Scrive Nietzsche:
“Posto che l’anima fosse un pensiero attraente e misterioso, da cui i filosofi
si sono a ragione separati controvoglia, ciò che oggi essi imparano a barattare
con quello è forse ancor più attraente, ancor più misterioso”
Sono uno studente di matematica di 21 anni. Spesso mi chiedo
come si possa credere all’anima che, al momento della morte, se ne va verso un
posto migliore, dove ad attenderla ci saranno tutte le sue vecchie conoscenze
già passate a “miglior vita”. In tutte le discussioni semi-filosofiche tra
amici chiedo: come potete crederci?. E per tutta risposta mi sento dire: “E tu
come puoi pensare che siamo solo corpo?”.
Solo corpo? Ma senza corpo semplicemente non esistiamo.
Quando chiuderemo gli occhi nella morte non saremo più niente, perché non
avremo più un cervello èer pensare, occhi per vedere, mani per toccare. Finirà
tutto perché questo è il ciclo della natura.
Mi chiedo come tanti possano ingannarsi con tutta quella
metafisica. Però mi chiedo anche se non sia io a volere che la mia verità
diventi quella di tutti, e se credere nell’anima rientri non nella categoria
“mancanza di conoscenza” ma in quella “libertà di pensiero”. Ma dal momento che
l’uomo si è evoluto passando di “verità”in “verità”, non è pur giusto che il
tempo dell’anima debba finire e si intraprenda una nuova via?
Pietro Vermicelli
E’ confortante constatare che non tutti i ragazzi oggi si
occupino solo di smartphone, iPod, social network, ma si trovino a discutere
tra loro di problemi filosofici. Ma a un tempo è un po’ sconfortante constatare
che cerchino la soluzione dei problemi decidendo unicamente se una cosa esiste
materialmente, oppure no. E questo vale sia per chi la nega, senza che nessuno
chieda all’altro: ma tu, quando dici “anima” cosa pensi?
Basterebbe questa domanda per rendersi conto che sia gli uni
che gli altri pensano la stessa cosa: la nozione cristiana dell’anima come
realtà che sopravvive alla morte del corpo. Ma siete proprio sicuri che l’anima
sia solo questo? E allora cosa rispondete a una ragazza che vi dovesse chiedere
di essere amata non solo per il suo corpo, ma per la sua anima? O chi, al fondo
della sua tristezza, vi dice di avere l’anima distrutta? E qui non mi
obbiettate che siamo di fronte a un linguaggio metaforico, perché le metafore
non nascono dal nulla, ma dal bisogno di oltrepassare una realtà, che nella sua
opaca materialità, non riuscirebbero a dire tutto quello che si vorrebbe
esprimere.
E allora imparate a distinguere la realtà dalle idee, che
spesso producono più realtà di quanto non ne produca la realtà stessa. A questo
punto ha avuto effetti di realtà e creato tante fedi, convinzioni e persuasioni
da orientare condotte, usi e costumi nella storia, che sarebbero inspiegabili
senza questa idea. Lo stesso può dirsi di Dio, a proposito del quale non è
interessante discutere se esiste, ma come diceva Nietzsche, se è vivo e creava
quel mondo, se è vero che l’arte era arte sacra, la letteratura parlava di
inferno, purgatorio e paradiso, perfino la donna era donna angelo. Per cui se
tolgo la parola “Dio” non capisco nulla di quel mondo, mentre se la togliessi
dal mondo contemporaneo, lo capirei benissimo lo stesso, mentre avrei
difficoltà se togliessi la parola “denaro” o la parola “tecnica”. Sono le idee
che creano la realtà, non la realtà che crea se stessa. Ed è sulle idee che
dovete ragionare.
La teologia del Novecento non parla più da tempo dell’anima
(che tra l’altro, come ci insegna il teologo Oscar Cullmann, è una nozione
greca e non giudaico-cristiana) preferendo alla nozione di “anima” quella di
“interiorità”. E chi può mai negare che abbiamo un’interiorità? Ed è
all’interiorità a cui allude Papa Francesco quando, nella sua conversazione con
Eugenio Scalfari, non parla dell’anima, ma della coscienza, a cui ciascuno
dovrebbe fare riferimento nella sua condotta.
Nelle vostre discussioni, di cui è davvero apprezzabile
l’impegno, lavorate non sulla realtà delle cose, ma sulle idee che le generano,
che di solito hanno un’ampiezza espressiva molto più vasta delle cose. Ce lo
insegna Nietzsche che, pur non credendo nella realtà dell’anima, scrive: “Anima
mia, io ti restituii la libertà su tutte le cose create e increate. E chi
conosce, come tu la conosci, la voluttà di ciò che verrà? E, in verità, il tuo
respiro ha già il profumo di canti futuri”.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Umberto Galimberti-Donna di Repubblica-5-aprile-2014
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