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lunedì 7 aprile 2014

Lo Sapevate Che: I Nove Mesi Che Passai A Roma...




I nove mesi che passai a Roma dal settembre del ’43 al giugno del ’44 furono un periodo di tensione ma anche di spensieratezza. La città era occupata dai tedeschi e dai loro compari fascisti che erano tornati a galla dopo la formazione della Repubblica di Salò. Erano sempre controfigure e proprio per questo striscianti e vili davanti ai loro padroni nazisti, che aiutavano nelle imprese più turpi, nelle delazioni, nelle camere di tortura.
I giovani della mia età avrebbero dovuto presentasi alla leva militare (avrei compiuto vent’anni nell’aprile), così come mio padre, sbandato dopo l’8 settembre, avrebbe dovuto riprendere il suo posto di capitano degli alpini in servizio territoriale.
Naturalmente non ci presentammo, incorrendo nella sanzione prevista da un decreto firmato dal maresciallo Graziani che stabiliva la condanna a morte con esecuzione immediata per chi non ottemperava ai suoi doveri militari verso lo Stato, che in quel momento, nella Roma occupata, era la Repubblica fascista di Salò.
Giovani renitenti e militari sbandati erano una massa notevole di persone, ma in condizioni analoghe e anzi molto peggiori si trovavano i pochi ebrei scampati alla retata dell’ottobre nel Ghetto e in altri luoghi. Gli ebrei, se catturati, venivano inviati nei tragici campi di concentramento tedeschi.
A Roma però c’era anche il Vaticano, una potenza religiosa di grandissima rilevanza specie in Europa e nella stessa Germania, ma anche un territorio, sia pure minuscolo, indipendente rispetto allo Stato italiano.
I tedeschi non violarono quel territorio. Dal punto di vista militare, farlo sarebbe stato per loro facilissimo, eppure se ne astennero. Le ragioni furono molte e non è certo questa la sede per esaminarle approfonditamente. Una di queste, sostenuta con vivace polemica anticattolica, imputa al papa Pio XII una colpevole tolleranza nei confronti del nazismo, in contrasto con quello che era il suo atteggiamento negli anni in cui aveva ricoperto la carica di nunzio apostolico a Berlino. Quella tolleranza aveva comunque suggerito al cardinale Pacelli di non denunciare le leggi razziali già in vigore in Germania prima della guerra e poi – diventato papa – di mantenere il silenzio sull’orribile genocidio perpetrato nei campi di sterminio.
Le risposte da parte del Vaticano a queste terribili accuse sono state di natura politica: se Pacelli – si è detto – avesse apertamente preso posizione contro Hitler, avrebbe inevitabilmente condannato i cattolici tedeschi a subire le stesse stragi perpetrate contro gli ebrei, senza ottenere altro risultato che quello di estendere ancora di più le dimensioni di quella carneficina.
Il dibattito è aperto ormai da molti anni ed è lungi dall’essere  storicamente concluso. Ma per quello che riguarda la mia biografia posso testimoniare che il Vaticano, le basiliche e altre istituzioni religiose che godevano della condizione di extraterritorialità in  base al Concordato con lo Stato italiano, furono in quei mesi rifugio di migliaia di giovani, di ebrei e di dirigenti del fronte antifascista che in quei luoghi furono ospitati, nascosti e, in una parola, salvati dalla persecuzione e dalla morte.
Io decisi di nascondermi nel febbraio 1944, dopo essere sfuggito per puro caso ad alcune retate avvenute nelle strade della città e dopo che, con il bando Graziani sopracitato, cominciarono perquisizioni di interi edifici sulla base di delazioni.
(…)
Eugenio Scalfari – Racconto Autobiografico – Einaudi – l’Espresso –la Repubblica

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