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venerdì 4 aprile 2014

Lo Sapevate Che: Poteri&Poteri...




Renzi in Europa, ma non per lamentarsi

Per convincere gli alleati a Bruxelles non serve o mostrare i muscoli.
Il ricordo dei tentativi falliti di Berlusconi e Tremonti è ancora fresco. L’unica strada possibile per Matteo è mostrarsi davvero affidabile

Nei rapporti internazionali più del peso economico o, come si sarebbe detto un tempo, della potenza militare, vale una risorsa immateriale: la reputazione. Lo storico handicap italiano è proprio quello di una reputazione claudicante dovuta ad una scarsa affidabilità.
Dai giri di valzer all’8 settembre, le oscillazioni dei nostri governanti in tema di alleanze e di mantenimento degli accordi hanno impresso sull’Italia lo stigma di un paese che considera gli impegni presi “à la carte”: variabili e mutevoli a seconda delle circostanze. Se a questo aggiungiamo i frequenti cambi di governo, e quindi le diverse personalità che hanno incarnato la nostra politica estera, il problema di identificare un interlocutore affidabile da parte degli altri paesi aumenta esponenzialmente.
Sul Piano Internazionale la fine della guerra fredda non ha modificato le nostre linee guida di politica estera e quindi atlantismo ed europeismo sono rimaste le stelle polari anche se con enfasi diverse, calibrate sul colore politico delle coalizioni di governo che si sono succedute negli ultimi vent’anni. A un centro-sinistra fortemente impegnato nel progetto europeo e fedele all’alleanza atlantica si è alternato un centro-destra sbilanciato sulla sponda atlantica per compensare lo scarso feeling in sede Ue. Tuttavia, anche il latente euroscetticismo della coppia Berlusconi-Bossi nulla ha potuto di fronte ai vincoli dei trattati e delle norme adottate in sede comunitaria. Per fortuna, ovviamente. Senza quei vincoli il peronismo mediterraneo di stampo berlusconiano ci avrebbe condotto su una china argentina, come già alcuni analisti, nel gennaio 2011, al meeting annuale di Davos, preconizzavano.
Però la virtuosità imposta ai nostri conti pubblici (sfasciati) ha un costo, riassumibile in minor risorse da investire. Questo crea tensioni e impazienze. La disinvoltura finanziaria del centro-destra giustamente ne soffriva, ma altrettanto ne soffrono i tentativi di rilancio dell’economia attraverso investimenti e spese prefiguranti dell’attuale governo. L’unica strada per poter rimodulare in altra forma alcune voci di spesa è quella di trovare un consensus generalizzato tra i partner europei. Si tratta cioè di creare una coalizione di interessi che faccia pressione, nelle sedi proprie, su quei governi che rimangono scettici sulla capacità di conciliare rigore e crescita nei paesi in maggiore difficoltà. E, per convincere gli altri, la reputazione di nazione “seria e affidabile” è fondamentale.
Per Sua Fortuna Matteo Renzi arriva dopo Mario Monti ed Enrico Letta, due leader tra i più stimati in Europa e soprattutto nelle istituzioni comunitarie. Il terreno è stato quindi ben preparato, ma il ricordo delle uscite improvvide di Berlusconi e Tremonti è ancora ben vivo nelle memorie delle cancellerie europee. Quelle posture assertive e proto nazionaliste esibite dal nostro presidente del Consiglio nei primi incontri europei rischiano di richiamare le posizioni di quella coppia infausta e non la serietà dei suoi immediati predecessori. Le sue dichiarazioni burbanzose sull’Europa che deve cambiare sono controproducenti a Bruxelles, dove è meglio lasciar lavorare la diplomazia. E lo sono, anche e soprattutto, sul piano interno. Perché inevitabilmente sollecitano il sentimento di diffidenza e distacco verso l’Europa.
Di fronte ad un arco di forze euroscettiche quanto mai ampio, che va da Grillo a Berlusconi passando per la Lega e altri gruppi minori, il Pd e il governo devono innalzare senza remore gli ideali europeisti.
Una politica lamentosa o rivendicativa nei confronti della’Ue porta acqua al mulino degli avversari, oltre a far di nuovo inarcare sopraccigli a Bruxelles. Il Pd rischia un tonfo alle prossime elezioni europee se non si smarca dal coro antieuropeo. Non è seguendo la corrente euroscettica grillina che si sottraggono voti al M5S, tutt’altro: così facendo si dimostra che la loro posizione era corretta. Grinta e coraggio non mancano alle leadership di Renzi: li dimostri andando contro la corrente. Come mostrano le elezioni locali in Francia, le forze populiste sono in crescita. Vanno contrastate, non blandite.
Piero Ignazi – L’Espresso – 3 aprile 2014

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