Tormentone di vita quotidiana e tante ricette culinarie italiane ed estere
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venerdì 28 febbraio 2014
Pensieri: Saluto...
Foto di Caffeina -
Buon fine settimana a tutti e ricordatevi, domani in onore della cultura, compriamo un libro e soprattutto...leggiamolo!
Pensieri: Saluto...
Carla Cassinelli Bianco - foto Tu e Io "Il Nostro Mondo"
Proprio così!!!
Buona giornata a tutti!!
Lo Sapevate Che: Perchè Non Sono Su Facebook..
Non ho nulla contro i
social network, ma dipende dall’uso che se ne fa. E oggi troppe volte servono
solo per sostituire i veri incontri che non abbiamo più
Lei è su Facebook? Io sono scappata dalle foto di amici,
fidanzati, grigliate, dal tasto “mi piace” e dalle richieste di amicizia circa
un anno fa, poco prima dell’esame di maturità, e ho cancellato la mia
iscrizione al sito. Mi sentivo tremendamente inadatta.
Nella mia pagina non c’erano foto di discoteche, non c’erano
baci romantici davanti al Ponte Vecchio, non c’erano messaggi delle mie amiche
che mi scrivevano quanto ci divertissimo insieme. A ogni momento di noia ero là
a controllare gli altri e confrontare la loro la loro vita con la mia, non
certo vuota di impegni, amicizie e divertimenti, ma sicuramente meno caotica e
travolgente di quanto mi sembrasse quella dei miei “amici” virtuali.
Mi sentivo inadatta e inferiore, ma nello stesso tempo
trovavo gli altri irrimediabilmente finti.
A cosa serve far sapere alla rete artificiosa dei tuoi amici,
conoscenti e mai visti che non sei più single?
E’ appena mancato un tuo parente, stai andando al mare, stai
studiando in biblioteca, hai fatto un incidente in biblioteca, hai fatto un
incidente in macchina e perché, per prima cosa, lo scrivi su face book? Per non
parlare delle micro citazioni dei vari Pasolini, Bukowski, Da Andrè e altri
seminate qua e là. Capisci e condividi quello che leggi e che osservi o ti
spacci solo per un giovane intellettuale alla moda? Insomma: fai le cose per il
gusto di farle o per mostrarti?
Stella G.
No, non sono su Facebook, non si sono mai stato e mai ci
sarò. Anche se qualcuno si spaccia per me e scrive e risponde come se fossi io.
La polizia informatica mi ha detto che non può nulla contro queste intrusioni
e, giustamente, ha cose più importanti da controllare. Dopo di che non ho nulla
contro i social network, come al solito dipende dall’uso che se ne fa. E magari
c’è anche un buon uso, in questa nostra società fatta di solitudini di massa.
Anche se recenti studi americani condotti dal Jeffersonian Institute di
Washington hanno individuato forme di
dipendenza da Facebook e simili da cui è molto difficile liberarsi.
E questo vale soprattutto per i giovani che passano molto
tempo a incontrarsi nel mondo virtuale, invece che in quello reale, dicendo
cose di scarso interesse per il mercato che, individuati i gusti, bombarda i
malcapitati con una pioggia di messaggi pubblicitari per assecondare i loro
desideri o i loro sogni.
Passare molte ore a controllare i propri profili e, come lei
dice, senza aver nulla di davvero interessante da dire, ma solo per assaporare
il gusto di avere tanti contatti che danno la sensazione di sentirsi davvero
esistenti e per giunta interessanti, lascia intendere il grado di solitudine in
cui siamo precipitati e quanta desuetudine stiamo alimentando a incontrare gli
altri senza le maschere di false identità.
Se a questo si aggiunge che, rubando la password delle
persone che ci interessano ci mettiamo a controllarne la vita, i sentimenti,
gli scambi epistolari che non ci riguardano, costruendo e decostruendo
l’immagine che abbiamo dell’altro a partire delle informazioni che desumiamo,
allora il pericolo della paranoia è in agguato. E questo bisogno di controllo
totale prende il posto dell’innocenza da cui una relazione dovrebbe prendere le
mosse, accettando quella prima condizione di ogni incontro autentico che è
quella che l’altro è davvero un altro e non una risposta che si acconci
perfettamente alla nostra prefigurazione, perché questo non soddisfa tanto il
nostro bisogno d’amore, quanto il nostro bisogno di controllo e quindi di
potere.
E’ persuasione comune che la tecnologia ci ha fatto
progredire, ma leggendo la sua lettera l’impressione che ne ricavo è che siamo
tornati al pettegolezzo di paese, dove tutti sapevano i comportamenti e gli
stili di vita di tutti e li commentavano, inquadrando le persone in stereotipo,
intorno ai quali si alimentava la conversazione quando non anche la maldicenza.
Del resto di pettegolezzi sono infarcite molte trasmissioni televisive
pomeridiane, dove la messa in piazza dei propri sentimenti, delle proprie
emozioni, dei propri desideri sconfina nella spudoratezza fatta passare per
sincerità. “Non ho nulla da nascondere, nulla di cui vergognarmi”, quando la
“vergogna (parola che significa “temo la gogna”, ossia l’esposizione) è già nel
fatto che mi privo, mettendola in piazza, della mia interiorità. Uno
spogliarello dell’anima che considero più indecente di quello del corpo.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica – 22 febbraio 2014 -
Lo Sapevate Che: Carta Canta...
C’erano una volta le
primarie…..
Sono servite per
incoronare il segretario del Pd.
Ma poi si sono pressoché
estinte, come si è visto per Emiliano, Pigliaru, Chiamparino: è sempre più
difficile trovare un non renziano disposto a sfidare gli uomini del nuovo
leader
A chi gli rimprovera di essersi presto acconciato ai
giochetti di palazzo, Matteo Renzi sbatte in faccia i “tre milioni di voti
delle primarie”. Un dato incontestabile, anche se a essere precisi l’8 dicembre
i votanti furono ufficialmente 2.814.801 e a scegliere Renzi furono 1.895.332,
contro 510.970 di Gianni Cuperlo e i 399.473 di Pippo Civati. Il fatto è che,
una volta servite a incoronare il sindaco di Firenze alla segreteria,
trampolino di lancio per Palazzo Chigi, le primarie si sono pressoché estinte.
Eppure l’articolo 18 dello Statuto del Pd parla chiaro: “I candidati alla
carica di Sindaco, Presidente di Provincia e Presidente di Regione vengono
scelti attraverso il ricorso alle primarie di coaizione”. Quanto ai segretari e
alle assemblee regionali, sono eletti col sistema delle “primarie aperte a
tutti gli elettori”.
In Sardegna Il Pd ha appena schierato come candidato
governatore l’economista renziano Francesco Pigliaru, paracadutato dall’alto
all’ultimo momento al posto della europarlamentare Francesca Barracciu,
liquidata in extremis perché inquisita. In Piemonte, dove si voterà in maggio
per rimpiazzare la giunta plurimputata del governatore abusivo Roberto Cota, è
quasi certo che correrà il turborenziano Sergio Chiamparino, già (due volte)
sindaco di Torino e presidente uscente della Compagnia San Paolo (la fondazione
che controlla il gruppo bancario Intesa San Paolo). Il quale non fa che
ripetere di non aver nulla in contrario alle primarie, purché “siano vere e non
servano a valutare spostamenti dello 0,5 per cento”. Il successore Piero
Fassino sulla poltrona di primo cittadino sulla poltrona di primo cittadino
torinese le ha già financo escluse a priori: il candidato dev’essere
Chiamparino, punto e basta. Perché?
Perché sì. Come se lo Statuto che le primarie le impone, e non le lascia certo
al buon cuore dei candidati favoriti, fosse un optional.
Per evitare brutte sorprese nell’elezione dei segretari
regionali domenica scorsa, si è fatto in modo quasi dappertutto che gli
aspiranti fossero uno per regione, così da rendere inutili le primarie.
