione dell’elefantessa gravida nell’acqua del fiume come una specie di battesimo purificatore, e al tempo stesso un modo di proteggersi dal serpente, vale a dire dal peccato. Andando molto più indietro nel tempo, Aristotele era più cauto sul comportamento sessuale degli elefanti (conosciuti dai Greci durante le spedizioni di Alessandro). Li descriveva infatti talvolta in preda alla violenza, non sempre dolci con le femmine. Non erano costanti esempi di galanteria. Questo è il riassunto di una delle dotte lezioni di Foucault sulla storia della sessualità, di cui è parte la favola dell’elefante, proposta secoli fa come morale coniugale.
Bernardo Valli – Dentro E Fuori – L’Espresso – 8 ottobre 2017 -   

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