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venerdì 6 marzo 2015

Lo Sapevate Che: L'Umanità, per fortuna è ancora in cammino...



Premetto che non sono ebreo, ma per dodici anni ho studiato molti testi sull’ebraismo sul quale ho pubblicato quattro saggi ricevendo anche un premio letterario. Sono rimasto sorpreso leggendo che lei accredita al cristianesimo non solo l’ottimismo della speranza ma addirittura l’aver inaugurato una nuova concezione del tempo: il tempo lineare, cioè non ciclico. Ma gli ebrei, mille anni prima della venuta di Cristo, erano stati i primi ad affrontare, diffusamente nel Talmud, che il tempo non era ciclico come sostenevano tutte le altre culture antiche, ma lineare.(..). La storicità del processo intergenerazionale è stata l’intuizione che ha dato forza alla speranza ebraica. Sono qui le origini lontane di quel pacifismo universale al quale la cultura occidentale, da Dante a Kant, ha tentato di avvicinarsi. (..). Sono questi i valori più alti che l’ebraismo ha donato all’umanità.(..). Ma, al suo livello culturale, ritengo sarebbe stato doveroso informare i suoi lettori che la primogenitura è ebraica.
Mario Moncada – mm@gestel.st
Giustamente lei dice che il tempo che chiama “lineare” non apparteneva a nessuna delle culture primitive, neppure alla cultura greca che fa nascere, crescere, generare e morire, per poi inaugurare altri cicli che scandiscono il succedersi delle generazioni. La cultura giudaica inaugura un tempo che io non chiamerei “lineare”, cioè simile a una freccia lanciata nel futuro a prescindere da qualsiasi scopo da raggiungere e da qualsiasi disegno. Questo è piuttosto il tempo della tecnica, che non tende a uno scopo, non promuove un senso, non apre scenari di salvezza, non redime, non svela la verità, ma semplicemente “funziona”, e per giunta non in vista del “progresso” delle condizioni di vita dell’umanità”, ma unicamente, come già avvertiva Pasolini, dello “sviluppo”, che è un aumento quantitativo di possibilità, a prescindere da qualsiasi scopo. (..). Quando il tempo è investito da un disegno acquista un senso e diventa “storia”, che dunque è sempre e solo “storia sacra”. Il cristianesimo ha proseguito questa visione escatologica del tempo, inaugurato dalla cultura giudaica, e ha avviato la sua “storia”. Ma lei non contrapponga il cristianesimo all’ebraismo per rivendicare la “primogenitura” del primo nei confronti del secondo, cosa peraltro assodata al punto che non aveva torta Nietzsche a ritenere il cristianesimo null’altro che un’eresia ebraica. Ecitiamo di contrapporre le religioni tra loro o di affermare il primato dell’una rispetto alle altre, perché già troppe guerre, e per giunta le più terribili, si sono scatenate nel nome di Dio. Ora che l’Occidente, generato dalla cultura giudaico-cristiana, si è laicizzato e sempre meno sono coloro che prestano fede alle promesse delle due religioni, siamo di nuovo passati dal tempo escatologico, garantito da una promessa di salvezza, al tempo lineare che altro non garantisce se non lo sviluppo di una tecnica a-finalizzata. (..). Karl Jaspers, in uno dei colloqui che cinquant’anni fa ebbi con lui, un giorno mi disse: “Non è detto che l’umanità progredisca sempre, può anche accadere che regredisca”. Ma siccome noi occidentali, che per il solo fatto di essere ancora tutti giudaico-cristiani (non religiosamente, ma culturalmente) siamo sempre e ancora in cerca di una speranza, dovremmo chiederci: dove la troviamo, questa speranza, se Dio è morto perché non fa più storia? Qui Nietzsche ci consegna un barlume che proietta una luce tenue sul futuro, quando dice: “L’uomo è un animale non ancora stabilizzato”. Affidiamoci dunque a questa ipotesi.
umbertogalimberti@repubblica.it – Donna di Repubblica – 28 febbraio 2015

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