Che infatti, da regola che erano, sono diventate una
rarissima eccezione. In Toscana il candidato unico era il renziano Dario
Parrini. In Puglia il sindaco di Bari Michele Emiliano, anche lui fedelissimo
del segretario nazionale (aveva un paio di rivali, ma si sono prontamente
ritirati). Stessa sorte per Roger De Menech in Veneto, per Alessandra Grim in
Friuli Venezia Giulia, Fulvio Centoz in Valle d’Aosta. E anche là dove i
candidati erano più di uno e dunque si sono aperti i gazebo, l’affluenza è
crollata. La “base” è rimasta a casa, in preda a un diffuso senso di inutilità.
Insomma, Lo Strumento democratico per eccellenza che a
fine 2012 col duello Bersani-Renzi e a fine 2013 con la sfida
Renzi-Cuperlo-Civati aveva galvanizzato l’elettorato democratico ed
elettrizzato i sondaggi, si è improvvisamente afflosciato. Tant’è che è sempre
più forte la tentazione di abbandonarlo nelle prossime consultazioni per le
cariche interne e istituzionali.
Anche perché l’inesorabile renzianizzazione del Pd, già in
atto dopo le primarie, è proseguita inarrestabile con la cacciata del governo
Letta. E oggi è sempre più difficile trovare un dirigente non renziano (della
prima e soprattutto dell’ultima ora) disposto a sfidare gli uomini del segretario-padrone.
Nessuno, al momento, nota l’involuzione personalistica di un partito che
Veltroni chiamò “democratico” anche perché vantava una diretta e continua
interazione fra vertice e base: troppo vivo è il ricordo di almeno due decenni
di risse correntizie e fratricide che hanno lastricato di cadaveri (politici)
il campo del centrosinistra italiano. Ma questo non basta a dissipare un
paradosso di un partito nato orizzontale (almeno a parole) e divenuto rapidamente
verticale. Berlusconi e Grillo, ma anche Di Pietro e Monti, accusati fino
all’altroieri proprio dal Pd di guidare partiti personali a scarso tasso di
democrazia interna, hanno di che sorridere. Fra un po’ potranno salutare Renzi
con un affettuoso “benvenuto nel club”.
Marco Travaglio – L’Espresso – 27 febbraio 2014
Delizia di Pere...
Pere con Zabaione al Cioccolato
Per 2 persone
2 pere Williams, 2 tuorli, 120 gr di zucchero, 1,8 dl di latte, 50 gr di
cioccolato fondente.
Mettete le pere sbucciate in una pentola. Unite metà
dello zucchero e coprite con acqua. Cuocetele per 20 minuti e fatele
raffreddare nel liquido.
Sciogliete il cioccolato spezzettato in un pentolino
con 4 cucchiai di latte a bagnomaria. In un altro pentolino mettete i tuorli
con lo zucchero e mescolate, unite il cioccolato e il latte rimasto. Cuocete a
bagnomaria, mescolando con una frusta. Quando la crema è calda, sbattetela,
senza farla bollire.
Mettete una pera in ogni bicchiere e versatevi sopra lo
zabaione.
Sfiziosi Piatti di Pesce...
Polpo Stufato alla Maltese, ricetta Maltese
Per 4 persone
700 gr di polpo, 2 cipolle, 2 spicchi d’aglio, 200
gr di piselli sgusciati freschi o surgelati, 1 carota, 50 gr di passata di
pomodoro, un bicchiere di vino rosso, 12 olive nere, origano, basilico, menta,
olio.
Pulite il polpo, togliendo le interiore contenute
nella sacca, l’occhio, il becco che si trova alla base dei tentacoli.
Lavatelo
bene sotto l’acqua corrente. Tagliatelo a pezzi.
Sbucciate le cipolle e
l’aglio, tritateli insieme. Raschiate la carota e grattugiatela.
In una
casseruola con 3 cucchiai d’olio, fatevi appassire la cipolla e l’aglio. Prima
che inizino a dorare, unitevi il polpo. Fate cuocere a fuoco medio finchè quasi
tutta l’acqua sia evaporata.
Unite la carota, i piselli, il pomodoro, il vino e
le olive tagliate in due. Unite gli aromi e mezzo cucchiaino di sale. Lasciate
cuocere a fuoco basso per 50 minuti, finchè il polpo sarà tenero, aggiungendo,
se fosse necessario, un po’ d’acqua durante la cottura. Regolate il sale e
insaporite con una generosa macinata di pepe.
Torta di Salmone e Gamberi
Per 6 persone
300 gr di farina, 1 uovo, 1 dl di panna, 150 gr di
burro, 350 gr di filetto di salmone, 250 gr di gamberi, 1 spicchio d’aglio, 1
cucchiaio di erba cipollina tritata, 1 cucchiaio di prezzemolo, vino bianco,
olio, sale e pepe. Burro e farina per la tortiera.
In una terrina mettere la farina con 150 gr di burro
a dadini, un pizzico di sale e 2 cucchiai di acqua gelata. Mescolare
rapidamente gli ingredienti, formare una palla con la pasta, raccoglierla in
una pellicola e metterla in frigorifero per ½ ora.
Nel mentre togliere se c’è
la pelle al salmone, eventuali lische, lavarlo e asciugarlo, tagliare la polpa
a pezzettini di circa 2 cm di lato.
Pulire i gamberi dal carapace e dal
filettino nero intestinale, lavarli e asciugarli.
In una padella con 3 cucchiai
d’olio fare rosolare lo spicchio d’aglio, toglierlo, aggiungere il salmone,
rosolare per 5 minuti, aggiungere i gamberi, mescolare rosolare per 1 minuto,
aggiungere ½ bicchiere di vino bianco, fiammeggiare, cuocere ancora per 1
minuto, salare, pepare e togliere dal fuoco. Lasciare raffreddare.
In una
terrina battere l’uovo, aggiungere la panna e le due erbe, salare leggermente,
aggiungere i pesci e mescolare delicatamente il tutto.
Su di un piano
leggermente infarinato appoggiare la pasta e stenderla ad uno spessore di 3 mm.
Foderare con la pasta una pirofila rotonda di circa 25 cm di diametro, bucherellare il fondo
della pasta con i rebbi di una forchetta e riempire la tortiera con il composto
preparato. Fare cuocere in forno preriscaldato a 180° per 40 minuti. Servirla
tiepida.
Paella Marinara
Per 6 persone
Lavate le cozze e mettetele in un tegame, fatele
aprire a fuoco vivo. Sgocciolatele, privatele del mezzo guscio vuoto. Passate
il liquido di cottura attraverso un telo fine e tenetelo da parte.
In un tegame
con l’olio, fate soffriggere le cipolle tritate, gli scampi con la corazza, i
peperoni tagliati a piccoli pezzi, sale e pepe. Mescolate, lasciate cuocere a
pentola coperta per 10 minuti.
Aggiungete le zucchine tagliate a piccoli pezzi,
i pomodori senza pelle e sminuzzati, proseguire la cottura per ¼ d’ora.
Unire il
riso e lo zafferano, l’acqua delle cozze e altra acqua calda, sino a ricoprire
gli ingredienti. Lasciate cuocere per 20 minuti. Dieci minuti prima della fine
della cottura, unire le cozze, i totani a rondelle, prima puliti dalle
interiora contenute nella sacca e dagli occhi e il becco al centro dei
tentacoli, e i piselli.
Mentre la paella cuoce, lavate le cappesante, togliete
i molluschi dal guscio, lavateli, asciugateli e fateli insaporire in poco
burro, bagnateli col vino e succo di limone, spolverizzateli con prezzemolo,
facendoli cuocere ancora qualche minuto. Salate e pepate, togliere i molluschi
dal tegame e rimetterli nelle loro conchiglie pulite e asciugate.
