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sabato 7 ottobre 2017

Lo Sapevate che: Il rapporto tra migranti e malattie infettive? I numeri dicono: Nessuno...



“È assurdo pensare ai migranti come ai nuovi untori: non c’è rapporto tra migrazioni e malattie infettive, e in nessun modo l’immigrazione ha determinato un incremento di incidenza delle malattie infettive nei Paesi di destinazione”. Il parere è autorevole: Giuseppe Ippolito, direttore scientifico dell’Istituto nazionale malattie infettive Lazzaro Splallanzani di Roma, risponde così ai dubbi inoculati da alcuni media nel sentire comune. Il 7 ottobre affronterà il tema al Teatro Sociale di Bergamo nel corso del festival Bergamo-Scienza (dal 30 settembre al 15 ottobre). Non solo non esistono dati a sostegno dell’ipotesi di un’incidenza dei rifugiati sulla diffusione di malattie infettive, dice, ma questa relazione è smentibile anche solo attraverso la logica: “Chi riesce ad arrivare nel nostro Paese di solito è sano: si tratta di persone che hanno fatto viaggi in condizioni igieniche precarie, esposte a freddo e acqua di mare. E hanno superato tutto questo proprio grazie a una buona salute” dice Ippolito. “Possono capitare, certo migranti con infezioni che da noi sono poco comuni, ma si tratta di eventi rari: possiamo ribadire che non c’è stato alcun cambiamento nella frequenza delle malattie infettive collegabile ai migranti”. Anche il drammatico caso di malattia dell’ospedale di Trento non vuol dire che questa stia tornando in Italia. “Abbiamo circa seicento casi di malaria all’anno e riguardano tutti persone che sono state in vacanza all’estero. E che avrebbero potuto prevenire la malattia con una profilassi adeguata, come quella suggerita sul sito Viaggiaresicuri.it del ministero degli Esteri, dove l’istituto Spallanzani cura per ogni nazione una scheda su malattie locali, vaccini utili, comportamenti da seguire, per esempio non acquistare cibi per strada” sottolinea Ippolito. “Ma la leggerezza in tema di salute con cui molti partono per un Paese lontano non è un problema soltanto italiano: è diffuso in tutto l’Occidente”. Anche un’altra malattia infettiva di cui si è parlato molto nei mesi scorsi, la meningite, per Ippolito è stato oggetto di un allarmismo poco giustificato dai numeri: “In Italia abbiamo cento casi di meningite all’anno, ed un numero sostanzialmente stabile nel tempo. L’anno scorso un eccesso di casi si è riscontrato solo in Toscana, in un’area limitata, la Valle dell’Arno”. Ciò che fa più scalpore per i media non è sempre ciò che è davvero rilevante: “Ci si spaventa per i due casi di carbonchio di inizio settembre a Roma – dovuti al contagio di bovini infetti – ma si trascura che oggi le infezioni ospedaliere da batteri multiresistenti fanno molti più morti di malaria, Hiv, tubercolosi e meningite messi assieme: tra quattromila e settemila l’anno”. Nel futuro ci sono la prevenzione e lo sviluppo di nuovi antibiotici. “Sfida importante se pensiamo che nell’arco di quindici anni il 60 percento della popolazione vivrà in aree urbanizzate, e questo favorirà il propagarsi delle malattie infettive” osserva Ippolito. “Ma siamo attrezzati: l’Italia ha moltissimi reparti di malattie infettive, forse più di tutti gli altri Paesi. Una rete capillare che è stata realizzata grazie ai finanziamenti per la lotta all’Aids e che per noi può essere motivo di orgoglio”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di la Repubblica – 29 settembre – 2017 - 

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