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mercoledì 30 maggio 2018

Lo Sapevate Che: Sicuri che le Iraniane siano così sottomesse?...


Visitare L’Iran È un’esperienza tanto più intensa, se a farlo sono donne occidentali. Lo so perché ho viaggiato con loro: amiche di mia moglie, un gruppo piccolo ma variegato, con passaporti italiano, francese, croato, americano e brasiliano. Anche per noi mariti è stato un viaggio straordinario, ma le donne erano in prima linea nell’affrontare le realtà più controverse. Il velo obbligatorio non è un sacrificio da poco. Tant’è che alcune iraniane più giovani e spregiudicate osano contestarlo. Altre, più numerose, manifestano in privato la loro insofferenza.  Al di là del simbolo di discriminazione contro le donne, della sessuofobia dell’Islam nell’interpretazione che ne danno i suoi leader contemporanei, c’è l’aspetto pratico. Appena le temperature salgono quella stoffa in testa è un fardello, fa sudare sgradevolmente. Il velo è stato un tema costante del viaggio: se si ha spirito di osservazione, diventa un test sull’evoluzione della società iraniana. È obbligatorio, sì, ma in pubblico. E ci sono tante versioni, dietro le quali emergono le personalità delle donne. C’è chi lo porta nero e chi lo sceglie coloratissimo. C’è un modo sottile di lasciarlo scivolare all’indietro scoprendo ampie ciocche di capelli (tinte, appena uscite dal parrucchiere), finché mezza testa è “nuda”. Le donne occidentali in Iran attirano l’attenzione. Curiosità, molta. Ostilità, poca e rara, almeno nelle città che abbiamo attraversato: Kashan, Isfahan, Yazd, Rayen, Shiraz. Non è solo per come portano il velo (generalmente sgargiante e disordinato) che vengono osservate con sguardi stupiti e divertiti. C’è dell’altro che può fare scalpore. È la presenza in pubblico, la gestualità, il modo di parlare, la disinvoltura e i toni vivaci della voce, l’atteggiamento verso i mariti. Da questo body language traspare qualcosa che per noi è scontato e cioè sicurezza e autostima, uno status sociale che è stato conquistato in America e in Europa ma non altrove. La varietà di atteggiamenti delle donne è molto ricca, in Iran, Ci è capitato di trovarci in un ristorante a fianco di una lunga tavolata (anzi, un divano di legno coperto di tappeti, dove si mangia accovacciati) che era solo femminile. Con un po' di ginnastica linguistica – l’inglese non è molto diffuso – abbiamo appreso che era un gruppo di professoresse in pensione, in gita turistica. Variopinte, “discinte” nell’uso del velo, allegre, estroverse. Hanno animato il nostro pranzo con le loro risate e gioia di vivere. Non bisogna credere che la dittatura politica e l’oscurantismo religioso facciano dell’Iran una nazione triste. Tutt’altro. Poi c’è la complicità femminile. Noi veniamo tagliati fuori, allontanati, appena cominciano le confidenze. Tipico è il gesto dell’iraniana che fa vedere all’italiana le sue foto su WhatsApp: “Guarda come mi vesto a casa mia”. Seminude, senza velo, iper-sexy, così ce le hanno raccontate a posteriori le nostre mogli ammesse nel cerchio delle rivelazioni. Lo scollamento tra gli obblighi pubblici e le preferenze private è enorme, mostruoso. Infine c’è Teheran, la megalopoli è un mondo a parte. Più grande di New York, diversa dal resto dell’Iran così come New York non rappresenta l’America. Passeggi sulle alture di Bame-Teheran, sopra i quartieri residenziali della borghesia medio alta, e lì il velo è accessorio di lusso, indossato in modo scanzonato, quasi lascivo, scivola con negligenza in uno sfoggio di Hermés, Gucci, Ferragamo. Nei caffè letterari della capitale. Affollati di giovani artiste, le teste si scoprono del tutto. Ma basta prendere il metrò verso la Teheran bassa, i quartieri popolari, ed ecco riapparire le donne in nero, Anche nella disinvolta capitale, il velo non è mai un dettaglio. E’ un segnale per definire ciò che si è e, o si vuol essere.
Federico Rampini – Opinioni – Donna di La Repubblica – 19 maggio 2018 -

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