Disponete la
paella al centro di un piatto da portata e attorno disponete le cappesante.
giovedì 27 febbraio 2014
Pensieri: Saluti...
Liana Dainese - ha condiviso la sua foto
Son talmente ambientalista che non
calpesto nemmeno i prati, figuriamoci le persone...liana♥
Buona serata a tutti!
Pensieri: Saluto...
Luciana Topini -
" Buon giorno! Non vi dimenticate mai quanto è bella e vera la
vita..." Elisenda )
Buona giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: Salute in Primo Piano...
Suoni e spie
luminose
I rischi del “junk
sleep”
Addormentarsi con
musica o con dispositivi elettronici accesi porta ad un riposo di bassa
qualità: Allerta per le luci dei display
Con la televisione accesa, le cuffie nell’orecchio e l’Ipad
sulle gambe: sono sempre di più le persone che si addormentano così, con il
sottofondo – di luci e suoni – dei vari dispositivi elettronici entrati ormai
prepotentemente anche nelle case. Quando accade, i disturbi del sonno sono
inevitabili e allora gli esperti parlano di “junk sleep”, ovvero di un sonno a
bassa qualità continuamente interrotto da tutti i tipi di dispositivi
elettronici: telefono, computer, Tv, radio ecc.
La crisi economica che ha colpito molte famiglie italiane ha
acuito queste cattive abitudini poiché molti si mettono a letto con la
preoccupazione del lavoro precario, del prestito da pagare o del futuro dei
figli. E poiché non riescono a prendere sonno, preferiscono “stordirsi” di
suoni, musica o chat per riuscire a staccare la spina. Ma se una percentuale di persone riesce ad
addormentarsi così, ce ne sono molte altre che, invece, soffrono di vera e
propria insonnia digitale. Uno studio condotto dai ricercatori del Lighting
Research Center di New York collega questo problema alla luce del display dei
devices elettronici. La prolungata esposizione allo schermo retro-illuminato
inibisce la produzione di melatonina, l’ormone che regola il ciclo
sonno-sveglia. In due sole ore, può ridursi del 22%. “Anche se sembra poca, la
luce emessa dai cari dispositivi è l’assassino della melatonina che è
fondamentale per il sonno”, spiega”, spiega Liborio Parrino, presidente
dell’Associazione Italiana di Medicina del Sonno. Anche l’essere sempre
connessi non giova al sonno e così i vari social network e le app come i giochi
online stimolano il cervello anziché favorire il relax. “Nessuna soluzione può
funzionare se non si va all’origine del problema e si capisce perché si ha
difficoltà a dormire”, prosegue il presidente dell’Aims. “Anche stare troppo
tempo davanti al computer dopo cena o addormentarsi sul divano guardando il
televisore, ostacola il sonno notturno”. Il fenomeno colpisce soprattutto gli
adolescenti che passano buona parte del tempo libero (incluso quello destinato
al riposo) navigando, chattando o giovando online. La Società Italiana di
Pediatria Preventiva e Sociale ha lanciato proprio in questi giorni l’allarme
“retomania”, la cosiddetta internet-dipendenza in aumento in questi mesi
invernali tra gli adolescente ma anche
tra i bambini ai quali i genitori concedono il telefonino e tablet. Ma
nonostante gli esperti continuino a ripetere che tanta tecnologia non giova al
sonno, sono numerosissime le app ideate e commercializzate per combattere
l’insonnia. Si va dalla meditazione guidata, alla classica conta delle
pecorelle in versione digitale, ai generatori dei cosiddetti “rumori bianchi”,
suoni a bassa frequenza che rilassano come onde che si infrangono su una
spiaggia e il suono rilassante della pioggia che cade. Funzionano davvero? “E’
una contraddizione: tutti i dati scientifici dimostrano che i dispositivi
elettronici ostacolano il relax, quindi non è possibile che una app che
richiede l’uso di uno smartphone o di Ipad
faciliti il sonno”, avverte Parrino.
(i.d’a.) La Repubblica – 4 febbraio 2014
Lo Sapevate Che: Legge e Libertà...
Re Giorgio uno e trino
All’inizio silente.
Poi protagonista.
Ora di nuovo dietro le
quinte perché i partiti vogliono riprendersi lo spazio. Sono le tre versioni
con cui Napolitano ha interpretato il mandato. Ma non è cambiato lui. Semmai i
tempi…
Che cos’è la Fata Morgana? Una foto meteora,, un miraggio,
un’illusione ottica. Si manifesta nello stretto di Messina, all’alba,
rovesciando la città a mezz’aria. Ed è un fenomeno raro, di più: eccezionale.
Sennonché questo fenomeno accompagna da vent’anni la nostra vita pubblica.
Magari non ci facciamo caso, però siamo irretiti da un gioco di specchi, di
falsi riflessi. Crediamo che la seconda Repubblica abbia allevato un sistema
bipolare, invece ha moltiplicato i piccoli partiti (nel 2006 furono in 11 a
sostenere Prodi; oggi la Camera si divide in 10 gruppi, e il gruppo misto in 4
componenti). Pensiamo d’eleggere il Premier, ma gli ultimi tre governi (Monti,
Letta,Renzi) sono stati generati da manovre di Palazzo, senza un’investitura popolare.
Infine si siamo convinti che il Quirinale ospiti un trono, quello su cui siete
Re Giorgio. E infatti negli ultimi tempi c’è chi progetta il regicidio. Ecco,
fermiamo per un attimo lo sguardo sull’immagine di Napolitano. Davvero ha
abusato del suo ruolo? E perché il presunto abuso lo ha trasformato per una
stagione nella stampella della Patria (con picchi di popolarità ben oltre l’80
per cento), mentre adesso merita l’impeachment? E’ cambiato l’arbitro oppure i
giocatori? E che tipo d’arbitraggio imporrebbe la Carta del 1947?
Quest’Ultima Domanda non potrà mai ottenere una risposta
univoca. In primo luogo perché nei 9 articoletti che la Costituzione dedica al
Capo dello Stato il non detto prevale su quanto i costituenti ci hanno detto.
In secondo luogo perché quell’organo s’incarna in un uomo, “con i suoi vizi e
con le sue virtù”, come scriveva nel 1960 il giurista Carlo Esposito. Contano
dunque gli accidents of personality, per dirla con gli inglesi. E in terzo
luogo perché contano altresì gli accidents of history, le stagioni politiche in cui ciascun presidente
svolge il proprio operato. Nel sistema costituzionale non c’è quindi il
presidente, bensì piuttosto i presidenti, l’uno diverso dall’altro. E magari
pure da se stesso, se dura a lungo, se nel frattempo mutano i contesti.
E’ forse questa la metamorfosi sperimentata dal nostro più
longevo presidente. Gli è toccato in sorte d’attraversare tre epoche diverse, e
perciò d’interpretare tre diverse
presidenze. In principio fu il silenzio, rotto talvolta da moniti e
richiami, però quasi sussurrati. Lui stava dietro le quinte, non al centro
della scena. Perché la scena era occupata da governi bagnati dal voto popolare:
Prodi nel 2006, Berlusconi nel 2008. Da qui pertanto un’equazione: politica
forte, presidente debole.
Ma l’Equazione E’
Rovesciabile. Ed è
esattamente questo che è accaduto negli anni successivi. La politica ha perso
la sua base di consenso, sicché si è incattivita. Cominciano gli scontri fra
Napolitano e Berlusconi, e gli italiani si schierano col primo. Per esempio
quando (nel 2009) Napolitano rifiuta di firmare il decreto per Eluana Englaro.
Oppure quando (nel 2010) provoca le dimissioni di Brancher, neoministro
nominato al solo scopo d’avvalersi della legge sul legittimo impedimento. Ma soprattutto
dal 2011 in avanti, gli anni dello stallo, in politica come nell’economia. Così
il Quirinale diventa l’estremo baluardo contro i venti della crisi. E’
l’interlocutore dei governi stranieri, è la levatrice dei governi nazionali
(prima Monti, poi Letta).E infatti nel 2013 Napolitano viene rieletto con un
plebiscito; ai suoi 10 predecessori con un plebiscito; ai suoi 10 predecessori
non era mai accaduto.
