Mitologia partigiana e mitologia
classica si sono incontrate a Reggiolo. Per merito dei coniugi Nerina Lancioni
e Alfonso Merzi.
Novantacinque anni lei e novantanove lui. Sono morti a poche
ore di distanza l’uno dall’altra nell’ospedale di Guastalla, dove erano
ricoverati. Compagni di resistenza e poi di esistenza, i due avevano diviso e
condiviso ogni attimo della loro vita, sin dai tempi della lotta di
liberazione, cui avevano entrambi preso parte.
Lei come staffetta, lui come combattente col nome di
battaglia di Nino. Per poi diventare capo della sezione locale dell’Anpi. Ad
andarsene per prima è stata Nerina. Nino l’ha seguita il mattino successivo. Nella coppia di Reggiolo sembrano rivivere Filemone e Bauci, protagonisti
di una delle storie d’amore più toccanti di sempre.
Come racconta Ovidio nella Metamorfosi, i due anziani coniugi avevano ospitato Zeus e
Mercurio, che giravano il mondo travestiti da mendicanti ed erano stati fino ad
allora respinti da tutti. Per contraccambiare tanta generosità gli dèi
promisero di esaudire ogni desiderio degli sposi. Che chiesero semplicemente di
poter stare sempre insieme. E soprattutto di chiudere gli occhi nello stesso
momento, per non provare il dolore della perdita dell’altra metà di sé.
Questa vicenda commovente dimostra che certe volte la cronaca
può essere il ricalco fedele dei grandi miti.
E che in un tempo in cui i ruoli di coppia si sono fatti
interinali come quelli lavorativi e l’indipendenza assoluta è diventata un
imperativo che qualche volta confina con la solitudine, dai Filemone e Bauci di
Reggiolo ci viene una poetica lezione di indipendenza e di dedizione reciproca.
Che ci tocca la mente e il cuore.
Marino Niola – Miti D’Oggi – Il Venerdì di La Repubblica – 20
aprile 2018
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