Strano Destino quello di Lina Cavalieri. La diva
massima del suo tempo, self-made woman ante litteram, pioniera di Hollywood, è
stata nel tempo dimenticata dal grande pubblico, eppure il suo resta uno dei
volti più conosciuti della storia contemporanea. È infatti lei che Piero
Fornasetti dal 1951 in poi (impresa proseguita dal figlio Barnaba) riproduce
ossessivamente sui piatti di Tema e
Variazioni, forse la sua opera sarà famosa, incantato dalla perfezione dei
suoi lineamenti e dalla calma olimpica del suo sguardo. Ma omaggi postumi a
parte, la fama di donna più bella del mondo Lina Cavalieri la mantiene per
tutta la carriera, dagli inizi de ‘900 fino al 1920. Gabriele D’Annunzio la
definiva “massima testimonianza di Venere in Terra”, e non esagerava: lei ha
rappresentato il prototipo della star, eguagliata ai suoi tempi solo da Enrico
Caruso (la loro interpretazione della Fedora
al Metropolitan di New York nel 1907 entra nel mito anche per
l’appassionato ed estemporaneo bacio con cui i due chiudono il primo atto, che
le vale l’appellativo di the Kissing
primadonna. Ovvio dunque che l’allora nascente Hollywood, alla ricerca di nomi per attirare le folle, guardasse a lei, rendendola
una delle sue prime star. Quel che però è davvero interessante è che
contemporaneamente ai trionfi di Lina, una schiera di italiani stava plasmando
la vita, la cultura e l’industria californiana. Un drappello di attori,
artigiani, impresari e architetti, le cui imprese saranno presto raccontate in
una grande mostra al Museo Salvatore Ferrogamo di Firenze. Tema non casuale: il
fondatore del marchio costruisce la sua fortuna proprio ad Hollywood, dove tra
il ’15 e il ’26 diventa il simbolo della calzatura di lusso per divi e moghul.
Ma al di là della sua storia, l’Italia a
Hollywood (dal 25/5 al 19/3/2019) ricostruisce minuziosamente
quest’invasione creativa. “Non erano diseredati emigrati per necessità. Ma
professionisti che investivano sul proprio know-how, dai pescatori di Ischia ai
Guasti, viticultori, spiega Stefania Ricci, direttore della Fondazione
Ferragamo. “Avevano una visione imprenditoriale che nella neonata Hollywood
finisce per fare la differenza”. Lina Cavalieri è perciò solo la punta
dell’iceberg, ma la vita dell’artista romana ha comunque del leggendario. Nasce
nella notte del Natale del 1875 da una famiglia poverissima: per guadagnare
qualche spicciolo neanche quindicenne si esibisce nei locali della capitale,
ballando e cantando canzoni folcloristiche. Ha talento, ma soprattutto fascino:
gli impresari la notano, e inizia la sua ascesa. Nei café chantant di Napoli prima e a Parigi dopo, alle Folies
Bérgères, dove contende il ruolo di vedette alla bella Otero; poi è la volta di
San Pietroburgo, dove attiva con una fama di diva suprema consolidata da
un’attenta gestione della propria immagine (molla 3 dei 5 mariti quando le
chiedono di abbandonare le scene); Lina ha intuito, sa come promuoversi in
quell’epoca proto-mediale. “Capiva chi frequentare, dove e quando farsi vedere,
come rimanere rilevante usando il teatro, le cartoline illustrate (antenate di
poster e Instagram) e le incisioni discografiche: è l’unica a farne, con Caruso,
gli altri cantanti temono di fare una magra figura”, spiega Elena Mosconi,
professore di storia del cinema e autrice del capitolo dedicato all’artista nel
catalogo della mostra. “Si capisce perciò come mai fu la prima delle grandi
della lirica a passare al grande schermo. Il debutto è nel ’15 con Manon Lescaut, cui segue Sposa nella morte, l’unico suo film di
cui possediamo un frammento. Firma possediamo un frammento. Firma un contratto
con la Paramount fino al’20, ma a quel punto, a 45 anni, decide di ritirarsi”. Il cinema però le resta nel
cuore: nelle sue memorie. Le mie verità. Del ’36, progetta un film autobiografico in cui fare
da voce narrante. L’idea va in porto solo nel ’55, lei è scomparsa da tempo: al
suo posto c’è Gina Lollobrigida, il titolo della pellicola è, giustamente, La donna più bella del mondo. Hollywood
non dimentica i suoi miti.
Serena Tibaldi – Star Leggendarie –
Donna di La Repubblica –12 maggio 2018
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