Ma adesso? Perché ogni settimana piovono sul Colle critiche,
contumelie, sgarbi? L’impeachment, certo, ma non solo. Durante le ultime
consultazioni, due partiti (Lega e M5S) hanno perfino rifiutato d’incontrarlo.
Risposta: perché siamo entrati in una terza stagione. Quella in cui la politica
vuole riprendersi gli spazi perduti, quella dominata da Renzi, un leader forte
come Braccio di Ferro. Sicché Napolitano si è trasformato in un intralcio,
oltre che nel testimone d’un tempo imbarazzante. Lui ha ridotto i suoi
interventi, è rientrato dietro le quinte della scena. Ma a quanto pare alla
politica non basta, e d’altronde ormai l’incendio è divampato. Più che un
presidente, servirebbe un estintore.
Michele.ainis@uniroma3.it – Michele Ainis – L’Espresso – 27 febbraio 2014
Un pò di Buona Proteina!....
Stinco di Vitello al Gusto di Mela Renetta
Per 4 persone
1 stinco di vitello, 2 mele renette, 50 gr di lardo,
50 gr di burro, 1 cipolla, 1 costa di sedano, 1 rametto di rosmarino, qualche
foglia di salvia, 3 bacche di ginepro, 1 spicchio d’aglio, vino bianco secco,
brodo vegetale q.b., olio, olio, pepe in grani.
Incidere lo stinco di maiale con l’aiuto di un
coltello, onde formare delle fessure nella carne e introdurre in ognuna il
lardo ridotto a listerelle.
Passare al mixer la salvia, gli aghi di rosmarino,
il ginepro e 5 granelli di pepe con un poco di sale. Distribuire il trito sullo
stinco, legarlo con il refe e infarinarlo leggermente. Metterlo in una
casseruola che possa andare in forno.
Fare rosolare lo stinco sul fuoco con
metà del burro e 2 cucchiai d’olio. Non appena sarà dorato da tutte le parti,
aggiungere la cipolla e il sedano puliti, lavati e tritati, l’aglio intero e le
mele sbucciate, private del torsolo e ridotte a piccoli spicchi. Insaporire con
sale e pepe, bagnare con 1 bicchiere di vino, il brodo caldo che dovrà
ricoprire a ¾ il contenuto della casseruola.
Fare cuocer lo stinco a casseruola
coperta e a fuoco basso per circa 2 ore e 30 minuti. Dopo passare il fondo di
cottura al mixer.
Rimettere la salsa nella casseruola con lo stinco e unirvi il
burro rimasto. Regolare di sale e pepe. Continuare la cottura in forno
preriscaldato a 220° per 20 minuti.
Servire la preparazione ben calda,
affettando lo stinco in tavola.
Tasca di Vitello con Frutta Secca
Per 4 persone
1 pezzo di vitello di circa 600 gr tagliato a tasca
dal macellaio, 150 gr di salsiccia, 80 gr di albicocche secche, 1 scalogno, due
rametti di rosmarino, qualche foglia di salvia, vino bianco secco, burro, olio,
sale, pepe.
Versare del vino in un contenitore stretto e mettere
a bagno le albicocche per 2 ore per farle rinvenire.
Sminuzzare finemente lo
scalogno mondato e mescolarlo alla polpa della salsiccia spellata e tritata,
salare, pepare.
Asciugare bene le albicocche, dividerle a metà e unirle
all’impasto.
Riempire la tasca con il ripieno e richiuderla, cucendo bene
l’apertura con un ago e refe da cucina.
Strofinare la carne con il sale,
adagiare il pezzo in una pirofila oliata, nel cui fondo poserete i rametti di
rosmarino e le foglioline di salvia.
Ricoprire il pezzo di carne con del burro a fiocchetti.
Fare cuocere in
forno preriscaldato 200° per 20 minuti. Dopo questo tempo, bagnare con 1
bicchiere di vino, abbassare la temperatura a 180° e proseguire la cottura
ancora per 1 ora, girando ogni tanto il pezzo, con delicatezza.
Servire la
tasca affettata, coprendola col sugo di cottura e accompagnandola con purea o
insalatina stagionale.
Le Scaloppine, da non dimenticare mai!: al Limone, alla Pizzaiola, alla Panna e funghi, con Salsa Piccante
(si possono realizzare con qualsiasi tipo di carne e filetti di pesce)
Per 4 persone
Al Limone
4 fettine di vitello di circa 100 gr. ciascuna, una
cucchiaiata di farina, gr 40 di burro, il succo di 2 limoni, sale, pepe e
prezzemolo.
Fate sciogliere il burro in una padella, infarinate
le fettine e immergetele nel burro. Friggetele 3 o 4 minuti per parte.
Tritate
finemente un pugnetto di prezzemolo.
Salate, pepate la carne, irrorate con il
succo dei limoni, cospargetela col prezzemolo e servite.
Alla Pizzaiola
4 fettine di vitello di circa 100 gr. ciascuna, 2 spicchi
d’aglio , 3 cucchiai d’olio, 4 pomodori freschi, maturi, (o una scatola di
pelati), origano abbondante , sale e pepe.
Fate rosolare 2 spicchi d’aglio schiacciato o a
fettine, in 3 cucchiaiate d’olio, poi unitevi le fettine di carne e fate
cuocere 2 minuti per parte.
Unite i pomodori (se freschi pelati), tagliati a
pezzetti, origano abbondante , sale e pepe. Lasciate al fuoco 5 minuti,
mescolando spesso , rivoltando la carne e servite.
Alla Panna e Funghi
4 fettine di vitello, di circa 100 gr l’una, 50 gr.
di funghi porcini o champignon, 40 gr. di burro, una tazzina di panna liquida,
sale e pepe.
Mondate i funghi, affettateli e fateli rosolare per
5 minuti in gr. 40 di burro, unite la carne e fatela soffriggere da entrambi i
lati, insieme ai funghi, poi aggiungete una tazzina di panna liquida.
Salate,
pepate, fate restringere e servite.
Con Salsa Piccante
2 spicchi d’aglio, una cucchiaiata di capperi, 3
acciughe sotto sale, 3 cucchiai d’olio, un bicchierino di bianco secco, sale e
pepe.
Preparate un trito finissimo con 2 spicchi d’aglio,
una cucchiaiata di capperi e tre acciughe sotto sale (lavate e diliscate).
Versare il tutto in una padella, dove avrete fatto scaldare 3 cucchiai d’olio.
Lasciate insaporire per 2 o 3 minuti, quindi unite le fettine di carne, che
farete insaporire da entrambi le parti. Irrorate con un bicchierino di vino
bianco secco, che farete evaporare a fuoco vivo. Assaggiate di sale, aggiungete
il pepe macinato al momento. Servite subito.
mercoledì 26 febbraio 2014
Pensieri: Saluto...
Miriam Da Costa
Dalla vita
chiediamo e speriamo la felicità
mentre la vita
ci chiede il coraggio d'essere felici.
Miry
*Foto/immagine by Kim Anderson
chiediamo e speriamo la felicità
mentre la vita
ci chiede il coraggio d'essere felici.
Miry
*Foto/immagine by Kim Anderson
Buona giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: Le Nostre Parole Mentono Per Noi...
