Mentre negli Stati Uniti la dipendenza
dagli antidolorifici oppiacei è diventata un’emergenza nazionale, una nuova
speranza di combattere il dolore in modo più sicuro arriva dalle ricerche sugli
“uomini in fiamme”. Si chiamano così, sebbene il raro disturbo tocchi entrambi
i sessi, i malati di eritromelalgia. Questa sindrome, durante gli attacchi,
provoca una disidratazione dei vasi sanguigni di piedi e mani e fa sì che
toccando qualcosa, o anche semplicemente indossando calze o scarpe, si provino
dolori lancinanti, che solo il ghiaccio attenua. Stephen G. Waxman, direttore
del centro di medicina rigenerativa dell’Università di Yale, è lo scienziato
che ha cercato in tutto il mondo i casi in cui l’entromelalgia è ereditaria,
per individuare il gene coinvolto, che lui definisce “il megafono del dolore”,
e trovare il modo fi spegnerlo anche in chi soffre di dolore cronico o
neuropatico. È la sfida, durata vent’anni e solo ora alle battute finali, che
Waxman racconta in Chasing Men on Fire.
The Story of the Search for a Pain Gene (Cercando gli uomini in fiamme. La
storia della ricerca per un gene del dolore, Mit Press, pp.320, euro 37,90).
“Nei sani, il dolore è un segnale utilissimo, che avverte di un danno subito
dal corpo cosicché possiamo rimediare o sottrarci a un pericolo. Ma c’è un tipo
di dolore, quello neuropatico, che è causato da disfunzioni del sistema
nervoso. Ed è quindi inutile e tormentoso spiega Waxman. “Può arrivare con il
diabete o con il fuoco di Sant’Antonio. Può essere originato dalla
chemioterapia o avere una radice genetica, come nelle famiglie degli uomini in
fiamme”. Proprio studiando queste ultime, dall’Alabama all’Olanda e alla Cina,
Waxman ha scoperto la causa della malattia. “Si trova nel gene SCN9A, che
codifica una molecola presente nei nervi periferici dell’organismo, detta
Nav1.7. Se questa molecola è difettosa, invia continui segnali di dolore verso
il cervello “spiega Waxman. “Anche negli altri casi di dolore neuropatico
Nav1.7 è iperattiva silenziarla è tra le sfide più importanti di oggi”.
Esistono più strade possibili: “le compagnie farmaceutiche stanno sperimentando
in modo automatico le centinaia di migliaia di molecole dei loro archivi per
trovare quella capace di legarsi a Nave1.7 e bloccarne l’azione. Altri
scienziati invece sono impegnati nello sviluppo di una terapia genica. E altri
ancora si ispirano alle tossine animali che ci urticano superstimolando Nav1.7,
per studiare sostanze che abbiano l’effetto inverso” dice Waxman. “È una
ricerca che potrebbe concludersi fra qualche anno, curando gli uomini in fiamme
e gli altri sofferenti di dolore neuropatico, senza gli effetti collaterali –
intontimento, sonno, dipendenze – degli analgesici odierni, perché per bloccare
Nav1.7 si agisce sui nervi periferici e non sul cervello. E magari sarà anche
il futuro dell’anestesia”.
Giuliano Aluffi – Scienze – Il Venerdì di La Repubblica – 4
Maggio 2018 -
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