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giovedì 5 marzo 2015

Lo Sapevate Che: Libia: quando l'Italietta voleva essere Impero e gli interventisti di oggi..



Questa volta non c’era un imprecisato, lontano deserto a far da sfondo alle decapitazioni dell’Is. Questa volta c’era il “mare nostrum”. E l’improvviso cambio di fondale ha evocato, tutta insieme, la storia dei rapporti tra l’Italia e la Libia. Abbiamo subito calcolato le distanze per scoprire che da Sirte a Gela ci sono appena 420 chilometri e a Lampedusa ancora meno. Distanza lunghissima, sufficiente a permettere a migliaia di persone di crepare – da ormai molti anni – sui barconi; persino di freddo. Ma anche distanza brevissima se percorsa da un missile Scud, come quelli che Gheddafi lanciò nel 1986 (così, per fare la voce grossa). Se invece si passa dal cielo, attraversare quel tratto di mare è un attimo, come mostrano i bombardamenti americani di Tripoli nel 1986 e quelli francesi (che oggi appaiono molto sospetti) del 2011. Nell’antichità, dice il nostro mito, quel mare veniva coraggiosamente attraversato da Enea, che la Didone cercava invano di trattenere a Cartagine .(..). Ma gli scienziati italiani del Risorgimento trassero la conclusione che la razza italiana del sud, da allora, si fosse un pò troppo mescolata con quella africana e non fosse per nulla ariana. (..). Ma “Mare Nostrum” ha soprattutto un innegabile sapore coloniale. Si cominciò nel 1911 quando Giolitti spedì in Libia centomila soldati perché anche l’Italia aveva diritto al suo posto al sole (e urgente bisogno di sbarazzarsi di mezzo milione di disoccupati) e scalpitava per esercitare la sua “talassocrazia”. E così continuò Mussolini, Balbo, Graziani, Badoglio – tra canzonette e impiccagioni di ribelli. E si previde (se il fascismo avesse vinto la guerra) che la patria avrebbe cambiato i confini annettendo la costa nordafricana in una “Grande Italia” tutta bagnata dal Mediterraneo, “lago italiano”, con tanto di leggi razziali (1938) che comunque sancivano l’inferiorità della nuova popolazione annettenda.Tutto ciò per fortuna, finì con l’armistizio del settembre 1943, ma ci si ricorda – ah, lo stupido! – che meno di due mesi prima Mussolini aveva promesso di fermare “sul bagnasciuga” l’esercito alleato partito dal NordAfrica. Seguì poi a partire dal 1969, la lunghissima era gheddafiana, in cui i governi di Libia e Italia, tra ricatti, ipocrisie, voltafaccia, corruzione, indecenze petrolifere, diedero il paggio di sé, per giungere ora, all’inizio del post gheddafismo, all’ecatombe dei migranti, alle esecuzioni sulla spiaggia e all’Is “alle porte”. Deve essere stato il ricordo della nostra storia a far tramontare rapidamente la voglia di intervento militare in Libia: l’Italia, davvero, non ha la moralità necessaria per proporlo o gestirlo. Se invece facesse qualcosa per sostenere i migranti, proteggerli, accoglierli, farebbe, probabilmente, l’unica cosa giusta da duemila anni a questa parte. Ammettendo, per cominciare, che quel mare non è nostrum.
Enrico Deaglio – Annali – Il Venerdì di Repubblica – 27 febbraio 2015 -

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