Scrive il sociologo
inglese Stanley Cohen: “La negazione è un modo per mantenere segreta a noi
stessi la verità che non abbiamo il coraggio di affrontare”oggi
Non pensa che oggi
si ricorra alla “parola” solo per falsificare
la realtà? Che si ricorra a metafore ed eufemismi per non denunciare
chiaramente quelli che sono i “mali”
della contemporaneità? La “parola” si è fatta maschera del “vero” e tutti o
quasi sottostanno alla colonizzazione delle proprie menti da parte di un
sistema sociopolitico decadente. Ora più che mai, ciascuno dovrebbe riflettere
sul significato delle parole e andare ad
appropriarsene rileggendosi il Vocabolario della lingua italiana. Si dice per
esempio “senza tetto” o “barbone” per non dire che le persone hanno perso il
lavoro e quindi…Oppure “integrazione”: quale l’implicito? “Interculturalità”:
su quali basi e perché? Potrei così continuare all’infinito, ma non ho
intenzione di tediarla. Forse, ripartendo dalla “parola”, potremmo tutti incominciare
a sfuggire l’incultura dilagante, assumendoci la responsabilità delle nostre
azioni, evitando di adagiarci su figure di comodo che hanno solo l’obiettivo di
rendere leggibile e visibile una realtà “resa cieca”. Oggi chi sono gli
intellettuali, detentori della parola “vera” e quale sarebbe il loro compito?
Forse quello di svelare alle masse narcotizzate la grande menzogna agitata
sistematicamente dal Sistema?
Cosa ne pensa?
Maristella Greco, Lecce
Oggi sappiamo cosa succede nel mondo non perché ne siamo
testimoni, ma per l’informazione che i mezzi di comunicazione ci offrono. E qui
il linguaggio fa i suoi giochi di verità e menzogna che lei giustamente
denuncia con i suoi esempi: “Senza tetto”, “Barbone” sono parole che inducono
un leggero sentimento di compassione, senza che da parte nostra ci sia un
minimo di interessamento per la sorte di chi si trova in quelle condizioni. Al
massimo una leggera indignazione verso quelle amministrazioni che non risolvono
il problema, perché noi ci sentiamo esonerati dall’interessarci di quel
disagio. “Integrazione” significa di fatto che l’immigrato deve diventare come
uno di noi negli usi e nei costumi che ci caratterizzano, senza che noi si
faccia un passo per comprendere i suoi usi e i suoi costumi. In fondo, anche se
non abbiamo la spudoratezza di dirlo (anche se ogni tanto qualcuno lo dice), ci
consideriamo la “civiltà superiore” e quindi riteniamo che sarebbe un bene che
anche gli immigrati raggiungano il nostro livello.
Ma il luogo eminente della falsificazione tramite il
linguaggio avviene a livello politico, quando una pulizia etnica si chiama
“scambio di popolazione”, come se non comportasse alcuna sofferenza lo
sradicamento della propria terra. Allo stesso modo, l’abbiamo sentito dire più
volte, un massacro si chiama “danno collaterale”, dove è sottinteso “non
l’abbiamo fatto apposta”, “non era nelle nostre intenzioni”, e per la morale
dell’intenzione, che ancora non ha recepito il messaggio di Max Weber che ha
proposto la morale della responsabilità, siamo tutti assolti. Non parliamo poi
della guerra e delle sue atrocità che la nostra ipocrisia ha la spudoratezza di
chiamare “missione di pace”.
La falsificazione non riguarda solo l’informazione politica o
mediatica, ma si nasconde segretamente nell’anima di ciascuno di noi.
Espressioni quali : “chiudere un occhio”, guardare dall’altra parte”, “mettere
la testa sotto la sabbia”, “non sollevare un polverone”, “lavare i panni
sporchi in casa propria”, che cosa significano se non “non voler vedere” e
quindi non prender coscienza del male di cui pure abbiamo conoscenza, ma di cui
neghiamo o attenuiamo l’esistenza?
Fatte le debite proporzioni, assomigliamo a quei tedeschi o a
quei polacchi intervistati da Gordon
Horwitz (si veda Nell’Ombra della
morte, Marsilio) che chiedeva se non sapevamo proprio nulla di quei campi
di concentramento non lontani dalle loro case. Le risposte furono che si
vedevano dei fumi, si sentivano delle dicerie, ma tutto questo li sollecitava a
verificare quanto accadeva.
Freud chiama questa ipocrisia del linguaggio “negazione (Verneinung)”. Il risultato è una
falsificazione del nostro apparato “cognitivo” – che misconosce ciò che in
verità conosce – “emoziona!” – perché sterilizza i nostri sentimenti
nell’indifferenza -, “morale” – perché esonera da ogni responsabilità – di
“azione” – perché non promuove alcuna risposta a quanto si conosce. Come vede,
la purificazione del linguaggio, prima che pubblica o politica, deve
incominciare dentro di noi.
umbertogalimberti@repubblica.it
– Donna di Repubblica 30-marzo-2013
Lo Sapevate Che: Contromano.....
Un Paese di Principini
che Machiavelli non
L’ha studiato bene
Si discute se Matteo
Renzi assomigli di più a Blair, a Craxi o a certi capi democristiani, un
Fanfani dell’era internet, ma dovrebbe essere chiaro
ormai che il modello
del segretario fiorentino è quello proposto dal
Segretario fiorentino,
l’immortale Niccolò Machiavelli. Renzi è un Principe della nostra epoca,
simulatore e gran dissimulatore, leone, volpe e centauro, rapido e astuto
cacciatore di potere. Fortunato.
E’ diventato sindaco di Firenze perché Massimo D’Alema e Walter Veltroni litigavano sui candidati e
l’ha spuntata lui, terza scelta e assoluto outsider cittadino, per una
manciatina di voti. Ha perso le primarie con Pier Luigi Bersani e si è rivelata
la migliore delle vittorie, visto il repentino disastro dell’avversario. Quindi
ha vinto con plebiscito la guerra di successione nel Pd, giusto in tempo per
far fuori un Enrico Letta ormai bollito, ma alla vigilia di una ripresina
economica e di una gigantesca ondata di nomine pubbliche. Descrivo i fatti,
senza giudizi morali. Vediamo se il fine avrà giustificato i mezzi.
Il machiavellismo, nell’accezione più volgare, è del resto il
metodo di tutti i leader italiani, tanti piccoli principi. E’ un principino
della destra Silvio Berlusconi, che fra tante balle ne racconta una colossale
da anni ai propri elettori. La storia che senza di lui l’Italia, il Paese più a
destra d’Europa, cadrebbe nelle mani dei comunisti. Così si mantiene sulla
scena a ottant’anni, con una condanna alle spalle e altre all’orizzonte,
nonostante il suo declino sia visibile. Vent’anni fa era stato lui a fregare il
principino di turno della sinistra D’Alema, e stavolta invece tutto lascia
intendere che Renzi abbia fregato Berlusconi.
Sono principini machiavellici gli altri, i vecchi e i nuovi,
da Pier Ferdinando Casini e Angelino Alfano, oggi impegnati in un gioco delle
parti che domani potrebbero scambiarsi, fino a Beppe Grillo e Gianroberto
Casaleggio, maestri nell’ingannare il popolo al seguito e nel farlo rimanere
“soddisfatto e stupito”, in cambio di un concreto nulla. Alla fine, siamo
milioni di principini machiavellici noi italiani.
Ma il vero Segretario fiorentino, con l’aria di riverire il
Principe, si rivolgeva agli italiani, un popolo
allora di schiavi, per liberarli dall’inganno, svelando i meccanismi del
potere. Vedeva una grande nazione abitata da un piccolo popolo spaventato,
ignorante, debole e ingenua preda di ogni scellerato avventuriero, tanto facile
all’entusiasmo e alla depressione quanto duro nel comprendere la meccanica
spietata nel potere. Questo Machiavelli però, a quanto pare, non ha ispirato
nessuno.
Curzio Maltese – Il Venerdì di Repubblica – 21 febbraio 2014
Delizia Dolce con Semolino...
Chalvas con Semolino, Ricetta Greca
Per 6 persone
gr 225 d’olio, gr 350 gr di semolino, 650 gr di
zucchero, 1 lt d’acqua, cannella in polvere.
