Così Si Scelgono i
Manager Di Stato
Il valore di questo
governo si capirà dagli uomini che manderà a dirigere i colossi pubblici.
Perché deve pur cessare nel nostro Paese la logica a per cui si premiano la
fedeltà e l’appartenenza politica. A scapito della capacità
In questo momento, il governo sta affrontando una prova che
ci farà comprendere quale strada l’Italia percorrerà nei prossimi anni. Renzi e
il suo esecutivo stanno elaborando le nomine di chi dovrà dirigere i colossi
statali e vertici istituzionali. Inutile elencare le indagini che hanno visto
coinvolti i vertici di Finmeccanica, Eni, Enel, Ferrovie dello Stato, Enac. Non
voglio farlo perché quello che spero è che il nuovo esecutivo in questa
delicatissima scelta, tenga conto non solo del pedigree che andranno vagliati
con attenzione, sin nel dettaglio e in maniera serena – ma anche delle loro
reali e specifiche competenze. Spero che l’essere incensurati, l’essere
estranei a procedimenti giudiziari di qualsiasi genere, non sia l’unica
qualifica che si pretenderà dai futuri dirigenti. Spero, inoltre, che non siano
dirimenti i soliti rapporti trasversali che i manager hanno saputo coltivare
nel corso degli anni.
La Salute Di Un Governo si misura sui dirigenti che sa
scegliere e se è la riforma delle istituzioni quella che Renzi vuole
perseguire, la scelta degli uomini e delle donne chiave sarà fondamentale. Deve
finire la prassi che vede i dirigenti scelti tra chi partecipa alle correnti
politiche, tra chi promette garanzie. R’ ora che siano scelti soprattutto per
la loro visione, per le loro esperienze in settori specifici. Per il talento,
sì perché occorre talento anche nel dirigere un’istituzione, nel ricoprire un
incarico di Stato. E’ ora che i dirigenti siano scelti perché hanno una visione
chiara di cosa significhi fare politica. Una visione che non sia opportunista,
che non cambi con il mutare delle circostanze, che non si sostanzi in scambi di
favori. E’ ora che i dirigenti siano scelti perché sono uomini liberi e donne
libere e non perché si possono semplicemente controllare. I futuri dirigenti mi
interessa che facciano bene il loro lavoro, mi interessa che siano scelti per
le loro competenze tecniche e non per le entrature politiche. Per anni si è
deciso di mettere ai vertici dello Stato uomini e donne ricattabili, figure che
avevano il compito quando non di coprire misfatti, quanto meno di non cambiare
equilibri o di spostarli più o meno sensibilmente a favore del “committente”.
Ecco cosa è stata la politica rispetto alla selezione dei
dirigenti: un committente, il cui compito richiesto era di non fare troppo
rumore, di non smarrire la rotta, ma di mantenerla anche se era diretta verso
la deriva. Il grande fallimento del governo Monti è stato proprio questo, non
aver avuto il coraggio di mettere ai vertici figure nuove, talentuose, con
visioni autonome. Figure forti che non dovevano essere solo burocrati o
garanti, non solo bravi manager terrorizzati da tutto e con l’unico compito di
presiedere le maree berlusconiane. Il mondo berlusconiano ha sempre scelto i
propri uomini in base alla fedeltà, alla ricattabilità, alla loro gestibilità.
E adesso questo governo è proprio qui che si misura, sulla scelta dei
dirigenti. Può rompere per sempre la prassi codina di scegliere manager solo
perché si possano facilmente gestire, o può riprodurla. In questo secondo caso
non ci sarebbe salvezza e benché si creda che il consenso discenda direttamente
da operazioni mediatiche eclatanti, in realtà i dirigenti sono la cinghia di
trasmissione dello Stato nella sua quotidianità. Sono loro a dare sostanza alla
riforma delle istituzioni. Sono loro, con le loro competenze, con la loro
esperienza, con la loro libertà di scelta. Con la loro terzietà rispetto alla
politica e rispetto al ruolo che andranno a ricoprire.
E’ L’Occasione Non
Colta dai governi
precedenti. E’ l’occasione di questo governo per dirci chiaramente cosa ne sarà
dell’Italia. Se il suo destino è essere un’inferma a vita o se finalmente potrà
iniziare a far respirare i suoi comparti vitali. Che sia la volta buona
davvero? Stiamo a vedere.
Roberto Saviano – L’Espresso – 10 aprile 2014
Nessun commento:
Posta un commento