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lunedì 30 aprile 2018

Lo Sapevate Che: Patatine di notte a Buckingham Palace...


Forse La Ricordate ancora, alta nel suo metro e ottanta con il 43 di piede, robusta, nera e bella nei suoi fiorenti 54 anni sotto un casco lussureggiante di capelli mossi. Si chiama Michelle LaVaughan Rbinson, ma è più nota con il cognome del marito: Obama. Occupata, nella casa di Washington comperata con Barack, a ultimare le memorie che usciranno in novembre (tradotte in 29 lingue), per le quali ha ricevuto 65 milioni di dollari in comunione con il marito, Michelle non si fa vedere in pubblico se non per le sortite in palestra e qualche rara occasione. Ma quando parla in pubblico, come è avvenuto all’inizio di aprile in una conferenza-intervista, il rimpianto per questa donna non soltanto intelligente, preparatissima (è avvocato con lauree a Princeton e Harvard), disinvolta senza mai essere arrogante, prende chiunque la guardi, senza pregiudizi politici o culturali. Rinunciò a una professione gà molto ben avviata in un mega studio legale di Chicago, per seguire un giovanotto che la portava in giro su un catorcio talmente arrugginito che s’intravvedeva la strada sotto il fondo corroso. Ciò che oggi colpisce in lei è la naturalezza con la quale racconta e si racconta. <<<<<<durante la prima campagna elettorale di Barack, nel 2008, gli chiarì che avrebbe dedicato tre giorni a settimana a lui, a discorsi, comizi, bambini accarezzati e comparsate mano nella mano, ma per gli altri quattro nessuno avrebbe dovuto disturbare il tempo dedicato alle figlie e a se stessa. Nella visita ufficiale in Gran Bretagna, dopo la cena ufficiale con la regina a Buckingham Palace dove la cucina è notoriamente avara e mediocre, rimasta sola con ol marito nella suite d’onore fu colta da un’improvvisa voglia di patate fritte. Come due ragazzini, gli Obama decisero di mettere alla prova il servizio reale e le chiesero al valletto di turno, prontamente arrivarono. “Buonissime”, riconosce. Ma tra i ricordi e racconti della signora che servì la nazione nel ruolo, per lei asfissiante, di First Lady, mi ha colpito la sua paura all’inizio della vita pubblica, negli incontri internazionali. Per istruita e intelligente che fosse, Michelle, era pur sempre una quarantenne afroamericana cresciuta fra università e studi legali a Chicago, senza molte esperienze in più. Era spaventata, intimidita, paralizzata dal timore di fare gaffe che mettessero in imbarazzo il marito e gli Stati Uniti davanti ai potenti della Terra. Ma dopo averli conosciuti da vicino, in palazzi sontuosi in tutto il mondo, Michelle Obama si è resa conto che la maggior parte di loro erano ometti, personaggi tronfi e vuoti dietro la prosopopea del potere, equivalenti politici del Mago di Oz. “Tutto qui?”, si è domandata spesso, alla fine di strazianti banchetti ufficiali. “Avevo paura di sfigurare accanto a questo qu?”. È uscita da queste esperienze non soltanto più sicura di sé come First Lady, ma come donna, perché per quanto carica di titoli fosse, nel fondo c’era l’insopprimibile sospetto femminile che i maschi avessero qualche dote superiore, qualche talento irraggiungibile, che spiegava perché quasi tutti i potenti che incontrava fossero uomini. Tutto questo Michelle racconta senza superbia, senza artificiosità, con naturalezza, per ora, senza ambizione recondita, a differenza di un’altra celebre ex First Lady, che riusciva a non sembrare sincera anche quando lo era. Non so dire se mai la signora Michelle Robinson in Obama sceglierà di provare le cupe emozioni della politica, ma se lo farà, io le darò il mio voto. Chi osa mangiare patatine a Buckingham Palace a mezzanotte, merita di essere eletta.
Vittorio Zucconi – Opinioni – Donna di La Repubblica – 21 aprile 2018 -

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