Mettere l’olio in una casseruola e scaldare.
Aggiungere il semolino e cominciare a farlo abbrustolire girandolo con un
cucchiaio di legno fino a farlo imbiondire.
Intanto mettere l’acqua con lo
zucchero a bollire in un’altra casseruola per 10 minuti. Quando il semolino
sarà pronto, versarvi lo sciroppo di zucchero, aggiungere abbondante cannella e
continuare a girare abbassando il fuoco fino a che non si addensi. Il chalvas è
pronto quando si staccherà dalle pareti della casseruola.
Metterlo in uno
stampo bagnato con acqua e quando si sarà raffreddato capovolgerlo in un grande
piatto da portata e spolverarlo con cannella.
Può essere accompagnato da marmellate di frutta, crema al cioccolato, panna.
Specialità con Formaggi, Uova, Verdure....
Tofu in Fagottini con Broccoletti
Per 4 persone
100 gr di tofu, 350 gr di broccoletti, 2 uova, 30 gr
di farina, peperoncino piccante, 30 gr di pinoli, scorza d’arancia, una confezione
di sfoglia fresca, olio, sale.
Pulite i broccoletti, riduceteli a cimette e
cuoceteli a vapore per 20 minuti. Lasciateli raffreddare. Tenetene da parte 50
gr e frullate gli altri in un mixer, unendo anche 1 uovo, la farina, un pizzico
di sale e uno di peperoncino piccante. Incorporate al composto il tofu,
sgocciolato e tagliato a dadini, un cucchiaino scarso di scorza d’arancia e i
pinoli leggermente tostati in forno.
Ricavate dalla pasta sfoglia 8 dischetti
di 9 cm
di diametro e mettete al centro di ciascuno un cucchiaino colmo di impasto di
broccoletti, spennellate i bordi della pasta con un albume, richiudeteli sul
ripieno in modo da ottenere dei fagottini.
Trasferiteli sulla teglia del forno
foderata con una carta da forno oliata, spennellate i fagottini con il tuorlo
d’uovo diluito con poche gocce d’acqua. Cuoceteli in forno preriscaldato a 200°
per 20 minuti. Sfornateli, lasciateli intiepidire e servite decorando con i
pezzetti di broccoletti tenuti da parte.
Raita allo Yogurt con Grissini al Peperoncino
Per 6 persone
200 gr di yogurt greco, 300 gr di feta, 100 gr di
mascarpone, un ciuffo di coriandolo, mezzo cucchiaino di semi di senape nera, 1
kg di farina, 30 gr di lievito di birra, 20 gr di sale marino fino, 2
cucchiaini di zucchero, 1 dl di olio, 15 peperoncini little Wonder.
Versate su un piano da lavoro la farina, formate la
fontana e sbriciolatevi al centro il lievito di birra, il sale e lo zucchero.
Versate poco alla volta 1/2 lt d’acqua tiepida, mescolando fino a sciogliere il
lievito. Aggiungete 1 dl di olio e impastate sino ad ottenere una pasta liscia.
Schiacciatela col palmo della mano e distribuitevi sopra i peperoncini privati
del picciolo, dei semi interni e tagliati a pezzettini. Impastate nuovamente,
formate un filone, ungetelo d’olio, copritelo con un foglio di pellicola e
lasciatelo lievitare per mezz’ora.
Frullate lo yogurt greco con la feta e il
mascarpone. Salate e pepate, incorporandovi un ciuffo di coriandolo tritato
grossolanamente e mezzo cucchiaino di semi di senape nera. Trasferite il
composto (raita) in una ciotola e mettetela in frigo sino al momento di
servire.
Eliminate la pellicola che copre il filone di pasta e tagliatelo a
bastoncini dello spessore di 2,5 cm nel senso della larghezza.
Prendete ogni
bastoncino con le mani per le due estremità e allargando le braccia, lasciando
che il suo stesso peso lo faccia raddoppiare in lunghezza, depositateli su una
placca unta d’olio, lasciando uno spazio di un paio di cm fra un grissino e
l’altro, in modo che non si attacchino fra loro durante la cottura.
Cuocete in
forno preriscaldato a 200° per 15 minuti, poi sfornate i grissini, lasciateli
raffreddare e serviteli con la raita.
Omelette Caprese
Per 4 persone
8 uova, latte, una presa di origano, una mozzarella
di bufala da 200 gr., 2 pomodori maturi, 4 filetti di acciuga sott’olio, salsa
di pomodoro, burro, sale e pepe.
Tagliate a dadini una mozzarella di bufala e
mettetela a colare in un colino, tagliate a filetti i pomodori.
Sgusciate le
uova, unitevi 4 cucchiai di latte, un pizzico di origano, sale e una macinata
di pepe. Sbattete leggermente con una forchetta. Cuocete le 4 omelette una alla
volta in una padella in cui avrete fatto sciogliere 15 gr di burro ogni volta.
Quando l’omelette è rappresa da un lato e la parte superiore sarà cremosa,
distribuitevi al centro prima un quarto dei pomodori e poi un quarto della
mozzarella e un filetto di acciuga sott’olio, asciugato a pezzi.
Ripiegate
l’omelette su se stessa e tenetela al caldo. Cuocete le altre 3.
Servite con
sopra un cucchiaio di salsa di pomodoro.
martedì 25 febbraio 2014
Pensieri: Saluto...
Liana Dainese - foto di Le frasi più belle dei fan
"Gli uomini fanno bene a tapparci
la bocca. Si ma con un bacio!."
(Pensiero di Liana Dainese)
(Pensiero di Liana Dainese)
Buona giornata a tutti!
Lo Sapevate Che: Sottovuoto...
Quindi Lei Ha Sognato
Un Governo A Tempo Indeterminato
D’altronde, come dicono
spesso i guardamacchine e i filosofi, cresce in tutti il bisogno di qualche
sicurezza. Un bisogno che si riflette dal presente al passato, che cambia i
ricordi, che induce illusioni. Si ricorda un governo balneare che diventò natalizio e poi marziano. Un governo
di transizione, poi di requisizione, infine di spedizione. Oggi se inviamo al
governo una lettera anonima, arriva se va bene, al governo successivo. Il governo
di legislatura, abbiamo quasi avuto anche quello, ricorda la vita sospesa e la
nutrizione artificiale.
Tutti in attesa che qualcuno o qualcosa lo stacchi dalle
macchine.
Però sempre più gente non vota, si afferma. Ma quelli che se
intendono, l’ho visti io, fanno un sorrisetto. L’importante è che tutti
seguitino a pagare. Per il governo si vedrà.
www.massimobucchi.com – Venerdì di Repubblica – 21
febbraio 2014
LO sapevate Che: Per Posta...
L’irragionevole
epidemia di nazionalismo straccione sulla
Vicenda dei due marò
Caro Serra, sul caso
dei due marò mi sono posto alcune domande. Spero di non essere tacciato di
antipatriottismo, mi auguro che Salvatore e Massimiliano tornino al più presto
in Italia, ma le domande restano inevase.
Si può dire che la dinamica dei fatti è ancora misteriosa? Si
può far notare che i due militari sono stati artefici di un madornale errore di
valutazione? Possibile che una petroliera alta 40 metri sia “spaventata” da un
peschereccio che immagino sgangherato e lento? Si può dire che la stampa di
destra ha strumentalizzato il caso? Come se l’esaltazione acritica dei nostri
militari sia condizione imprescindibile? Si può dire che la legge tanto voluta
dal ministro La Russa è stata promulgata incompleta, come spesso capita, senza
linee di guida di ingaggio specifiche e soprattutto chiare? Ci voleva una
grande mente per immaginare che un incidente privato con personale militare a
bordo avrebbe potuto trasformarsi in una crisi tra governi? Si può dire che non
ho sentito parlare di procedure acustiche o manovre elusive o dissuasive prima
di passare alle armi?
