Negli ultimi dieci anni
quasi due milioni di studenti hanno lasciato la scuola secondaria. A dirlo è un
rapporto appena pubblicato su Tuttoscuola, noto periodico d’informazione
educativa. Che a questo dato scoraggiante aggiunge altre cifre non meno
preoccupanti. Come
la classifica degli abbandoni scolastici che vede l’Italia ai primi posti tra i
paesi Ue.
Peggio di noi stanno solo Spagna, Malta e Romania. Così, nella società della
conoscenza, una parte del Paese sprofonda nell’ignoranza. Con una perdita di
competenza e di competitività i cui danni ricadono sull’intera collettività.
Gli esperti sono unanimi nell’evidenziare una connessione diretta tra la
“mortalità” scolastica e l’occupazione giovanile. Che nel nostro Paese è tra le
più basse d’Europa, specie per quei ragazzi che si sono fermati alla licenza
media. Il loro tasso occupazionale non arriva al 9 per cento, contro uno
standard europeo che tocca il 20. Non a caso va meglio per i diplomati di
scuola superiore che sfiorano il 25 per cento. Ma siamo in ogni caso lontani
dagli altri Paesi dell’Unione, dove i diplomati che trovano lavoro sono circa
il doppio dei nostri. Oltretutto per i minori che hanno disertato le aule, il rischio
povertà ed esclusione sociale è quasi una certezza. Insomma, se la scuola è il
passaporto per muoversi nel futuro, il nostro Paese sta creando una schiera di
persone condannate all’immobilità sociale. Sudditi, più che cittadini. Destinati
a ripercorrere i passi delle famiglie di origine. La condizione di queste
vittime predestinate rivela il fallimento delle politiche educative. Perché, diceva
Don Milani, se si perdono i ragazzi più svantaggiati la scuola non è scuola. È
un ospedale che cura i sani e respinge i malati.
Marino Niola – Scienze – Il Venerdì di La
Repubblica – 11 maggio 2018 -
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