Si può far notare che in quelle acque non sono mai avvenuti
attacchi di pirateria?
Il capitano della Enrica Lexie è un civile e risponde al suo
armatore, infatti è tornato in porto assecondando le autorità indiane. Un corto circuito inevitabile. Perché i due marò
appena scesi a terra hanno prima sostenuto di non essere stati loro e poi si
essere stati loro ma in acque internazionali? Si può sommessamente far notare
che le vittime sono i due poveri pescatori indiani che per un pugno di rupie
erano usciti in mare mai immaginando di non tornare vivi? Si può dire che
assoldare “personale specializzato” non è solo ridurre al minimo il rischio
d’assalto alle navi, ma anche tagliare i costi assicurativi sempre più esosi?
Si può dire che la Marina militare per ogni giorno di imbarco di un marò
incassa 5oo euro ed è una entrata difficile da rifiutare? Si può dire che
l’Italia è l’unico Paese ad aver deciso un uso così esteso di forze armate su
mercantili privati (grazie Silvio)? Si può sottolineare che i due marò non
hanno mai passato un solo giorno nelle spaventose carceri indiane? Si può dire
che i due marò non godono di immunità in quanto militari perché non lavoravano
per conto dello Stato, ma di una compagnia privata? Ultimo ma non minore: in
questo pasticcio internazionale quanto costa la nostra povera rilevanza
nazionale e scarsa credibilità politica?
Marco Bernardi
Caro Bernardi, pubblico per intero la sua lunga lettera
perché esprime, in forma documentata, civile e ragionevole il forte disagio che
la gestione politica e mediatica di questo spinosissimo caso ha suscitato in
molti. Senza pretendere di entrare nel dettaglio giuridico, l’impressione è che
si sia trattato di un penosissimo errore che è costato la vita a due innocenti.
Ovvio che non ci sia stato alcun dolo da parte dei due marinai italiani;
altrettanto ovvio che si sia tutti preoccupati della loro sorte, non essendo
giusto né logico che per un incidente, sia pure tragico, si scomodi la
legislazione antiterrorismo (ci sono state speculazioni politiche e forzature
del diritto anche da parte delle autorità indiane). Ma la grottesca campagna
che si è scatenata in Italia, trasformando i due marò da artefici di un
maledetto era quasi eroi, da celebrare con sbandieramenti e imbarazzanti
proclami di orgoglio patriottico, ci fa davvero riflettere sulla modesta
statura della nostra identità nazionale. Che la destra peggiore, con uno stile
post-littorio che fa venire il latte alle ginocchia, abbia strillato e stia
strillando le sue sciocchezze, è cosa che – purtroppo – si poteva mettere nel
conto. Ma mi hanno colpito (e l’ho critto, a suo tempo) i modi e i toni con i
quali i due marò, in occasione della loro licenza natalizia, sono stati accolti
al Quirinale. Un conto è la solidarietà per due lavoratori italiani incappati
in una brutta storia di morte, ai quali si augura di pagare un prezzo equo,
dunque il più basso possibile, a una situazione di cui – dopo i due pescatori
indiani – essi sono anche le vittime. Altro conto è l’imbarazzante,
irragionevole, ingannevole epidemia di nazionalismo straccione che ci sta
facendo fare la figura di un Paese al tempo stesso vanitoso e impotente. Nel
solco – lo dico molto amaramente – della nostra penosa tradizione fascista e
post fascista.
Michele Serra – Il Venerdì di Repubblica – 21 febbraio 2014
Il Dessert "Profumato alle Rose"!...
Dessert al Latte Firni del Kashmire, cucina Indiana
Per 6 persone
4/4 di lt di latte, 5 gocce di essenza di rose, 4
cucchiai di farina di riso, 5 cucchiai di zucchero, 3 cucchiai di mandorle
pelate, tostate e tritate, ½ cucchiaino di cardamomo in polvere, una presa di
zafferano in pistilli.
Mescolare in una ciotola la farina di riso con le
mandorle e poco latte. In una casseruola portare a ebollizione il latte
rimanente con i pistilli di zafferano, unire lo zucchero, mescolare fino a che
sia ben sciolto. Togliere dal fuoco e unire il composto di farina e mandorle,
mescolare bene e rimettere sul fuoco, mescolare con attenzione con un cucchiaio
di legno anche sul fondo del recipiente perché il composto non attacchi. Far
cuocere sin quando il composto formerà una crema. Aggiungere le gocce di
essenza di rose, il ½ cucchiaino di cardamomo, mescolare bene. Trasferire la
crema in ciotole piccole da portata singola. Fare raffreddare e servire con
qualche pistillo di zafferano e qualche petalo di rosa in superficie.
Il Riso....in compagnia!....
Riso in Teglia con Ratatouille
Per 4 persone
300 gr di riso Basmati, 1 melanzana, 1 peperone
rosso, 1 peperone giallo, 2 pomodori maturi, 120 gr di fagiolini verdi, 1
cipolla rossa, un pizzico di origano, qualche foglia di basilico, olio, sale e
pepe.
Pulite, tagliate a tocchetti le verdure. Mettetele
in una teglia da forno che possa stare anche sul gas, con 3 cucchiai d’olio, un
pizzico di origano e un poco di sale e pepe. Lavate ripetutamente il riso sotto
l’acqua corrente. Poi scolatelo bene. Rosolate leggermente le verdure,
aggiungete il riso, mescolate e unite 3 dl di acqua bollente. Salate, portate a
ebollizione, unite il basilico tritato, poi chiudete bene la teglia o con un
coperchio o con carta di alluminio. Sistematela in forno preriscaldato a 180°
per 15 minuti. Trascorso il tempo, sfornate e scoprite. Lasciate intiepidire e
portate la preparazione in tavola direttamente nella teglia.
Riso alla Cinese con Verdure e Tofu, ricetta Cinese
Per 4 persone
300 gr di riso Basmati, 50 gr di carote tagliate a
julienne, 50 gr di cavolo verde a julienne, 50 gr di germogli di soia, 1
zucchina, 100 gr di tofu, un cucchiaio di semi di sesamo, 4 cucchiai di salsa
di soia, un pezzo di radice di zenzero, olio, sale.
Lessate il riso in abbondante acqua leggermente
salata e scolatelo al dente. Pelate lo zenzero e tagliatelo a bastoncini,
lavate e spuntate la zucchina, grattugiatela con una grattugia a fori grossi.
Scaldate 6
cucchiai d’olio in una larga padella, unitevi lo zenzero, il sesamo e fateli
dorare per 3 minuti. Aggiungete le verdure e cuocete a fiamma alta per 4
minuti, finchè diventino croccanti.
Scaldate in un padellino un cucchiaio d’olio, unite
il tofu a dadini, fateli saltare e spruzzateli con un cucchiaio di salsa di
soia.
Mettete il
riso nella padella con le verdure, saltatelo per qualche secondo, unite i
germogli e la salsa di soia e il tofu. Servite.
Spaghetti di Riso Vietnamita con Straccetti di Vitello, Ricetta Vietnamita
Per 6 persone
400 gr di spaghetti di riso secchi, una lattuga,
verde, un ciuffo di basilico, 2 carote, ½ cetriolo, 1 cipolla, 250 gr di carne
di vitello a strisce di 2 cm ,
½ bicchiere di Marsala, farina, sale, pepe.
Fare rinvenire in acqua tiepida gli spaghetti di
riso secchi per 20 minuti. Pulire e lavare la lattuga e il basilico. Tagliare a
striscioline 8 foglie di lattuga e 12 foglie di basilico. Pulire e lavare le
carote e il cetriolo. Ridurre le carote e il cetriolo a fiammifero. Infarinare
leggermente la carne a strisce, scaldare 2 cucchiai di olio in una padella e
fare rosolare la cipolla tagliata molto fine, unire la carne, scuotendola per
staccare tutta la farina eccedente, rosolare per pochi minuti, sfumare col
vino, salare, pepare e tenere in attesa al caldo.
Scolare gli spaghetti di riso e farli cuocere per 1
minuto in una casseruola con abbondante acqua salata in ebollizione. Scolarli
con delicatezza, pochi alla volta, con una schiumarola.
Distribuirli nelle
ciotole di portata, insieme alle verdure affettate e mischiate. Distribuire gli
straccetti di vitello sopra il riso e le verdure e servire subito.
lunedì 24 febbraio 2014
Pensieri: Saluto...
Un cuore a spasso di Antonio Curnetta -
E quel che abbiamo visto
rimarrà per sempre nei nostri occhi,
quel che abbiamo fatto rimarrà nelle nostre mani,
quel che abbiamo sentito rimarrà nella nostra anima.
A. Baricco
quel che abbiamo fatto rimarrà nelle nostre mani,
quel che abbiamo sentito rimarrà nella nostra anima.
A. Baricco
Buona serata a tutti!
Pensieri: Saluto...
Liana Dainese -
A
volte la vera forza e' nel sapersi mettere il cuore in pace.
Sara' doloroso, ma ne devi esser capace...liana♥
Sara' doloroso, ma ne devi esser capace...liana♥
Buona giornata a tutti!
Lo sapevate che: Elogio della Frugalità...
L’anticipazione / Nel
suo nuovo libro Paolo Legrenzi riflette sulla natura di una parola che ha
risvolti psicologici ed economici
Giulio Nascimbeni, sul Corriere
della Sera dell’8 maggio 1994, raccontava di una crociata avviata dal
mensile Il Migliore, diretto da
Sergio Claudio Perroni. Si trattava di salvare parole “che rischiano di
diventare arcaiche e quindi svanire”. Una di queste parole era frugale, una
parola con una lunga storia. Compare nella prima metà del Trecento in un testo
di Giovanni Cassiano dove si parla di “virtù frugali”.
Oggi grazie all’uso del motore di ricerca google Trende,
potete scrivere “frugalità”, abbondanza” e accorgervi che la crociata di
Pierroni non ha sortito grandi effetti. La vittoria dell’abbondanza sulla
frugalità è schiacciante. Se però consultate i due termini inglesi “ frugality, abundance”, scoprirete che il
primo termine riaffiora grazie ad articoli come quello di Arthur Frommer sul Francisco Chronicle del 20 luglio 2009,
dal titolo: FrugalityNow Fashionable–And
Necessary. Quando si parla di frugalità, di che cosa stiamo esattamente
parlando?
1.
La
frugalità non è la povertà E’ una scelta, non una costrizione. Se si sembra
frugali perché si è poveri, in realtà non si è frugali. Oggi, in Italia i poveri
sono circa cinque milioni. Si tratta di persone che l’Istat, nel suo rapporto,
classifica come “poveri assoluti”. Si potrebbe pensare che, in una società
ricca, gli “assolutamente poveri” diminuiscano. E invece aumentano. Dal 5,7 per
cento delle famiglie assolutamente povere del 2011 siamo passati all’8 per
cento delle famiglie del 2012.
2.
La
frugalità non è neppure l’avarizia. L’avarizia, come la povertà, non è una vera
e propria scelta: alla povertà siamo costretti dalle circostanze esterne,
all’avarizia dalle nostre ossessioni mentali. Da questo punto di vista il
prototipo dell’avarizia è la figura tragica di Mazzarò, il protagonista della
novella La roba di Giovanni Verga (1883). Vi si narra il Mazzarò che, partendo
da zero, col passare del tempo, accumula una fortuna appropriandosi delle terre
di un barone: “Tutta quella roba se l’era fatta lui, colle sue mani e colla sua
testa, col non dormire la notte, col prendere la febbre dal batticuore, o dalla
malaria, coll’affaticarsi dall’alba a sera, e andare in giro, sotto il sole e
sotto la pioggia, col logorare i suoi stivali e le sue mule – egli solo non si
logorava pensando alla sua roba(…) quando uno è fatto così, vuol dire che è
fatto per la roba.
Mazzarò diventa vecchio. Pensa che sia “un’ingiustizia di
Dio” dover lasciare la roba dopo essersi logorata la vita per accumularla:
“Sicché quando gli dissero che era tempo di lasciare la su roba, per pensare
all’anima, uscì nel cortile come un pazzo, barcollando, e andava ammazzando a
colpi di bastone le sue anitre e i suoi tacchini, e strillava: - Roba mia,
vientene con me!”.
Non sembre l’avarizia è un’ossessione che arriva a
coinvolgere l’aldilà, più spesso è una passione terrena, solitaria e triste.
Comunque p ben lontana dalla frugalità, almeno nelle forme in cui l’avarizia si
manifestava ai tempi di Verga.
3. La frugalità non è
nemmeno una decisione di risparmio. A questo proposito, vorrei raccontare
quella che credevo fosse una semplice leggenda familiare, tramandata da mio
“nonno Tano”. Il “nonno Tano” (in realtà era il mio bisnonno Gaetano Rossi,
morì l’8 giungo del 1947) mi è rimasto impresso perché ero l’unico nipote
ammesso nella sua camera e, quando lo vidi morire, credevo si trattasse di un
sonno prolungato.
Il papà di Gaetano, Alessandro, industriale tessile, aveva
una nuora, Maria, madre dei suoi nipoti prediletti. Maria gli chiede di
acquistare un carrettino per far giocare i nipoti: lei aveva già comprato un
pony a Verona. Ecco la risposta di Alessandro: “Duolmi, o mia carissima, di non
poter aderire alla tua richiesta: non comprerò la charrette, e non approvo
l’acquisto del cavallino. Con lo stesso corriere, insieme alla tua letterina,
m’è pervenuta la relazione settimanale di Fochesato (direttore del lanificio)
il quale mi avverte doversi licenziare due operai recentemente assunti in
prova, perché il loro rendimento non corrisponde al salario che per conto loro
inciderebbe sul bilancio dell’opificio. Considera, figliola carissima, che
prezzo di poney e charrette corrisponde al salario dei due che devonsi
licenziare”.
In questa risposta c’è l’essenza della frugalità, che è una
scelta di stile e di buon gusto. A differenza delle decisioni collegate al
risparmio, e finalizzate all’acquisto di beni, o a sconfiggere l’incertezza del
futuro, la frugalità non ha altro scopo se non se stessa. Una volta, chi faceva
scelte frugali spesso non si accorgeva di farle, semplicemente perché gli
sembravano ovvie: si palesava solo se trascurata, come nel caso di Maria, che
vi è costretta da un’imposizione di Alessandro (…).
Questo episodio chiarisce bene il rapporto che c’era un tempo
tra frugalità e risparmio. Sembrano due concetti imparentati ma, a ben vedere,
ciò che li avvicina è soltanto il non consumo opulento, il rifiuto del
superfluo. Il risparmio, ci rende robusti, meno vulnerabili, perché la riserva
costituita dal risparmio ci permette di affrontare avversità future, oggi non
prevedibili. Inoltre il risparmio lascia un margine di manovra nelle scelte di
vita, una sorta di cuscino di sicurezza. La frugalità, invece, produce risparmi
solo come effetto collaterale: l’abitudine al poco è una difesa preventiva che
ci rende invulnerabili ai rovesci della sorte.
(…).La frugalità è un concetto darwiniano, nel senso che ci
rende più adattabili a scenari in rapido mutamento. La robustezza economica,
invece, è più ostaggio degli eventi, e ci difende solo dalle avversità
finanziarie, non da quelle della vita. La frugalità è un sapere tacito, che
s’impara da piccoli in famiglia, non un sapere che s’impara a scuola.
(…)
Paolo Legrenzi – La Repubblica – Cultura – 21 febbraio 2014
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